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lunedì 18 gennaio 2010

Haiti, morire per rubare due stracci

di Roberto Di Caro da Port-au-Prince
Per chi viene sorpreso a rubare la pena è la morte. In una Port-au-Prince piena di cadaveri senza tomba, è la fine di chi ha cercato di impossessarsi di quel che resta nei negozi. La testimonianza dell'inviato

Sette uomini e due donne: li ho visti per un istante, i loro volti imbiancati dalla polvere, le mani legate davanti o dietro la schiena, mentre un gruppo di vigilantes, alcuni con una medesima maglia rossa, altri in giubbotto nero paramilitare e una fascia in fronte, li trascinava via in tutta fretta sul cassone di un pick-up. Ladri. Saccheggiatori.

Avevano appena tentato di prendere quel che è rimasto in un negozio del centro distrutto di Port-au-Prince, a fianco dei ruderi del Marché au Fer, non lontano dal Palazzo di Giustizia che brucia di nuovo e dalla baraccopoli che occupa l'intera piazza di fronte al collassato Palais National.

Li ho riguardati, quei volti, poco fa, ingrandendo la foto in cui si vedevano meglio. Gli leggi in faccia che vanno a morire, e lo sanno. Fuori dalla ressa, li finirà un colpo di pistola come quella che impugna uno dei vigilantes. Cadavere più, cadavere meno, chi vuoi che ci badi: era il "sistema haitiano" anche prima, figuriamoci ora che neanche ci sono più le carceri, distrutte dal sisma. In un rosario di morti senza tomba, quei vivi che vanno a morire per rubare un paio di stracci sono peggio di una pugnalata al cuore.

da L'Espresso

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