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martedì 7 luglio 2009

La magia del nuovo millennio: l'eroina c'è ma non si vede.

Girano nelle grandi metropoli, in tutte le grandi metropoli di tutti i grandi paesi, ma nessuno li vede, sono invisibili. Non si tratta dei Rom né dei senza tetto, loro, seppur emarginati, sono visti e sentiti da tutti. Chi legge mi perdonerà l’arroganza, ma sono sicuro (ripeto: sicuro), che al momento non ha nemmeno immaginato di chi sto parlando, per il semplice motivo che, dopo qualche denuncia tra la fine degli anni ’80 e gli inizi dei ’90, la loro voce non è stata più urlata da nessuno, ed il loro aiuto, seppur ancora consistente, è stato silente e nascosto - si, proprio nascosto – perché non tratto di poveri, disagiati o disabili, ma di persone normali, che ognuna per le proprie vicissitudini, si è ritrovata ad appartenere a questa infelice e disprezzata categoria: quella dei tossicodipendenti.
Essere tossicodipendente vuol dire essere accostato a chi ruba per drogarsi. Vuol dire essere ritenuto inaffidabile, irrecuperabile ma soprattutto, e forse fa ancora più male, significa essere considerato con un odioso mix di pena, disprezzo e commiserazione.
Appartenere a questa categoria però - è un mio soggettivo parere – dovrebbe voler dire anche essere vittime del vertiginoso abbandono della società, non più esistente per i propri individui, ma per gli interessi di questi, e dove regna l’egoismo, come nella giungla, si sa, il più debole crepa. Ma questo è un mio parere, che aprirebbe a lunghe contestazioni e argomentazioni che in questa sede non è opportuno fare (servirebbe un libro, non un articolo e, in tutta onestà. non ne sarei capace).
Qui invece, volevo rendere pubblica l’esperienza – quindi ci tengo a specificare: un caso, non una proposta di modello omogeneo da allargare a tutti – di Giorgio, ragazzo di 26 anni, romano, tossicodipendente.
Giorgio si presenta come un ragazzo tranquillo, forse un po’ con la testa tra le nuvole, lo conosco in treno, in una di quelle giornate che il caldo mescolato all’umidità riuscirebbe ad abbattere anche un orso. Mi chiede, mentre leggevo il mio libro, quanto sarebbe durato il viaggio, vuole “attaccare bottone”, chissà, forse per il caldo o magari per una necessità fisica di eroina, è particolarmente smanioso e sembra volersi distrarre. Come è mio solito fare, iniziamo a parlare del più e del meno: il tempo, il mare, l’estate e tutto di quanto più futile potesse esserci.
Arriviamo, dopo veloci divagazioni, a parlare di fidanzamento, coppie e rapporto con l’altro sesso e lui, con fare rammaricato, mi confessa che la sua ragazza l’ha mollato dopo che iniziò a fare delle “cazzate”! Lì, e lo dico adesso a postumi, è iniziato il mio viaggio, quell’ora, sarebbe divenuta un minuto, perché Giorgio ha avuto davvero tanto da dire.
Era fidanzato, sino all’età di 23 anni, con una ragazza, un’amica di famiglia, lo è stato per 4 anni ma, dopo diverse incomprensioni, lei lo ha lasciato perché aveva iniziato a fare uso di cocaina in compagnia di alcuni sui amici di infanzia. I soldi non gli mancavano per procurarsi la “roba”, mi dice che la sua famiglia sta bene economicamente e che il padre possiede uno studio (non capisco di cosa)dove lui un giorno andrà a lavorare, si, perché a Giorgio, mancherebbero solo 4 esami per laurearsi in economia, solo che ha chiuso con l’università da 4 anni a questa parte.
Quando la ragazza lo mollò, mi dice, iniziò per lui una nuova vita, molto più bella di quella di prima, sembrava che tutto andasse per il meglio, discoteche, stadio, amici, playstation, ragazze – quelle take away – e cocaina, quella, mi ribadisce, non mancava mai.
Non riesco a capire come (perché, o eludeva le mie domande o davvero non le capiva) arrivò a consumare eroina, chi o che cosa lo abbia spronato a provarla, rimarrà la mia incognita.
Mentre racconta, manifesta tutti i suoi tic; muovere il labbro inferiore verso l’esterno e accartocciare il naso continuamente, fanno del viso di Giorgio un continuo andirivieni di distrazioni per l’interlocutore.
Il suo racconto, non è quello di una persona dispiaciuta per quello che è successo, la mia sensazione è quella che Giorgio rifarebbe tutto quello che ha fatto, per il semplice motivo che quando lo ha fatto era cosciente, almeno dice.
Il suo primo approccio all’eroina, seguita a raccontarmi, è stato a casa di un amico di un suo amico, si decise di utilizzare i soldi non solo per la coca ma anche per altro, quell’ “altro” lo accompagna ancora oggi, credo quotidianamente. Mi racconta (cito con le parole che mi risuonano in testa) “la mia prima dose è stata bella come la mia prima scopata”. Reputa infatti, chi non ha mai provato l’eroina, una persona vergine, che ancora non sa cosa si sta perdendo.
Lo guardo, mentre parliamo, facendo trapelare alcuni miei dubbi, “ ma che dici?” è stata la mia prima – e sicuramente ingenua – esclamazione.
Si accorge che quello che dice non è condiviso e che lo ha detto ad un perfetto sconosciuto. Inizia ad apparire meno solare, interrompe il nostro dialogo prendendo il cellulare e guardando fuori dal finestrino. A quel punto, un po’ dispiaciuto, riprovo l’approccio sortendo gli effetti sperati: ricominciamo la nostra conversazione. È lui però, a voler riportare il discorso sull’argomento droga.
Inizia a spiegarmi, ed era un fiume in piena, che gli stanno parecchio antipatici i giudizi delle persone, continua a ripetermi: “e semplice dire: smetti, non comprarla più”. In famiglia invece, sembra sia solo la madre a sapere di questa sua dipendenza, abitando da solo nella capitale, incontra di rado il padre e i fratelli. Mi spiega che c’è stato un periodo in cui ha smesso, frequentava una sorta di comunità di recupero ma non è durato troppo. Il nostro dialogo però è costretto a fermarsi. Il treno ormai si apprestava ad arrivare in stazione e Giorgio, qualche minuto prima, già era in piedi e presa la borsa mi salutava. Non voglio concludere in maniera enfatica, tanto meno indurre alle mie stesse riflessioni chi ha appena finito di leggere (riflessioni, tra l’altro, di un profano, che non ha mai considerato l’ostile realtà di queste persone). Solo una domanda: quanti altri Giorgio ci sono e quanti diverranno visibili solo quando li ritroveranno senza vita sul selciato?

di Diego Ruggiano

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