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sabato 30 gennaio 2010

L'unico da cacciare, di nero, è il lavoro


"I neri stanno già tornando nelle campagne della Piana, e l'anno prossimo saranno di nuovo tanti - dice Calogero della Cgil - l'unica è provare a combattere il fenomeno del ‘nero', inteso come lavoro".

di Gian Luca Ursini
"Più immigrati, più crimini". Dopo i gravi fatti di gennaio a Rosarno, il governo di Roma è sbarcato in Calabria. Annuncia grandi misure, per ora sulla carta, contro la ‘Ndrangheta (la parte difficile del problema) ma soprattutto - e subito - "pugno duro all'‘immigrazione incontrollata troppo a lungo tollerata" come detto dal ministro leghista Maroni, nel commentare a caldo la cacciata dei migranti dal paesone calabrese.
Il premier italiano ha perso l'ennesima buona occasione per stare zitto. Forse nell' infelice allocuzione per ‘immigrati' intendeva i clandestini, dimenticando che la clandestinità come reato è una invenzione- del 2009 - dei suoi alleati della Lega-xenofoba-Nord. Ma afferma per di più dati smentiti dalle statistiche; per il sociologo MaurizioBarbagli "dalla creazione del reato di clandestinità, che secondo i leghisti avrebbe cancellato il sottobosco di microdelitti legati all'immigrazione sans papier, il più grave di essi, lo spaccio, è cresciuto in incidenza su tutti i reati dal 32 al 34 per cento del totale". Che dire del territorio che d'ora in poi sarà 'l'Alabama italiana', la Piana di Gioja Tauro? "Negli ultimi 15 anni, con una massiccia presenza di immigrati, alcuni senza documenti - spiega il pm del tribunale di Palmi Giuseppe Creazzo, competente per territorio - non si sono mai, nemmeno una volta, registrate denunce a carico di migranti per i reati di furto con scasso, violenza sessuale, tentata violenza sulle donne, prostituzione e furto semplice, ossia i banali scippi". Questo in un territorio dove l'incidenza degli stranieri sulla popolazione secondo la Cgil è del 18 per cento, ossia la quarta zona a maggiore densità di migranti in Italia dopo Prato Brescia Sassuolo e prima di grandi città come Genova Milano.

Non solo; le incaute parole dei governanti italiani hanno causato sdegno in ambienti di solito vicini alla Destra italiana: in Vaticano. La conferenza episcopale ha subito esposto propri dati in base ai quali, per i vescovi "non c'è nessuna correlazione tra l'incidenza dei crimini e la presenza di migranti, regolari o irregolari". "Non esiste differenza tra il tasso di criminalità dei migranti e quello degli italiani" ribadisce monsignor Crociata a capo della Cei: 1,2 per cento dei regolari contro un tasso di delinquenza dello 0,75 per cento per gli italiani, ma che nelle persone sotto i 40 diventa inferiore per i migranti rispetto agli italiani. Evidentemente a furia di stare qui, gli immigrati imparano la lezione e cominciano a delinquere... E questo discorso come si applica a Rosarno? Gli italiani hanno reagito a presunti abusi dei migranti per razzismo, o per mentalità criminosa, atteso che i Migranti in quella zona delinquono sensibilmente meno dei calabresi? E soprattutto "sono gli unici a ribellarsi alla Mafia", ricorda Antonello Mangano, autore di ‘Gli africani salveranno la Calabria, (forse l'Italia intera)', titolo sottoscritto da uno studioso dell'illegalità meridionale, come Roberto Saviano.
"Nella Piana di Gioja - spiega Antonio Calogero, Cgil locale - la subcultura ‘ndranghetista è dominante, e il problema con la rivolta dei migranti è stato di ordine pubblico, che i mafiosi non potevano vedersi sfuggire di mano. In Calabria è scontato dire che lo Stato assente, va ribadito che solo la ‘ndrangheta fa politica; fare politica vuol dire cercare il consenso della popolazione; per cercare consenso i mafiosi non possono stare indietro rispetto alle mutate percezioni del popolo, e mandare messaggi rassicuranti. Con la cacciata dei migranti hanno voluto dire "Tranquilli qui comandiamo noi", e soprattutto recepire un malessere diffuso verso i migranti, in gran parte disoccupati". " E non solo riaffermazione del dominio - interviene Gigi Genco, segretario Cgil Calabria - la ‘Ndrina funziona anche da regolatore del mercato del lavoro: in città troppi immigrati, grazie alla Bossi-Fini e al reato di clandestinità, non venivano più assunti dai contadini. Tutto in nero. In più sono arrivati a centinaia dal Nord, dove l'industria in crisi caccia per primi i migranti. Troppi e troppo poveri, pronti a esplodere. I calabresi percepivano un disagio foriero di tempesta. La ‘ndrangheta si propone come mediatore sociale per interpretare un bisogno dei rosarnesi: ha detto con le intimidazioni dei fucili e poi con la caccia al Nero: "Andatevene via, non ci servite più nei campi, questa non è casa vostra".

"I neri stanno già tornando nelle campagne della Piana, e l'anno prossimo saranno di nuovo tanti - conclude Calogero - l'unica è provare a combattere il fenomeno del ‘nero', inteso come lavoro: finché si lavorerà in maniera irregolare, verranno più braccianti del necessario, a vivere in condizioni di degrado; bisogna rendere più appetibili i ricavi ai contadini, con la filiera corta: basta intermediari, dal produttore al consumatore, (come nei farmer market, quindi un modo per combattere le Mafie, ndr). Finché il prezzo pagato per chilo di arance, come detto e ridetto, è di 4 centisimi/chilo, ai coltivatori non conviene raccogliere e i migranti rimangono a ciondolare. E il ministro del lavoro deve disporre controlli a tappeto, per essere sicuri che ogni migrante abbia un regolare contratto stagionale e venga pagato il giusto: 60 euro al giorno, non 25, di cui 5 da versare al caporale".

da PeaceReporter

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