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sabato 3 ottobre 2009

NARDO' - ANCORA SUGLI OPERAI DELLA S.E.S.

Abbiamo ripescato questo articolo scritto nel 2004 su un giornale intitolato “SALENTO CHE FARE?” a cura dell’omonima associazione. Si ha la sensazione di ritornare indietro nella storia dell’uomo, dell’uomo-schiavo.
Ritorniamo ancora a parlare dell’imprenditore Sergio Scorza e di quello che è successo un pò di anni fa.
A me è sembrato interessante; secondo voi ???

SALENTO: E’ SCHIAVITU’, ALTRO CHE RINASCIMENTO.
Negli ultimi mesi del 2004, il Salento è stato alla ribalta della stampa nazionale per i gravi fatti accaduti a Nardò, sede della società Sevar, Grandi e Italgerci che fanno capo ai fratelli Sergio e Pietro Scorza, arrestati per estorsione aggravata e riduzione in stato si schiavitù dei lavoratori dipendenti.
Secondo l’accusa, promossa anche da un giudice dell’antimafia, i fratelli Scorza avrebbero conseguito un ingiusto profitto pagando in maniera inferiore al dovuto i lavoratori, minacciati con la perdita del posto di lavoro ed altre condotte vessatorie. I fratelli Scorza – sempre secondo i magistrati – avrebbero creato un clima diffuso di intimidazione, tale da costringere i lavoratori dipendenti ad accettare intollerabili condizioni lavorative, illecite imposizioni, prestazioni indebite, decurtazione della retribuzione. E ciò sarebbe venuto sotto il ricatto, esplicito o meno, della perdita del posto di lavoro.
In base alle indagini dei carabinieri, gli 86 dipendenti erano obbligati dagli Scorza a lavorare fino a dodici ore al giorno dal lunedì al venerdì presso i cantieri della società che si occupa di scavi e posa di tubi delle reti del gas. Inoltre, il sabato dovevano lavorare presso la masseria del padrone spalando letame e caricando pietre. Come i “lavori forzati” , dice un lavoratore secondo il quale la masseria deve diventare un agriturismo a cinque stelle (ecco su cosa si basa lo sviluppo turistico).
I turni durante la settimana erano massacranti: dalle 05:30 alle 17:30. Gli straordinari venivano pagati poco, il lavoro del sabato quasi mai.
Come la vecchia usanza dei proprietari terrieri che pretendevano il lavoro per la padrona, il lavoro, cioè, che il bracciante agricolo doveva svolgere gratuitamente dal tramonto del sole fino al buio totale in onore della moglie del padrone (da ciò trae origine la canzone popolare “E lu sule calau”).
Oltre al lavoro massacrante, i lavoratori erano costretti a vivere una situazione a dir poco sconcertante. Secondo le indagini dei carabinieri ai lavoratori gli veniva negata anche l’acqua da bere.
E proprio l’acqua avrebbe fatto esplodere il caso.
L’estate del 2003 la ricordiamo tutti come il periodo più caldo degli ultimi decenni. Il 8 luglio di quell’anno, un operaio degli Scorza si è sentito male sul lavoro ma è stato soccorso solo dai carabinieri che lo hanno portato in ospedale. I medici del pronto soccorso inizialmente hanno accertato solo uno svenimento dovuto allo stress. Ma dopo un’attenta visita hanno riscontrato sul corpo dell’operaio contusioni allo scroto e all’inguine. Era successo che qualche giorno prima, mentre stava lavorando su una strada in aperta campagna, con il caldo terribile, l’operaio stava posando l’asfalto a duecento gradi. Aveva sete e non c’era acqua. Allo stremo, è andato a cercare una bottiglia ma al ritorno è stato aggredito dal caposquadra che lo teneva e un altro lo colpiva e ciò per essere andato a prendere l’acqua.
Sembra che lo stesso operaio in precedenza non si fosse sottomesso a svolgere in un giorno il lavoro che andava fatto in tre giorni.
Da quanto riscontrato dai medi del pronto soccorso è partita la denuncia che ha dato il via alle indagini dei carabinieri, culminate con i provvedimenti dei magistrati che hanno disposto l’arresto dei due padroni Scorza accusati di estorsione aggravata e riduzione in stato di schiavitù dei lavoratori.
Il lavoratore pestato è stato licenziato.
Tale situazione è a dir poco gravissima. Ma ancor più allucinante è l’omertà esistente.
Il padrone Sergio Scorza siede nella giunta dell’Assonidustria leccese. I lavori in cui erano addetti gli operai erano commissionati da enti pubblici. Quindi, il denunciato sfruttamento – o schiavizzazzione, secondo i magistrati – è avvenuto alla luce del sole senza che nessuna istituzione muovesse un dito in favore dei lavoratori. Anzi.
La sinistra tace o sta con i padroni. I Democratici si sinistra sono dalla parte del padrone che è difeso da un avvocato si sinistra sostenitore di D’Alema. Il sen DS Alberto Maritati, già magistrato, si è pronunciato solo contro l’arresto dei padroni Scorza. Il sindaco di Lecce, Poli Bortone di AN, si chiede cosa fa il sindaco. I sindacati danno la colpa alle amministrazioni comunali essendo loro i committenti degli appalti. Secondo la CGIL non “si era accorta” accorta delle condizioni di lavore imposte dagli Scorza nemmeno quando l’operaio pestato e licenziato si è rivolto a loro per impugnare il licenziamento.
Poi, il silenzio totale.
Davanti a questi gravi fatti la società civile avrebbe elevato barricate e compiuto permanenti rivolte.
Invece, nulla. Nessuna protesta, niente sciopero e nemmeno manifestazioni di solidarietà con i lavoratori. Nessun dibattito, nemmeno delle scuole. I salentini sono troppo presi dalle tarantole, dalle pizziche e dalle danze per cui vengono guardati in televisione come un circo equestre. Sono troppo presi da questo successo di attarantolati e non possono distrarsi per parlare di libertà e dignità. Non solo, ma la denuncia dell’operaio sfruttato, picchiato e licenziato sembra aver dato fastidio per aver creato uno scandalo che, comparendo sui giornali, ha macchaito l’immagine del Salento, pubblicizzata come terra di “sole, mare e vento”. Che con la Pizzica sta vivendo un nuovo “rinascimento”.
Così, l’operaio in questione ha avuto ancora più paura ed è stato costretto ad emigrare fuori provincia lasciando a Nardò la famiglia.
Questi fatti dimostrano, invece, che il Salento è terra di lavoro nero e sfruttamento, ipocrisia, omertà e schiavitù. Altro che “rinascimento.

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