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lunedì 27 settembre 2010

Camerata Fini o duce Berlusconi? L’estrema destra sceglie il premier


L’eventualità di elezioni politiche anticipate nella prossima primavera sta agitando l’estrema destra. Come sempre, d’altronde, all’avvicinarsi di simili scadenze. Una tendenza ormai storica, segnata da fugaci tentativi di ricomposizione del frastagliatissimo panorama di sigle e movimenti, da inascoltati appelli all’unità d’area e da ennesime nuove microscissioni. Ma soprattutto dai tentativi di trovare un accordo, ieri con Forza Italia, oggi con il Pdl.
Chi si è già accasato è il piccolo partito di Francesco Storace, La Destra, un tentativo di riedizione del vecchio Msi di almirantiana memoria, che ha inglobato i residui del Fronte sociale nazionale di Adriano Tilgher (gli ex di Avanguardia nazionale), e per tempo ha stipulato un accordo direttamente con Silvio Berlusconi, intervenuto di recente, il 18 settembre scorso a Taormina, a benedire l’alleanza in occasione del comitato centrale del partito di Storace.Ormai Gianfranco Fini non è più in grado di porre veti e, d’altro canto, pur con risultati minimi (lo 0,7% su scala nazionale), se si eccettua il Lazio (due eletti con il 4%), La Destra aveva già partecipato alle ultime elezioni regionali nelle coalizioni guidate dal Pdl.
Forza nuova sta invece vivendo una situazione alquanto difficile, attraversata da una profonda crisi. Molti i segnali negativi provenienti dal basso. A Napoli la base forzanovista, sui blog e nelle sezioni, sta duramente contestando la gestione politica e anche economica del coordinatore regionale.
In Calabria, la sezione di Reggio è passata nel Pdl, aderendo all’area del presidente regionale, Giuseppe Scopelliti, l’ultimo segretario nazionale del Fronte della Gioventù.
Così in Lombardia, dove a luglio, almeno un terzo dei militanti di Milano, Bergamo, Pavia e Varese se ne è andato per aderire al Movimento patria nostra: un’associazione culturale costituitasi a Roma e recentemente trasformatasi in organizzazione politica, con il riutilizzo del vecchio simbolo di Ordine nuovo, con tanto di ascia bipenne.
Anche per questo Roberto Fiore, dopo essere approdato negli ultimi tempi a una linea di intransigente critica dell’attuale governo, tacciato di essere composto da «corrotti, mafiosi e massoni» (è stato anche stampato un manifesto con questo titolo con sotto le foto di Berlusconi, Bossi, Fini e Dell’Utri), nelle scorse settimane, secondo alcune indiscrezioni, si sarebbe incontrato riservatamente con Giuseppe Ciarrapico e Alessandra Mussolini per proporre a Berlusconi la desistenza di Fn, in cambio di almeno un deputato eletto come indipendente nel Pdl.
L’intenzione di Roberto Fiore sarebbe quella di candidare il fratello avvocato, Stefano. A Milano, oltretutto, in Forza nuova sono ormai in molti quelli che contestano la sudditanza alla “destra sociale” di An-Pdl e in particolare ai suoi dirigenti milanesi.
Tra gli altri l’europarlamentare Carlo Fidanza.
Costoro stanno infatti a loro volta premendo in favore di una desistenza di Fn alle prossime elezioni comunali. Le contestazioni promosse da sparuti gruppi di militanti di Forza nuova ai ministri Roberto Maroni e Giorgia Meloni (a Roma alla festa dei giovani del Pdl), ma anche a Como contro Marcello Dell’Utri, alla presentazione dei falsi diari del Duce, vanno tutte lette come tentativi di pressione.
La Fiamma tricolore si è invece spaccata in due: da una parte il segretario nazionale Luca Romagnoli, in assoluto stato confusionale, al punto di aver provato improbabili approcci con i finiani (tramite il vecchio cassiere del Msi Donato la Morte), dall’altra Fiamma futura del naziskin veneto Piero Puschiavo, che sta per confluire ne La Destra.
Si aspettano ancora le mosse di Casa Pound.
Ma lì la sponda con il Pdl passerà ancora una volta per i buoni uffici di Marcello Dell’Utri. Il tempo dirà.

da Indymedia

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