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sabato 15 agosto 2009

RAMADAN - A Mantova braccianti islamici obbligati a bere

«È nel mese di Ramadan che abbiamo fatto scendere il Corano... Chi di voi ne testimoni l'inizio digiuni. E chiunque è malato o in viaggio assolva in seguito altrettanti giorni. Allah vi vuole facilitare e non procurarvi disagio...». La sura II del Corano detta le regole del mese di Ramadan, durante il quale ogni musulmano è tenuto a digiunare dall'alba al tramonto. Salvo in casi particolari, in cui seri problemi di salute giustificano il mancato rispetto della norma.
A Mantova, quest'estate, a vegliare sulla salute dei braccianti di religione islamica si è imposto anche il Comitato per la sicurezza agricola cittadino (composto da Coldiretti, confederazione italiana dell'agricolutra e sindacati agricoli di Cgil, Cisl e Uil).
Il comitato ha stabilito che i raccoglitori di frutta e verdura sono «obbligati» a bere durante il giorno nonostante il Ramadan che quest'anno parte il 20 agosto. Il protocollo delle associazioni è stato stilato sulla base del decreto 81 sulla sicurezza sul lavoro, esattamente come previsto per tutte le altre norme che salvaguardino la salute dei lavoratori.
La comunità islamica mantovana non ha gradito la richiesta delle associazioni: «La tutela del lavoratore è sacrosanta, ma non si può obbligarlo a bere - spiega Ben Mansour Hamadi, portavoce della comunità - L'osservanza del Ramadan spetta esclusivamente alla coscienza personale. Nella nostra religione non è un obbligo attenersi al Ramadan, è una scelta. Quindi non dovrebbe neanche esserci un obbligo a bere, venendo meno ai nostri principi. In ogni caso, ci siamo incontrati con il Comitato in modo sereno, noi non siamo d'accordo sull'«obbligatorietà», ma capiamo le esigenze di informazione e tutela che hanno spinto le associazioni a stilare il protocollo». Certo, non si può licenziare un dipendente perchè non beve. Oppure sì? Romano Magrini, responsabile nazionale lavoro Coldiretti, lo spiega così: «L'accordo risponde ad una logica a favore del lavoratore, non contro di lui. Quando è una questione di salute, a risponderne è il datore di lavoro: se non rispetta le norme della sicurezza sul luogo di lavoro risulta legalmente punibile. Quest'accordo risulterà più che altro uno sgravio per il datore, che non potrà essere accusato di non garantire la sicurezza del lavoratore».
Lo scorso anno, in provincia di Mantova, un uomo indiano di 44 anni, Vijay Kumar, era morto di stenti mentre lavorava nei campi. Il datore di lavoro lo aveva fatto spostare qualche metro in là e non aveva chiamato subito i soccorsi per evitare problemi, dato che il lavoratore era clandestino. Ramadan o no, la sicurezza sul lavoro ha bisogno di ben altre misure per essere garantita per tutti.

di Mariangela Maturi – MILANO da Il Manifesto

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