«Poi dice che non vuole iscriversi al Pd…». La battuta di Rosy Bindi è pienamente legittimata dall’accoglienza che il popolo della Festa dem ha riservato a Nichi Vendola.
Sarà perché «siamo troppo uguali» (ancora la Bindi), sarà perché laicità e questione morale sono temi che solleticano sempre l’attenzione dell’elettorato di centrosinistra, ma il dibattito ospitato ieri al Porto vecchio di Genova ha dimostrato che tra il Pd e la nuova Sinistra e libertà che si accinge a nascere (anche se non si sa ancora bene in che forma) esiste un ponte ben solido. Discutere di future alleanze viene allora naturale, sottolineando comunque, da entrambe le parti, che è finito il tempo della divisione dei compiti tra la sinistra riformista e quella radicale. «Costruire una sintesi non è deteriore, ma è un dovere morale in una società che si deteriora», sostiene con forza Vendola, forte della sua esperienza da presidente della regione Puglia.
«La sintesi che troviamo insieme non è una rinuncia ai nostri valori – gli fa eco Rosy Bindi – ma un arricchimento di questi con le idee degli altri».
È inevitabile che si parli anche della possibilità di allargare all’Udc i confini di un rinnovato centrosinistra.
Nessuno dei due interlocutori è pregiudizialmente contrario, ma le condizioni esistono eccome. Per Vendola, «al centro deve esserci la questione morale per ricostruire la classe dirigente del nostro paese». Per la vicepresidente della camera, «nessuno può porre condizioni alla presenza di altre forze nella coalizione». Ed è ancora più esplicita: «In Puglia non si fa niente senza la partecipazione di Vendola». È proprio lei la prima a non farsi illusioni sulla partita che sta giocando Casini, che «è tutta interna al centrodestra, una volta liberato dall’anomalia Berlusconi ». Bene allora alla proposta di un Cln provvisorio, ma sul domani «vedremo».
Per Bindi, la persona più adatta a costruire questo nuovo schieramento è Bersani, che lei sostiene nella battaglia congressuale, e al suo avversario riserva una stoccata: «Adesso perfino il vice di Veltroni dice che bisogna rifare le alleanze, ma o Franceschini fa autocritica su questi due anni, oppure non è credibile».
I temi di stretta attualità irrompono inevitabilmente nella discussione.
Entrambi sono solidali con l’ormai ex direttore di Avvenire Boffo. E Vendola, che ha vissuto sulla propria pelle i costi di un giornalismo senza scrupoli, ammonisce: «L’attacco ai diritti di libertà e ai diritti sociali sono due facce della stessa medaglia». Per il governatore pugliese «bisogna essere intransigenti quando la politica degenera in porcilaio». Bindi allarga il campo della questione morale, chiamando a vigilare se «la politica fa davvero il suo mestiere e che rapporti ha con l’economia.
Anche in Emilia Romagna, Liguria, Campania, Calabria il Pd deve fare i conti con questa realtà». Sulla libertà di stampa ribadisce che per lei «Mussolini al confronto con Berlusconi era un dilettante» e invita il Pd a non considerare questo tema «con intermittenza, come ha fatto finora».
Ma la vicepresidente della camera si rivolge anche alle gerarchie ecclesiastiche, dalle quali in questi anni è venuto «qualche messaggio agli elettori cattolici su una maggiore affidabilità del centrodestra rispetto a noi». E chiarisce, con linguaggio biblico: «Io “perdono, ma non dimentico” che contro il governo Prodi sui Dico è stata convocata perfino una piazza. Oggi noi possiamo dire a testa alta che chi approfittò di quella piazza non era certo un campione della famiglia». Nessuno insomma può dire “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”, perché «nessuno di noi può scagliare la pietra verso gli altri, ma solo Gesù Cristo può permettersi di dirlo, perché altrimenti si nega il diritto di critica». Per Bindi, «è arrivato il momento di far diventare i cattolici italiani veri e propri cittadini italiani, difendendo i valori senza costruire sepolcri imbiancati ».
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