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giovedì 25 febbraio 2010

Haiti trema ancora

di Fabrizio Lorusso
L' altro ieri ad Haiti c'è stata una nuova scossa di grado 7 sulla scala di Richter. Il racconto di un volontario italiano.

Port-au-Prince e Haiti tremano ancora. Dopo due notti di scosse ondulatorie intorno ai 5 gradi della scala Richter abbiamo saggiamente deciso di spostare le nostre tende dal primo piano della casa alla zona giardino-parcheggio. La rivisitazione del piano «notti sicure», che prima prevedeva solamente un generale e indefinito stato di allerta mentale e l’opzione di dormire in tenda sul balcone dell’ufficio dell’Aumohd [Association des Unités Motivées pour une Haiti des Droits], implica ora un ripensamento della strategia generale.Verso mezzanotte la prima scossa che ci ha svegliato non era eccessivamente minacciosa ma qualche ora dopo la seconda ci ha fatto letteralmente sobbalzare e imprecare.

La tenda era chiusa e la cerniera introvabile, il pavimento scivolava sotto i piedi da destra e sinistra come un tapis roulant e quando sono riuscito a uccidere il dormiveglia, ad alzarmi, ad orientarmi e a uscire era ormai tutto finito, i cani abbaiavano mentre amici e vicini erano già in piedi per la strada e nei cortili. Niente di grave, solo pochi secondi, ma questa volta non posponiamo più la decisione di traslocare giù in giardino per cercare di riprendere un sonno turbato però lì almeno non ci può crollare niente in testa. Sarà la nostra nuova stanza per quest’ultima settimana, è finita l’epoca del coraggio. Mentre facciamo i bagagli un’altra bottarella di terremoto preceduta da un tuono grave e fragoroso ci riconferma la bontà della nostra scelta e ci mette addosso una leggerissima fretta.

La più grande catastrofe della storia moderna. Bilancio provvisorio dei danni del terremoto del 12 gennaio 2010, del 7,3 grado della scala Richter, su Port au Prince, capitale d’Haiti e città limitrofe, al 22 febbraio secondo la protezione civile haitiana: valutazione danni in 14 miliardi di dollari USA, morti accertati [ma molti sono ancora sotto le macerie, 222 500, il 90 per cento dei quali nella zona cittadina; 310 928 feriti; 559 dispersi; 1 milione e mezzo di persone colpite; 1 milione duecentotrentasettemila senza tetto; 509 202 sfollati; 105 369 case distrutte; 208 164 abitazioni danneggiate. Non si segnalano ancora pericoli epidemiologici nel paese anche se una trentina di ospedali della capitale non sono operativi e la stagione delle piogge è una minaccia per le precarie tendopoli installate un po’ dappertutto a Port-au-Prince e dintorni. Cuba è il paese che ha fornito più medici: sono oltre 1700 i dottori presenti ad Haiti, 1300 arrivati dopo il sisma. Si segnala anche la scarsità di latrine e servizi igienici nei campi di accoglienza degli sfollati dato che è ancora lontano l’obiettivo di avere una latrina ogni 20 abitanti.

Ronda di visite di capi di Stato. Intanto il presidente haitiano Renè Preval si trova in Messico per assistere ai meeting della Osa [Organizzazione Stati Americani] e per incontrarsi col presidente messicano Calderon. Si avvicina la data del 31 marzo in cui l’Onu discuterà i piani per la ricostruzione del paese mentre l’Unione europea annuncia un «piano Marshall» per Haiti, secondo le parole del ministro degli esteri dell’Unione, Catherine Ashton che visiterà l’isola la settimana prossima. Per ora il totale degli aiuti europei ammonta a 609 milioni di euro di cui 309 di aiuti umanitari e 300 per la ricostruzione.

Dopo Nicolas Sarkozy, presidente della Francia, anche Michelle Bachelet, sua omologa cilena, è venuta in visita ad Haiti ma senza offrire milioni come Sarkozy. Ha sfoderato più che altro discorsi di solidarietà e promesse di aiuti futuri per la fase di ricostruzione, frasi diplomatiche di cortesia e di elogio al coraggio del popolo haitiano che resiste. Anche a lei Preval ha chiesto più tende mentre al summit dei leader latino americani ha chiesto più investimenti per la riattivazione dell’industria in loco e la riduzione della dipendenza economica dagli aiuti esteri. Ha anche sottolineato come lo sviluppo futuro del paese non dovrà più centrarsi sulla capitale dove vive oltre il 20 per cento della popolazione totale quanto sul decentramento.

da Carta

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