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lunedì 14 dicembre 2009

Colpo di Stato politico in Turchia: messo fuorilegge il Partito della Società Democratica

Colpo di Stato politico in Turchia: messo fuorilegge il Partito della Società Democratica La Corte Costituzionale turca, in data 11 dicembre 2009, ha deciso all’unanimità la chiusura del DTP, “Partito della Società Democratica”, il Partito pro-kurdo presente in Parlamento dal 21 con seggi, e che governa gran parte dei municipi della regione sud-orientale della Turchia. La motivazione addotta dalla Corte Costituzionale è che il DTP sarebbe una minaccia per l’unità nazionale.

Colpo di Stato politico in Turchia: messo fuorilegge il Partito della Società Democratica

La Corte Costituzionale turca, in data 11 dicembre 2009, ha deciso all’unanimità la chiusura del DTP, “Partito della Società Democratica”, il Partito pro-kurdo presente in Parlamento dal 21 con seggi, e che governa gran parte dei municipi della regione sud-orientale della Turchia.

La motivazione addotta dalla Corte Costituzionale è che il DTP sarebbe una minaccia per l’unità nazionale.

La decisione comporta anche il divieto di svolgere qualsiasi attività politica per cinque anni per 37 dirigenti del partito., e l’annullamento mandato parlamentare di due parlamentari: il presidente Ahmet Turk e la deputata Aysel Tugluk, ai quali è stata tolta l’immunità parlamentare. I beni del partito sono stati confiscati. Il DTP è in Parlamento, in ordine di grandezza, il quarto partito politico, dopo l’AKP, il CHP ed il MHP.

La Corte Costituzionale turca, dalla data della sua costituzione (1963), ha soppresso 26 partiti politici. L’anno scorso aveva anche discusso l’eventuale chiusura dell’AKP, l’attuale partito di governo turco, il partito di Erdogan. In particolare, i partiti kurdi sono stati continuamente chiusi: prima l’HEP, poi il DEP, l’HADEP, ed infine, per evitare la chiusura, il DEHAP si era dovuto sciogliere, dando appunto vita all’attuale DTP.

I poteri della Corte Costituzionale sono connessi alla attuale Costituzione turca, di impronta autoritaria e nazionalista, emanata nel 1982, all’indomani del colpo di Stato militare del 1980 (emulo di quello cileno di Pinochet per l’entità e la gravità dei crimini di Stato ad esso seguiti). Sia il partito di governo, sia soprattutto il movimento kurdo, avevano da lungo inutilmente proposto una riforma costituzionale.

In seguito alla chiusura del partito ed all’interdizione alla vita politica di numerosi suoi dirigenti (tra i quali note personalità di rilievo quali Ahmet Türk, Aysel Tuğluk, Leyla Zana e Selim Sadak) in teoria il gruppo parlamentare si ridurrebbe solo da 21 a 19 deputati (che potrebbe continuare a restare in carica, poiché sono stati eletti come “indipendenti”), ma la direzione del partito ha per il momento deciso l’uscita dal Parlamento del gruppo parlamentare, e la continuazione nella società civile della lotta per la democrazia e per la pace, nella inalterata fedeltà ai metodi democratici e pacifici.

Come ha sottolineato la direzione del partito, la decisione della Corte Costituzionale, dietro il paravento di un atto “giuridico”, è in realtà una decisione politica, e, vista la sua portata di attacco frontale ai principi della democrazia rappresentativa e dell’espressione democratica della volontà popolare, e di attaco frontale alla possibilità di partecipazione politica del popolo kurdo, è un “colpo di Stato politico”.

Analoga opinione è stata avanzata da “Human Rights Watch”:

L'Unione Europea, in cui Ankara spera di entrare, aveva avvertito che la messa al bando del partito avrebbe violato i diritti della popolazione curda.

La chiusura del DTP è stata preceduta da una campagna di attacchi continui contro tale partito, sia tramite le numerose aggressioni violente alle sue sedi ed i tentativi di linciaggio, sia tramite la campagna dei mass-media, sia tramite le dichiarazioni dei due partiti nazionalisti (i repubblicani del CHP e gli estremisti sciovinisti del MHP).
La direzione del DTP nei giorni scorsi aveva ammonito: “Siamo un ponte verso la pace e verso la democrazia”, e, in effetti, la chiusura del DTP significa il completo svuotamento della cosiddetta politica di “apertura democratica” che era stata avanzata dal governo ma soprattutto stimolata e incrementata dall’iniziativa kurda; la chiusura del DTP rischia di allontanare a tempo indeterminato le prospettive di pace, e di precipitare immediatamente il Paese in una spirale di tensioni e di violenza, a partire dagli scontri in corso nel Paese (dove le manifestazioni sono sempre più aggredite dalla polizia: Diyarbakir, Semdinli, Van, Hakkari, Yuksekova…) sino al pericolo di ripresa su vasta scala del conflitto armato tra esercito e guerriglia (che sta comunque continuando, a causa delle continue operazioni militari dell’esercito turco, nonostante la tregua unilaterale da tempo decisa dal PKK, e che lo stesso PKK ha violato con un recente attacco, il 7 XII).

In moltissime località della Turchia si stanno svolgendo affollate manifestazioni di sostegno verso il DTP, diverse delle quali sono state violentemente assalite dalla polizia.

di Aldo Canestrari, Istanbul, 12 dicembre 2009 – viandit@yahoo.it
(potete scrivermi a questo indirizzo se desiderate ulteriori informazioni su questi temi

da Indymedia

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