Due incontri in quindici giorni: non era mai accaduto in quattro anni di governo alla Regione Puglia che il governatore Nichi Vendola e Massimo D'Alema s'incontrassero a distanza ravvicinata. L'ultimo ieri pomeriggio a Roma, a ventiquattr'ore dal voto di fiducia che ha compattato la maggioranza.
«Direi che non solo si è compattata la maggioranza ma si è ristretta la minoranza: l'astensione dell'Udc ha un grande rilievo politico. La sconfitta spettacolare del centrodestra, della sua politica avventata e di chi l'ha ispirata, Fitto, il regista di tante Caporetto che continua a danneggiare la credibilità del centrodestra».
Di cosa ha discusso con D'Alema?
«Della necessità di evitare un leghismo speculare a quello del Nord. In Puglia l'abbiamo già provato ed abbiamo avuto Cito».
Gli incontri con il leader del Pd si sono fatti molto frequenti.
«Discuto con lui come con tutti. Con lui, poi, c´è una consuetudine di rapporti che dura da decenni».
Avete parlato solo di Sud?
«Abbiamo discusso della necessità di costruire in Puglia una coalizione di culture che sappia combattere la condanna a morte decretata per il Sud dai governi delle destre».
L'apertura all'Udc, sul piano politico, dà i primi frutti.
«Tutti i tasselli stanno tornando al loro posto. Ci sono stati passaggi traumatici ma alla fine ha prevalso una fiducia molto larga. C'è sempre una specie di coazione all'autogol. Da una parte c'è Berlusconi che tenta di occultare la drammaticità della crisi economica e c'è, invece, un disagio anche morale che la società sente crescere perché il fantasma della povertà assedia ormai i recinti del ceto medio. Tutto ciò rende insopportabile l´eco della bella vita che una certa epopea delle classi dirigenti vive in compagnia di ninfe e cantori».
Singolare che ci sia molto di pugliese in questo esercizio che svela il lato segreto del premier.
«Non credo vi siano attitudini etniche all'immoralità. Le "protesi fetenti" non sono una fenomenologia pugliese. Basta andare nel circuito privato della Lombardia per scoprire che tutto il mondo (della corruzione) è paese».
Alcuni episodi hanno impattato sulla sua giunta fino a imporle la necessità di un rimpasto.
«I fatti specifici vanno appurati nelle sedi proprie. Certo è che c'è una permeabilità del sistema sanitario alle dinamiche corruttive e alle tenaglie affaristiche. La questione morale attraversa per intero la società, non abita solo i palazzi del potere, penetra nei gangli della burocrazia, inquina una parte del mondo delle professioni, sconfina nel sistema delle imprese e plasma un largo senso comune. Quindi il problema è mettere a fuoco il sistema, portarlo a emersione, conoscerlo. Il sistema sanitario, invece, ha perso l'hard disk del proprio funzionamento».
Ma non è stato un segno di debolezza della politica scatenare un terremoto senza che vi fosse un atto formale della procura che lambisse gli assessori della sua giunta?
«Abbiamo affrontato una bufera non una disputa scolastica. La distanza coi cittadini a volte diventa un abisso e bisogna colmarlo. Ho fatto un rimpasto tenendolo lontano dai tempi della giustizia».
Quale tra le aree del Pd che si contendono la segreteria lei sente più vicina anche in vista di una sua riconferma nel 2010?
«Mi sento garantito dall'innalzamento del livello del congresso. Penso che le differenze siano un valore, le risse un disvalore. Lo dico con franchezza: l'ultima cosa che può turbarmi è il mio futuro. Sono impegnato al servizio di un´idea. La cosa che più m´interessa è la continuità di un processo riformatore».
Sta dicendo che potrebbe non succedere a se stesso?
«Considero naturale portare il rendiconto della mia azione di governo all´esame del corpo elettorale. Avrei questo desiderio anche se i sondaggi fossero con me molto meno generosi di quelli che sono. Nichi Vendola è importante solo nella misura in cui è il simbolo di una politica che vuole cambiare le strutture basilari di un territorio».
Ha gioito di più per la fiducia rinnovata o per il sondaggio positivo dopo la bufera del rimpasto?
«Era come partecipare a "Lascia e raddoppia". Oggi posso dire di non aver "lasciato", oggi c´è il sollievo di chi ha dovuto camminare sui carboni ardenti, di chi ha dovuto subire l'artiglieria pesante del centrodestra ma anche il fuoco amico. Ma la politica è l'arte della pazienza e del perdono, l'arte di saper mettere le viscere nel freezer perché abbiamo doveri più importanti dei risentimenti. Questa è una regione che ha il punto più basso di espansione del centrodestra perché s'è creata una connessione sentimentale tra il centrosinistra e il popolo».
(23 luglio 2009) da La Repubblica
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