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giovedì 10 settembre 2009

Morire in carcere


Quarantacinque giorni senza mangiare né bere, chiuso nella cella dell’infermeria del carcere di Pavia. Quarantacinque giorni per gridare a tutti, con il suo corpo sempre più debole, la sua innocenza. Poi, ieri, al Policlinico San Matteo Sami Mbarka Ben Gargi, 42 anni tunisino, ha messo fine allo sciopero della fame e della sete ed è morto. Adesso da Cagliari arriva un’altra segnalazione, quella di un uomo in sciopero della fame da metà luglio e della sete dal 17 agosto. Chissà se i paladini della vita che portavano pane e acqua davanti alla clinica dove era ricoverata Eluana Englaro porteranno pane e acqua anche davanti al carcere di Cagliari per chiedere che sia rispettata la vita sempre, anche quella delle persone detenute. Anche se sono povere, straniere, magari senza permesso di soggiorno.
Mbarka dal 16 luglio al 3 settembre aveva perso ventuno chili. La voglia di vivere, invece, l’aveva abbandonato quando su di lui era piombata la condanna della Corte d’appello di Milano: otto anni e mezzo per violenze sulla sua ex convivente. Un’accusa infamante che non accettava.
Per questo aveva deciso di farla finita. “Io sono un uomo e se lo sei anche tu – aveva detto al medico del carcere Pasquale Alecci – devi rispettare la mia decisione”. Così, giorno dopo giorno, ha lasciato che il suo corpo si consumasse. In mezzo ci sono stati due ricoveri all’ospedale San Matteo di Pavia per sottoporlo al trattamento sanitario obbligatorio. La prima volta è stato rispedito indietro perché il paziente era cosciente e lo ha rifiutato. Il secondo, il 2 settembre, con idratazione via flebo. Ma anche questo ricovero è durato poco perché Mbarka il giorno dopo è morto..
“Un soggetto già privato della sua libertà non puoi privarlo della facoltà di poter decidere e quindi di autodeterminarsi” ha detto il medico del carcere. Ma Aldo Egidi, l’avvocato che lo difendeva, è di altro parere: “Il loro compito – dice – non è solo custodire i detenuti, ma anche impedire le conseguenze estreme dei loro gesti”.
Mbarka invece è morto, come Ali Juburi, iracheno di quarant’anni deceduto un anno fa dopo ottanta giorni di digiuno nel carcere dell’Aquila.
Ora la procura di Pavia ha aperto un’inchiesta sulla morte di Mbarka per accertare eventuali responsabilità.

di Daniela de Robert da Articolo21

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