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giovedì 5 novembre 2009

Pensieri sul 4 novembre, la storia e le festività nazionali.

di Marco Greco

In questi giorni ho riflettuto spesso sul significato della ricorrenza civile del “4 novembre”.
Già, il 4 novembre, la festa delle forze armate. Mi sono chiesto quanti di noi sapessero effettivamente cosa ricorda la ricorrenza del 4 novembre. Ma questo è un po’ il problema che coinvolge le ricorrenze civili (25 aprile, 2 giugno, ecc.), ovvero l’ignoranza del significato e delle vicende legate ad una data che viene assunta a festività nazionale.
Come in una spirale autolesionista ci sentiamo colpevoli se mostriamo in pubblico il nostro orgoglio nazionale, patriottico, come se fosse una macchia da tenere ben nascosta. E’ vero anche che i regimi totalitari come nazismo e fascismo hanno contribuito non poco ad inculcare, nella nostra coscienza di italiani, diverse remore legate all’amor di patria. Ma io sto parlando di “orgoglio nazionale” e di “patriottismo”, non di “nazionalismo”, che invece racchiude le accezioni negative e le espressioni più cupe del concetto.
E allora mi chiedo il significato del 4 novembre. Mi chiedo quanti di noi conoscono veramente cosa ricorda il 4 novembre, cosa è successo il 4 novembre, ma soprattutto cosa ha portato al 4 novembre.
Spero di sbagliarmi e che invece sia noto a tutti che il 4 novembre ricorda la fine della Prima Guerra Mondiale per l’Italia, il 4 novembre del 1918. Alle 12 di quel 4 novembre il Generale Armando Diaz, capo di Stato Maggiore, annunciava la vittoria nella Prima Guerra Mondiale e la disfatta dell’esercito austro-ungarico:


“La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
…….
L'Esercito Austro-Ungarico è annientato
……
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.”

Ma cosa sappiamo veramente della Prima Guerra Mondiale, di un evento così cruciale e importante, non solo per il nostro paese.
Cosa ci hanno insegnato sulla Prima Guerra Mondiale, ovvero la Grande Guerra come fu chiamata dai contemporanei? Poco, molto poco, poiché la Grande Guerra viene studiata a scuola con la stessa superficialità e con gli stessi luoghi comuni con cui vengono affrontati molti argomenti e vicende storiche. Per non parlare poi di quegli avvenimenti che non sono degni, secondo gli attuali programmi, di essere neanche accennati (Guerra Fredda, Il Muro di Berlino, il genocidio in Cambogia, giusto per dirne alcuni), soprattutto avvenimenti e fatti del ‘900, cos’ importanti e cruciali per il nostro passato e per il presente in cui viviamo.
Sicuramente a tutti viene in mente, parlando della Grande Guerra, il contrasto tra neutralisti e interventisti:questo ce lo ricordiamo perché è questo che ci hanno insegnato, insieme al solito elenco di date e fatti slegati tra loro, di cui la nostra memoria storica da studenti è piena e di cui però, spesso, non afferriamo il significato e la portata né tantomeno i legami reciproci.
Ma cosa è stata davvero la Prima Guerra Mondiale, o Grande Guerra?
Fu veramente una guerra grande, sotto tanti punti di vista. Per la mobilitazione di massa (milioni di soldati di ogni paese), fu una guerra nuova per le novità in fatto di armamenti e tecnologie, anche se spesso combattuta con tecniche e ferocia degne di tutt’altre epoche. Giusto per dire alcune motivazioni.
Per il nostro paese fu la quarta e ultima guerra per l’Indipendenza e per l’unità nazionale, pagata con un costosissimo tributo di vite umane, 650.000 morti italiani (nella 2a Guerra Mondiale ne abbiamo avuti la metà!) a cui si sommano mutilati, invalidi e prigionieri.
Ma non sono certo io quello che può dire che cosa è stata veramente la Grande Guerra per tutti coloro che l’hanno vissuta direttamente sulla propria pelle. I testimoni di quella pagina di storia se ne sono andati (restano pochissimi reduci, in Italia nessuno), ma restano le loro testimonianze scritte e non solo.
E così un giorno decisi di acquistare un libro: “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu, tenente della Brigata Sassari ai tempi della Grande Guerra. Nel libro si narrano le vicende di un anno sul fronte italiano, ricostruite abilmente dall’autore.
Solo dopo aver letto quel libro ho capito cosa è stata veramente la Grande Guerra; ho capito che la storia che abbiamo studiato sui libri a scuola è tutt’altra cosa! In quelle pagine c’era veramente l’essenza e il vero significato di tali avvenimenti.
Poi ho capito che dovevo visitare quei luoghi:le trincee, i forti, i musei, i cimiteri. Mi sono recato in Trentino nel settembre del 2007 e ho capito, ho compreso, ho contemplato.
Vedere quei luoghi, dove richiede uno sforzo sovrumano il semplice sopravvivere, figurarsi combattere contro la natura e insieme contro il nemico!
Ho visto la bandiera italiana e quella austriaca sventolare insieme……
Ho ascoltato il silenzio di quei luoghi…..
Anche lì è nata l’Italia!
E quello sventolare di bandiere mi ha fatto comprendere in maniera semplice e diretta l’essenza di un’Europa unita nella pace e nella cooperazione.
Poi ho continuato a leggere della Grande Guerra, volevo capire le verità storiche, militari e politiche, al di là delle menzogne ufficiali che spesso si leggono fra le righe di alcuni testi scolastici.
E allora mi chiedo come mai il 4 novembre non sia una festa nazionale. Come mai non sia la festa dell’Unità Nazionale e della Vittoria, prima ancora che la festa delle Forze Armate.
In questo periodo in cui si sente tanto parlare di secessioni, di federalismo, di Nord contro Sud, il 4 novembre dovrebbe assumere una rilevanza “nazionale”.
Ma io non sono certamente uno storico, sono solo una persona che ha voluto vedere e toccare con mano i luoghi, per non tradire quella memoria, quei sacrifici.
Perché la storia, quella vera, si insegna e la si comprende sui luoghi, o in alternativa sui libri, ma quelli veri e vivi, che hanno qualcosa da dire anche a novant’anni di distanza.
E allora cerco di ricordare a me stesso di essere italiano, non solo di fronte ad una partita in tv, e di andarne fiero, dopo tutto.
E ritengo che per capire ed essere liberi, l’unico strumento è quello di conoscere le proprie radici, le proprie tradizioni, insomma la propria storia, perché è questo che conta veramente.
In quel settembre del 2007 ho compreso cosa intendeva dire Piero Calamandrei quando scrisse:
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione”.

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