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mercoledì 31 marzo 2010

IL “LEGHISMO” CHE AVANZA, IL “BIPOLARISMO” CHE MUORE…

REGIONALI 2010: ANALISI DEL VOTO E POSSIBILI PROSPETTIVE…

REGIONALI 2010: DATI PRESENTI E PROSPETTIVE FUTURE…

di Gaspare Serra
Concluso lo spoglio delle ultime schede elettorali quello che sconcerta di più è come tutti i protagonisti della scena politica italiana rivendichino ragioni per cantar vittoria, comparando dati elettorali magari incomparabili (elezioni regionali, politiche ed europee) purché favorevoli alla propria parte.
Tagliando corto sulle fantasiose interpretazioni politiche dei numeri elettorali, l’unico vero dato incontestabile è che queste ultime elezioni regionali (così come le precedenti elezioni Europee ed, ancor prima, Politiche) sono state vinte dal centrodestra, che ha fatto incassare al centrosinistra l’ennesima pesante “batosta” elettorale!
E’ alquanto surreale che il Pd cerchi ancora caparbiamente di arroccarsi dietro alla fredda somma delle regioni mantenute.
La “sostanza politica”, infatti, è che, nonostante 7 regioni su 6 siano state mantenute dal centrosinistra, le regioni Piemonte, Lazio, Campania e Calabria (le quattro strappate dal centrodestra al centrosinistra) rappresentano, da sole, più elettori delle 7 regioni aggiudicate dal centrosinistra, inoltre, nel complesso delle 20 regioni italiane, oggi il centrodestra governa circa 42 milioni di Italiani su un totale di 60 milioni!

Oltre ogni aspettativa, le elezioni amministrative svoltesi hanno espresso alcune indicazione chiare ed inequivocabili:

I- la Lega Nord è l’unica forza politica che più che vincere “stravince”, conquistando, per la prima volta nella sua storia, non una bensì due regioni (di cui una, il Piemonte, sorprendentemente strappata al centrosinistra, nonostante il rafforzamento della coalizione tramite l’appoggio dell’Udc) ed avanzando ulteriormente al centro Italia (imbarazzanti per la Sinistra i risultati ottenuti dalla Lega in Emilia Romagna).
Nel centrodestra, dunque, si è imposto il modello di governo della Lega, a discapito della leadership indiscussa del Premier, per il quale Umberto Bossi sarà un alleato si fedele ma sempre più ingombrante.
E il merito di tale successo è probabilmente addebitabile all’indiscutibile chiarezza dell’offerta politica proposta dalla Lega agi elettori: slogan chiari ed efficaci e coerentemente perseguiti.

II- il Pdl sostanzialmente “tiene” (resiste agli attacchi e alle delegittimazioni del proprio “leader maximus” provenienti trasversalmente sia dall’opposizione, sia dal proprio interno -dal Presidente Fini-, sia dalla Magistratura).
E’ strumentale comparare il minore risultato conseguito a livello nazionale dal Pdl rispetto ai dati delle scorse elezioni Europee o Politiche.
Alle precedenti elezioni, difatti, non erano presenti le liste civiche collegate ai candidati presidenti di Regione (destinate a sottrarre voti al principale partito di coalizione) ed era presente, inoltre, la lista del Pdl nella Provincia di Roma (la cui mancata presentazione ha fatto perdere circa 1 milioni di voti, pari a 3 punti percentuali su scala nazionale).
Berlusconi, dunque, ha vinto il referendum sulla sua persona in cui ha trasformato la campagna elettorale.

III- Il Pd, per l’ennesima volta, è il vero grande sconfitto, perdendo sia voti su scala nazionale (in Veneto e Lombardia è il terzo partito) sia importante regioni fino ad oggi governate dallo stesso (Piemonte, Lazio, Campania e Calabria).
Vince in Puglia, inoltre, grazie allo straordinaria forza personale del leader indiscusso di ciò che resta della Sinistra italiana, Nichi Vendola, capace di conquistare più voti della propria coalizione.
Anche questa vittoria, però, può leggersi come una mezza sconfitta della linea politica del Pd, visto che la candidatura del governatore Vendola è stata fortemente osteggiata dallo stesso Pd fino a due mesi fa ed ha sconfessato la strategia dei d’alemiani pugliesi di trasformare la Puglia in un laboratorio politico per costruire un’alleanza programmatica con l’Udc.

IV- L’Idv si conferma l’unico partito del centrosinistra capace di incrementare i propri voti, probabilmente “cannibalizzando” il consenso dell’alleato Pd.

V- L’Udc si mantiene una forza politica di nicchia (con un elettorato stimabile intorno al 5%), capace però di sopravvivere giocando a tenere in mano “l’ago della bilancia” nelle regioni più incerte.

VI- Il nuovo “Movimento 5 Stelle” di Beppe Grillo, infine, tra le 5 regioni in cui si è presentato, ottiene un risultato clamoroso in Emilia Romagna (il 6%) ed in Piemonte (quasi il 3%, comunque determinante per la sconfitta dell’ex governatrice Mercedes Bresso), raccogliendo un voto di protesta proveniente soprattutto dall’area del centrosinistra.

Riassumendo, mentre la coalizione di centrodestra “avanza” (grazie alla forza trainante della Lega), in controtendenza sia rispetto al resto d’Europa (dove le ultime elezioni greche e francesi hanno premiato la Sinistra) sia rispetto alla tradizione consolidata per cui le elezioni di medio termine si trasformano sempre in un “boomerang” per il Governo nazionale (così è stato per il centrodestra nelle Regionali del 2000 e per il centrosinistra per le regionali del 2005), la coalizione di centrosinistra “regredisce”, e ciò per la debolezza ormai atavica di quello che è nato per essere il partito a “vocazione maggioritaria” e pilastro portante del centrosinistra, ossia il Pd.
Spesso, tra l’altro, si enfatizzano i contrasti interni al centrodestra tra i due cofondatori del Pdl, Berlusconi e Fini, tralasciando di ricordare, invece, che uno dei due cofondatori del Pd insieme a Piero Fassino, Francesco Rutelli, a queste elezioni si è presentato fuori dal Pd e con un proprio partito!

In ultima analisi, queste elezioni rappresentano la “morte” definitiva del bipolarismo (già duramente “azzoppato” dopo le ultime elezioni Europee).
Per l’ennesima volta, difatti, gli elettori hanno premiato le forze politiche più estreme e radicali (Lega ed Idv), frantumando il proprio voto e penalizzando le forze maggiori dei due schieramenti (Pdl e Pd), inoltre l’astensionismo si conferma il primo grande partito del Paese, che ha ormai raggiunto il 36% dei “non votanti” (essendosi recati alle urne solo il 64% degli aventi diritto al voto contro il 72% delle precedenti Europee, dato più che allarmante in un Paese con una forte propensione al voto come l’Italia!).
Il fatto che gli astenuti abbiano coerentemente penalizzato sia il centrosinistra che il centrodestra (significativo il dato del Lazio, dove i numeri degli astenuti lasciavano prevedere una sconfitta della Polverini), infine, conferma come il forte astensionismo sia la “cartina tornasole” di un Paese profondamente insoddisfatto sia della classe politica che lo governa che della capacità riformatrice di questo “bipolarismo”, incapace (dal ‘94 ad oggi, in pratica dalla discesa di Berlusconi in campo) di garantire quel rinnovamento a lungo auspicato.

La mia previsione è che questo bipolarismo “morente” (o “malato”, oramai quasi sinonimo del “berlusconismo”) è destinato ad avere una vita breve, collegata a stretto filo alla sopravvivenza politica del Cavaliere.
Non appena Silvio Berlusconi deciderà di farsi da parte, dunque, arriverà il momento in cui le carte in gioco saranno destinate a stravolgersi profondamente (il quadro politico sarà profondamente diverso da quello attuale, e mieterà tra le prime vittime proprio il Pdl ed il Pd): il partito emergente (che, probabilmente, deve ancora nascere…) sarà quello che riuscirà a raccogliere i frutti dell’astensionismo, conquistando il voto di molti di coloro che oggi esprimono con la scelta di non votare disillusione e “disaffezione” nei confronti della politica.

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