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mercoledì 6 gennaio 2010

Renata Polverini è la vera candidata della sinistra?


di Sandro Medici
È una delle poche cose che solleva gli umori di una sinistra sempre più incupita. Il perdurare delle polemiche sulla candidatura alla presidenza della regione Lazio di Renata Polverini. «Piace a tutti, non la voterei», aveva qualche giorno fa osservato il direttore del Giornale Vittorio Feltri, ricevendo varie e irritate repliche e anche qualche autorevole rimprovero. Fino all'argomentata reprimenda, ieri, sul sito di Farefuturo: Feltri è «un capopolo senza popolo e un generale senza esercito» e la sue invettive ricordano quelle dei «fascisti della prima ora» che si arrogavano l'esclusiva sulla coerenza, la quale coerenza è comunque «la virtù degli imbecilli».Una disputa a destra, agita tra le destre. In mancanza di una qualche reattività, neanche quella d'ufficio che non si nega a nessuno, da parte della sinistra. Che si astiene non solo per l'inerzia catatonica che da tempo l'attraversa, ma anche perché in parte vede compensate le sue travagliatissime dispute a proposito di candidature regionali.
Ma c'è forse qualcosa di più, in questo rispettoso immobilismo. Non sarà che la signora Polverini, per la sua suadente ambiguità, abbia già neutralizzato quel poco di antagonismo che dovrebbe contrastarla? Non sarà che, sotto sotto, si ritenga la candidata di Gianfranco Fini il male minore, in vista di una contesa elettorale che si considera già persa, con cui ipotizzare rapporti di collaborazione a schieramenti variabili, spericolate sperimentazioni politiche? Quasi a confermare i dubbi di Feltri sulla tenuta a destra dell'ex segretaria dell'Ugl.
Certo è che l'inconcludenza che anima la discussione a sinistra sulla candidatura nel Lazio, qualche sospetto l'autorizza. Davvero non si capisce tutta questa esitazione, quando si tratterebbe di fare semplicemente quel che va fatto: ovvero, cominciare a battersi contro una candidata e uno schieramento di destra esplicita. Cosa volete che significhi un'alleanza politica del tutto sovrapponibile all'amministrazione Alemanno, con l'aggiunta di Storace e probabilmente della stessa Udc? Dobbiamo ancora ragionare sui se e sui ma di Renata Polverini? Ma tant'è, siamo ancora qui, prigionieri di liturgie politiciste ed estenuanti tatticismi, condizione che impedisce di scegliere un candidato alla presidenza, con o senza primarie.
E intanto la candidata del dialogo, dalle decine di migliaia di manifesti che incartano città e paesi del Lazio, con il suo sguardo ammiccante e rassicurante manda a dire che è per le centrali nucleari a Montalto di Castro e a Borgo Sabotino, che non vede male qualche altro inceneritore, che per lei «l'importante sono i lavoratori», cioè l'incremento dei finanziamenti alla sanità privata, e chissà cos'altro ancora nel prosieguo.
E' disperante, questa situazione. Di fronte al fondatissimo rischio di consegnare alla destra, dopo Roma, anche il Lazio, la capacità di reagire della sinistra è al di sotto della linea vitale. E quel ch'è peggio è che, proprio per mancanza d'iniziativa e di soggettività, ci si affida a improbabili alchimie di laboratorio. La fallimentare, quanto dolorosa, candidatura di Rutelli è come se non avesse insegnato nulla. A sinistra non c'è più il voto d'appartenenza, quell'acritico richiamo di scuderia che, sia quel che sia, corrisponde a un consenso fiduciario. Eppure, come il voto romano di due anni fa ha dimostrato, una platea sociale disponibile c'è ed è maggioritaria, e forse, con Alemanno in Campidoglio, è perfino desiderosa di esprimersi.
Si tratta di offrirle condizioni politiche convincenti e plausibili affinché si senta partecipe e si coinvolga. Purtroppo, per come è ridotta la sinistra, sembrano condizioni impossibili.

da Il Manifesto

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