mercoledì 10 febbraio 2010
Cio' che che si puo' fare
«L'importante è che abbiamo dimostrato che l'impossibile può diventare possibile. Dieci, quindici, venti anni addietro era impensabile che il manicomio potesse essere distrutto. D'altronde, potrà accadere che i manicomi torneranno ad essere chiusi e più chiusi ancora di prima, io non lo so! Ma, in tutti i modi, abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera, e questa testimonianza è fondamentale. Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva. L'importante è un'altra cosa, è sapere ciò che si può fare. E' quello che ho già detto mille volte: noi, nella nostra debolezza, in questa minoranza che siamo, non possiamo vincere. E' il potere che vince sempre; noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo, cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare.»
(Franco Basaglia in Conferenze brasiliane, 1979)
Domenica 7 e lunedì 8 febbraio in prima serata su Rai Uno è andata in onda la fiction su Franco Basaglia, “C'era una volta la città dei matti”. È la prima volta che in maniera così massificata viene proposta questa esperienza, e nonostante le “necessarie” esigenze della fiction, è stato fatto in maniera “storicamente” corretta. Fa una certa impressione, per chi come me lavora all'interno di quello che era il manicomio di Trieste, rivedere quelle immagini. Risentire le storie delle persone recluse all'interno, e ripercorrere quella rivoluzione di cui è stato portatore Basaglia con le proprie teorie tradotte in pratica.
Una storia potente che ha prodotto politica, cultura e trasformazione non solo a Trieste e non solo in Italia. Il rischio latente di questa operazione fiction è che in questo modo ci sia la volontà di chiudere definitivamente i conti con quella esperienza, malinconia dei bei tempi andati, un santino di Franco Basaglia; chiuso il cassetto e non se ne parli più.
Non so se sia effettivamente questa la volontà o la speranza di qualcuno, sicuramente viviamo un ritorno a politiche esclusive, di contrazione dei diritti civili e delle libertà individuali. Si ritorna a parlare di manicomi, mentre le carceri esplodono strapiene delle “maggioranze devianti”, i CIE (ex Cpt) sono i nuovi muri entro cui vengono cancellate storie e vissuti e dove la stessa barbarie, dei manicomi di allora, con nomi e obiettivi diversi vive la propria istituzionalizzazion-e.
In questo momento quindi assume un valore particolare l'incontro internazionale che si svolgerà dal 10 al 13 febbraio a Trieste all'interno dell'ex Ospedale Psichiatrico: “Trieste 2010: che cos'è salute mentale? Per una rete mondiale di salute comunitaria”.
Nella volontà degli organizzatori vuole essere una sorta di forum destinato a riunire e a valorizzare le più diverse reti che in oltre quarant’anni si sono formate – in Italia e nel mondo – attorno alle questioni suscitate dalla chiusura dei manicomi e dalle pratiche di contrasto all’esclusione.
Un migliaio di persone provenienti da tutte le parti del mondo si ritroveranno in diversi workshop che ruotano attorno a quatto macrotematiche:
I SAPERI E I PARADIGMI: il tema dei diritti umani globali – alla salute, alla cittadinanza e alla libera espressione – si pone ancora e sempre all’interno del rapporto con saperi specifici che, direttamente o indirettamente, legittimano o inficiano l’esigibilità del diritto. In una fase segnata dalla frammentazione e dal conflitto tra diversi paradigmi, la coesistenza di pratiche e di modelli eterogenei trova il proprio limite in istituzioni deboli, sconnesse, soffocate da procedure. E’ possibile definire la salute mentale nel suo senso per le persone e per i sistemi di cura marcando la distanza con la psichiatria riduzionista?
LA PRATICA CRITICA ANTI ISTITUZIONALE: nel processo di deospedalizzazione dell’assistenza psichiatrica, verificatosi su scala globale in generale nel mondo, solo parzialmente si è spostato l’asse dalla custodia-controllo alla cura, dall’ospedale al territorio, dalle istituzioni ai servizi, dalla malattia alla persona. È possibile creare un sistema globale per un determinato territorio, che risponda ai bisogni di salute, alla realizzazione personale degli individui e che attivi le risorse umane, economiche, sociali e culturali di una comunità? Quali sono i soggetti, i luoghi e le forme della deistituzionalizzazi-one?
LA “MAGGIORANZA DEVIANTE”: ECONOMIA SOCIALE E INCLUSIONE: il particolare contesto storico-sociale attuale, caratterizzato dalla crisi economica in atto, spinge a ridefinire standard e obiettivi macroeconomici e di coesione sociale. La crisi interroga sulla sicurezza individuale e collettiva, sugli stili di vita, sui valori e sulla possibilità di sopravvivenza. Chi è oggi la “maggioranza deviante” e chi oggi si impegna a garantire cura, diritti e inclusione sociale dei soggetti vulnerabili? Dove va l’economia sociale tra mercatizzazione ed economia pubblica? Qual è il ruolo delle cooperative sociali e cosa accade nel confronto con il mercato? E ancora, dai luoghi di cura alla cura dei luoghi: l’esperienza del lavoro nei luoghi (trasformazione e costruzione di contesti iniziata nel manicomio) costringe a fare i conti con le differenze.
MEMORIA, ARCHIVI IN MOSTRA E COMUNICAZIONE: alla costruzione del presente, della realtà che ci interpella qui e ora, con ineguale tensione, risulta essere contemporanea e coestensiva la definizione della memoria o, più precisamente, di una pluralità di memorie in conflitto. Tale pluralità è rintracciabile nella dimensione dell’archivio, non solo per poter ripensare e ritrovare il passato e il presente senza cancellazioni, manipolazioni ideologiche, falsificazioni, ma anche per renderli immediatamente interpretabili sul piano documentale, per produrre una distanza storica dall’eccessiva prossimità (la “falsa immediatezza”) del “contemporaneo”. Troppo spesso il presente immemore riproduce “istituzionalizzazione” – all’apparenza senza concetto. Dalla memoria all’attualità dei contesti e delle persone: qual è oggi la rappresentazione della salute mentale o più spesso della malattia che i media offrono? Quale può essere il contributo nel contrasto dello stigma e dell’esclusione sociale di radio e televisione, di Internet e web tv?
I temi sono di assoluto interesse e le domande che vengono poste ambiziose ma necessarie, forse queste giornate serviranno per capire se un epoca è proprio finita, se il prodotto finale dell'incontro internazionale sarà una splendida orazione funebre in memoria di Franco Basaglia, oppure se ci sono le capacità e la volontà di attualizzare quanto ci ha consegnato, rilanciando con idee e proposte all'altezza delle necessità del momento.
Probabilmente è uno di quei momenti in cui è giusto esserci, non come semplici spettatori interessati, ma come soggetti che, in tutti questi anni dentro i movimenti, nella cooperazione o nei progetti a bassa soglia, nel lavoro sul campo delle sostanze o nei percorsi di riconoscimento dei diritti per i nuovi cittadini, hanno sperimentato la critica alle istituzioni mantenendo al centro la dignità delle persone e il riconoscimento dei diritti di tutti. Continuando in ciò che si può fare.
Alessandro Metz
http://www.trieste2010.net/
da GlobalProject
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