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giovedì 24 dicembre 2009

Elezioni regionali, l'incubo pugliese


di Matteo Bartocci
Da «laboratorio Puglia» a incubo Puglia. Lo scenario della regione in vista del voto di marzo svela il volto peggiore della politica. Le primarie chieste dal presidente uscente Nichi Vendola (leader di Sinistra ecologia e libertà) come unica condizione naturale per farsi da parte, se sconfitto dal voto popolare, le ha ufficialmente sepolte una riunione a porte chiuse del Pd locale con Massimo D'Alema lunedì pomeriggio. Una riunione dopo la quale il segretario regionale democratico Sergio Blasi ha letto una nota senza accettare nessuna domanda da parte dei giornalisti. Stesso comportamento ieri, quando invece che leggerla di persona, Blasi ha inviato alle agenzie un semplice comunicato con cui il Pd candida ufficialmente alla poltrona della regione Michele Emiliano, eletto da meno di un anno sindaco di Bari.
Una decisione non condivisa che provoca la reazione durissima della minoranza «franceschiniana». L'assessore regionale alle Opere pubbliche Fabiano Amati (Pd) è furibondo: «Se quella di Blasi non è una bufala dovrei pensare all'impeachment o a una tattica che istiga alla scissione da parte di chi ha perso e ricorre a trucchi per vincere». Il segretario provinciale del Pd di Bari, Dario Ginefra, parla di «una posizione autorevole ma personale» dello stesso Blasi, che secondo lui non può esprimersi prima del parlamentino regionale del Pd convocato il 28 dicembre. Nel frattempo già stamane Blasi dovrebbe convocare i possibili alleati - Udc e Io Sud della ex An Poli Bortone - per ufficializzare la scelta di Emiliano. Ma entrambe le formazioni centriste, corteggiate anche dal Pdl di Raffaele Fitto, hanno già detto che diserteranno l'appuntamento in attesa che il Pd decida che rotta prendere. Se ne parlerà a gennaio.
E Michele Emiliano, che lunedì in consiglio comunale aveva giurato di non volersi candidare alla regione, fa sapere ieri che lui sì potrebbe anche farlo, purché si approvi una leggina ad personam in consiglio regionale che gli consenta di rimanere sindaco anche se è candidato alla regione. La legge elettorale pugliese, infatti, contiene una clausola (originariamente pensata contro Poli Bortone, ex sindaco di Lecce) che vieta ai primi cittadini di candidarsi alla presidenza. In altre parole, se Emiliano correrà a marzo dovrà prima lasciare Bari senza avere garanzie sul suo futuro.
Il Pd è corso ai ripari per tempo e il 19 gennaio ha fatto calendarizzare in consiglio la modifica sui sindaci. Emiliano ci penserà solo allora. E assicura di avere «il 60% dei consensi» in Puglia anche se ammette che «quel 4-6% che Vendola potrebbe portarmi via» potrebbe essere decisivo alla conta finale. Il governatore uscente, dal canto suo, non commenta il caos democratico e insiste sulle primarie: «Rispetto la vita di quel partito ma io non mollo».
Le primarie di coalizione, su cui c'è il veto nazionale dell'Udc, sono scomparse anche nel Lazio, dove Luigi Nieri (assessore uscente sempre di Sel) continua a chiederle per la scelta del successore di Marrazzo.

da IlManifesto

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