Laila Wadia è nata a Mumbai e vive a Trieste, dove lavora all’università.
Creativi si può diventare per passione, ma usare l’arte perché nessuna donna rimanga esclusa è una scelta di vita. Arrivata in Italia nel 1984, l’artista etiope Konjit Seyoum si è scontrata per la prima volta con il razzismo quando frequentava l’università a Trieste.
Una professoressa le aveva dato della stupida perché non parlava bene l’italiano. Allora lei, poliglotta, cervello in circolazione, ha abbandonato l’aula. Quel gesto, poi, l’ha pagato caro, ma Konjit nella vita come nell’arte si è imposta di rimanere fedele a se stessa. Per questo lavora anche come interprete per i grandi organismi internazionali, in modo che la sua arte non sia mai influenzata dalle necessità economiche.
Konjit ha vissuto in Italia negli anni ottanta, quando gli stranieri erano esotici e non facevano tanta paura. Alla caduta del dittatore Menghistu, ha deciso di tornare ad Addis Abeba, dove ora dirige l’Asni gallery.
Quando le chiedo cosa si è portata dietro dall’Italia (dal punto di vista filosofico) mi risponde con la sua solita verve: “Una caffettiera, un passaverdura e uno scolapasta: sono le tre cose che mi definiscono come italiana”.
Con la stessa ironia e onestà, quando qualcuno le chiede di mostrargli un suo autoritratto, Konjit gli presenta See through: le lastre dei suoi polmoni. Dentro di lei, tracciato sulle radiografie, c’è un fiume di parole, molte delle quali in italiano. Qui Konjit parla dei temi che le stanno a cuore: la mercificazione della donna, l’aids e il consumismo.
Una volta, in segno di protesta, ha trasformato un centro commerciale ancora in costruzione in una galleria d’arte temporanea. Una delle opere esposte si chiamava Modern landscape, una composizione di bastoni e sassi per rappresentare il male che ci facciamo da soli. Disposti in verticale, però, i bastoni formavano una tastiera, per sottolineare che si può cambiare musica.
Lo scorso 8 marzo ha dipinto Leave no woman behind, una tela che raffigura tanti seni. “Noi donne dobbiamo ricordare che siamo un unico grande seno che nutre la pace”. Parole e pennellate di una donna allattata dalla saggezza di tante madrepatrie. Laila Wadia
da Internazionale
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