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venerdì 5 febbraio 2010

Studiare meno, studiare meglio

di Rita Pani
Ho assistito a gran parte dello spettacolino di varietà della ministra per l’istruzione, accompagnata dal tizio inopportuno del consiglio.

Presentavano lo show “Il miracolo della riforma della scuola” dalla sala del Tiepolo, il quadro famoso per l’impudica tetta fatta coprire dal maniaco sessuale del consiglio. Due o tre gag, devo ammetterlo, sono state davvero degne di ammirazione.
La prima raccontava di un' Europa molto risentita per il fatto che in Italia le ore di studio sono troppe, e quindi lo slogan: “Studiare meno, studiare meglio.”

La seconda è stata quella in cui, la ministra più intelligente degli ultimi 150 anni ha assicurato il favore delle famiglie italiane e degli insegnanti tutti, verso questa storica riforma.

La terza, l’immancabile battuta del buffone del consiglio, che interrompendo in modo brusco e cafone – così come è uso fare – la ministro intenta a presentare l’innovativo liceo musicale, che dovrà tutelare la tradizione dell’Italia, famosa nel mondo non solo per la pizza, la mafia e il baffo nero ma anche il mandolino, rassicurava che non si sarebbero studiate le canzoni del presente del consiglio e del suo parcheggiatore abusivo.

Per orecchie disattente, insomma, poteva sembrare tracciata la strada per il raggiungimento dell’eldorado per tutti i giovani studenti italiani, anche coloro che d’ora in poi a 15 anni, grazie alla fattiva collaborazione di Confindustria, potranno scegliere se andare a lavorare gratis sotto padrone, fino al compimento del diciottesimo anno di età; data in cui, ovviamente, per le logiche del mercato, saranno licenziati per essere sostituiti da altra manovalanza a costo zero.

La ministra ci ha tenuto parecchio a sottolineare che la riforma non era ideologica, ma addirittura memore delle indicazioni dei governi precedenti e non solo dalla nefasta epoca della moratti. È andata ancora più indietro fino ai governi di sinistra, ai quali facilmente si potranno imputare le colpe di questa ennesima devastazione. Certo non è una riforma ideologica, perché per esempio con la mia ideologia sarei portata a rifarmi a ben altri esempi, tipo: “Studiare, studiare, studiare e dopo ancora studiare.” E soprattutto, il fatto di tagliare le ore di lezione non doveva significare che il governo “vuol fare cassa”.

Non essendomi mai fatta fregare dalle telepromozioni, io ho capito un poco quello che accadrà: in Italia a partire da quest’anno scolastico, si avranno due tipi di scuole. Quella per chi può pagare e quella per i poveri. Il tessuto sociale, soprattutto dei piccoli centri, verrà ulteriormente disgregato, creando la ghettizzazione nelle scuole pubbliche per i meno abbienti e gli extracomunitari, destinati a diventare carne da macello per il futuro sfruttamento imprenditoriale. Il resto si dividerà tra scuole private e paritarie, e la strada è già stata tracciata nel quasi totale silenzio, quando a queste sono stati aumentati i contributi di stato, mentre i figli dei comuni mortali, sono costretti a portarsi da casa non solo la carta igienica, ma addirittura il materiale didattico.

Insomma, in parole semplici, l’ennesima riforma della scuola trova un unico motivo d’applicazione: i poveri devono soccombere e sparire

da Indymedia

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