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giovedì 17 febbraio 2011

Gli uomini ombra di Carmelo Musumeci: fine pena mai e altri racconti

Presso la Biblioteca comunale la presentazione organizzata da Zone del Silenzio e la Libreria Tra Le Righe. Ospiti Giovanni Russo Spena e l'avvocato Ezio Menzione. L'ergastolo ostativo come "pena di morte viva", la detenzione come problema politico. Se la pena non finisce mai, a chi è utile la pena?

La domanda che aleggia nell'aria appare semplice, di facile soluzione: "Se la pena ha come fine il reinserimento sociale del detenuto dopo un periodo detentivo finalizzato alla sua riabilitazione, come può essere definito l'ergastolo ostativo, per il quale il detenuto non rivedrà mai la luce del sole?"
Nella serata di giovedì 10 febbraio presso la biblioteca comunale di Pisa è stata ospitata la presentazione del libro di Carmelo Musumeci dal titolo "Gli uomini ombra e altri racconti". Al tavolo degli interventi, coordinati da Adriano Ascoli di Zone del Silenzio, Giovanni Russo Spena ex parlamentare di Prc, e l'avvocato Ezio Menzione. E' proprio quest'ultimo a formulare la domanda posta in apertura.
Ma prima di tentare una risposta, un passo indietro. Chi è Carmelo Musumeci? E' un detenuto siciliano di 54 anni che assieme ad altri 1.400 condannati all'ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio (regolati dall'art. 4 bis della legge n. 354/75 norme dell'Ordinamento Penitenziario ndr), è costretto a vivere da più di vent'anni e ancora per tutta la sua esistenza dentro le patrie galere del nostro Paese, ristretto in circa 12 metri di cella. Il suo libro "Gli uomini ombra" (Il Segno dei Gabrielli editori, settembre 2010) è diventato un piccolo caso letterario, non solo per le condizioni di vita del suo autore. Sono racconti "social noir" (la definizione è dello stesso Musumeci) che parlano della vita dietro le sbarre, della morte spesso prima spirituale che fisica, della percezione della fine come unica condizione possibile. Un documento che riesce a essere autentico pur nella finzione narrativa.
"Dal 1992, anno dell'inserimento dell'ergastolo ostativo, al 2010 - ricorda l'avvocato Menzione - c'è stato un aumento esponenziale dei condannati definitivi. Da 242 a 1.491, cioè il 5,29% della popolazione carceraria. Non è necessario scomodare Beccaria per capire come la deterrenza di una simile introduzione sia pressoché nulla".
"Certo, l'ergastolo - spiega Menzione - è un tema spinoso tanto dal punto di vista giuridico quanto per la coscienza di ognuno. Ma al di là delle interpretazioni, il problema è prima di tutto politico. E' necessario cominciare a rivedere le pratiche relative allo svolgimento della pena, soprattutto nel caso di ergastolo perché lo Stato non cada in pericolose contraddizioni, come troppo spesso accade".
"Un modello punitivo come l'ergastolo ostativo - afferma Menzione - non può essere una risposta ai problemi detentivi del Paese, e questo lo denunciano i numeri che ho citato. D'altra parte, l'aspetto umanitario deve continuare ad avere una rilevanza politica: detenzioni come quelle raccontate da Musumeci sono assimilabili, per taluni aspetti, alla pena di morte, una pena di morte 'viva' ".
"Quello italiano è un caso di bulimia carceraria", così spiega a sua volta Russo Spena. "La pena detentiva - ribadisce - quando diventa spersonalizzante, come nel caso dell'ergastolo ostativo, smarrisce ogni ragion d'essere, a meno che non si ammetta che essa è una forma di tortura legalizzata".
Il racconto della vita di un ergastolano, secondo Russo Spena, mette in luce le profonde contraddizioni insite nell'idea stessa di "carcere assoluto": "Il mancato reinserimento sociale, l'interruzione di un dialogo produttivo con il mondo fuori dal carcere, l'impossibilità di assolvere bisogni che vadano oltre la soglia minima delle mere esigenze fisiche".
"Si deve risalire dal baratro dell'ergastolo ostativo come soluzione - propone Russo Spena. "Al contrario, lo stato deve imboccare la via della depenalizzazione, rinunciare all'idea del 'grande internamento', a quel modello carcerario mutuato dal mondo statunitense. Bisogna superare la mentalità del carcere come prima e ultima forma di detenzione. La cosa più brutta per un ergastolano è l'avvicendarsi dei giorni, e questo è umanamente inaccettabile".
Perché la risposta alla domanda in apertura sta proprio in questa contraddizione. E, alla fine, a una domanda è forse lecito rispondere con un'altra domanda: "Se la pena non finisce mai, a chi è utile la pena?"
Carmelo Musumeci nasce il 27 luglio 1955 ad Aci Sant'Antonio in provincia di Catania. Condannato all'ergastolo senza benefici, si trova nel carcere di Spoleto. Entrato con licenza elementare, mentre è all'Asinara in regime di 41 bis riprende gli studi e da autodidatta termina le scuole superiori. Nel 2005 si laurea in giurisprudenza con una tesi in Sociologia del diritto dal titolo "Vivere l'ergastolo". Attualmente è iscritto all'Università di Perugia al Corso di Laurea specialistica, ha terminato gli esami e attualmente sta preparando la Tesi con il Prof. Carlo Fiorio, docente di Diritto Processuale Penale. Nel 2007 conosce don Oreste Benzi e da tre anni condivide il progetto "Oltre le sbarre", programma della Comunità Papa Giovanni XXIII. Autore di molti racconti e del romanzo "Zanna Blu" di prossima pubblicazione presso Gabrielli editori, è promotore della CAMPAGNA "MAI DIRE MAI" per l'abolizione della pena senza fine. Collabora con diverse testate e blog su internet come: urladalsilenzio.wordpress.com; www.linkontro.info (collegata all'associazione Antigone), tiene un diario su www.informacarcere.it


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