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sabato 1 agosto 2009

Pescara - Una banda di poliziotti taglieggiatori e razzisti

L’inchiesta partita a maggio del 2009 e diretta con rigore e coraggio dal pm, Giuseppe Bellelli, che ha affidato le indagini ad un reparto della stessa polizia, la Squadra mobile, ha permesso di smascherare questo gruppo d’azione, i cui componenti facevano (ora sono stati sospesi) tutti parte del distaccamento della Polizia stradale di Pescara Nord.Il gip Luca De Ninis nell’ordinanza d’arresto li definisce «una banda di taglieggiatori in uniforme»: una associazione a delinquere che usava da tempo una tecnica collaudata per cercare di spillare soldi agli autotrasportatori stranieri che avevano la sventura di essere fermati.
Invece della multa (a volte non necessaria) veniva proposto di pagare una somma (dai 10 euro ai 250) per proseguire il viaggio senza problemi.
Ai domiciliari sono così finiti Cristian Micaletti, 37 anni di Milano, residente a Francavilla al Mare, assistente di Polizia, Marco Di Lorenzo, 40 anni di Pescara, assistente Capo, Carlo Voza 40 anni di Basilea, assistente capo, Gaetano Margiotta, 40 anni di Sulmona, assistente capo, Francesco Marulli, 43 anni di Chieti, assistente.
Ai domiciliari anche Mario Plevani, 46 anni di Pineto, vice sovrintendente, «capo indiscusso», scrive il gip De Ninis, della banda e ritenuto anche il più esperto nell'attività di taglieggiamento, «capace di ottenere consistenti somme di denaro senza dilungarsi in estenuanti stillicidi di piccole concussioni».
La sua posizione è quella più grave dal momento che detiene il grado più alto e avrebbe dovuto vigilare sulla correttezza dell'operato dei suoi collaboratori.
Si sta poi vagliando la posizione di Franco Evangelista, 38 anni di Collecorvino, assistente capo, al momento indagato a piede libero che sarebbe entrato marginalmente nell’inchiesta per via di alcune conversazioni con gli indagati principali.

LUNGHE GIORNATE DI LAVORO

Le giornate di lavoro degli agenti potevano essere molto intense. Non tanto per il carico di lavoro “regolare” (secondo il gip addirittura tralasciato) ma per questa attività secondaria che per l’accusa erano riusciti a mettere in piedi.
«Da un lato», scrive il gip De Ninis, «si disinteressavano totalmente delle disposizioni emanate del capo ufficio che pretendeva maggior impegno sotto il profilo della verbalizzazione e non si occupano di adempiere agli interventi demandati dalla sala operativa».
Ad esempio una volta non soccorsero un automobilista in difficoltà e continuarono a fermare camionisti e a battere cassa.
Una tecnica rodata, chissà da quanto tempo, «senza la necessità di accordi preventivi», assicura il gip: tutto andava liscio seguendo un canovaccio ben definito e rodato. Fino a quando un camionista non si è ribellato e dopo essere stato fermato a Pescara è arrivato fino a Bologna è ha sporto denuncia.

«FERMIAMO QUEL SALAME»

Ma come funzionava il presunto trucchetto?
Gli agenti erano sempre due per ogni automezzo e si posizionavano nei pressi dal casello Pescara Nord della A14, spesso preferivano la carreggiata nord che consentiva di fermare gli autotrasportatori in una posizione defilata.
Da lì riuscivano a vedere tutto e soprattutto scegliere accuratamente le proprie vittime: le targhe poi erano un dettaglio fondamentale per “sorteggiare” i fortunati da spellare: polacchi, austriaci, turchi, ma anche spagnoli e inglesi erano considerati i “migliori”.
Tutti con poca dimestichezza con l’italiano, tutti disposti a “mediare” pur di non dover pagare multe salate e soprattutto tutti in transito e con poche possibilità di fermarsi a sporgere denuncia.
Una volta avvistata la preda la pattuglia si lanciava all'inseguimento del mezzo facendolo fermare su una delle piazzole. Qui si avvicinavano e cominciava la “trattativa”.
Prima si chiedeva di controllare il cronotachigrafo per poi passare alla contestazione dell'eccesso di velocità, anche se non c'era.
Per far ritirare la multa (310 euro il prezzo di quella ufficiale e la decurtazione di 5 punti) scattava la richiesta di denaro: dai 10 ai 250 euro secondo quanto lo straniero di turno aveva in tasca.
Mosse ripetute decine di volte secondo l'accusa, che riuscivano a fruttare un interessante guadagno giornaliero.

SI DIVIDEVA SEMPRE TUTTO

«Ho fatto sei», oppure «ho fatto otto» erano le frasi ricorrenti degli agenti intercettati per riferirsi alle decine di euro conseguiti con le vittime. A fine giornata si divideva sempre.
«Tutto questo accade sistematicamente in tutti gli orari dei turni di servizio, anche in occasione di rotazione dei componenti», scrive il gip.
Il tutto è stato possibile scoprirlo solo grazie alle intercettazioni delle microspie messe nelle auto di servizio gli agenti della squadra mobile diretta da Nicola Zupo. In questo modo poliziotti che indagavano hanno ascoltato i colleghi… e ne hanno sentite delle belle.
«Questo è andato meglio di prima..»., si commentava a lavoro finito. «Il gelato...bè, insomma ci esce quasi una vaschetta......di un chilo a testa....io mezza e tu....(incomprensibile)», quando il bottino era mediamente soddisfacente.
E i camionisti dell’Est Europa erano considerati i migliori, quelli cioè dai quali si riuscivano ad ottenere le somme più elevate.
«Che razza è quello?», si domandano gli agenti mentre il mezzo si avvicina «Si eccola Pola! Polacchia!>
E poi ancora. «Vai ad acchiappare quello lì. È un altro polacco (…) prendi pure il secondo. Abbiamo fatto doppietta. Questo mo lo faccio e l'altro lo fai tu»

DU IU SPIC INGLISC?

Secondo il gip gli agenti «intimoriscono lo straniero con l’abuso della loro funzione e poi, mostrandosi più comprensivi e magnanimi si dichiarano disposti a non elevare la contravvenzione in cambio di una somma di denaro di importo inferiore alla multa».
Ma perchè scegliere sempre camionisti di lingua straniera?
Ovvio: perché le difficoltà di comunicare agevolavano la contrattazione ed era quasi impossibile per le vittime riuscire a far valere la propria posizione o cercare di spiegare che non si era superato alcun limite di velocità.
Ma a volte anche per gli agenti era difficile farsi comprendere e così si procedeva a gesti.

«Ce li hai questi per pagare» chiese Di Lorenzo a uno straniero indicando i soldi. «Ce li hai questi per pagare (riferendosi al denaro), ce li hai questi?
«Vaffanculo», intervenne Voza, «va ti pigliano pure per il culo…»

Sulla strada arrivano anche dei turchi:

Voza: «vediamo sto salame».
Di Lorenzo: «adesso fermiamo un altro stronzo e poi ti fermi»
Voza: «facciamoci l’altro turco»

E qualche volta anche i bulgari:

Margiotta : «Andiamo a vedere..»
Micaletti: «Con calma»
Margiotta: «che è bulgaro? Cosa è?»
Micaletti: «boh»
Margiotta: «Bulgaria! Bulgaria! Si arresti»

A volte gli agenti erano così gentili da chiedere ai malcapitati quasi una “offerta spontanea”. All’apertura del portafoglio poi si lasciava anche qualcosa per il pranzo.

Marulli: «gli ho dato trenta»
Margiotta: «gli hai ridato? Gli hai ridato i soldi per mangiare?...va bene questo se ne va in Ungheria!»

A volte però oltre alla consegna dei soldi gli agenti riuscivano anche ad ottenere prodotti trasportati dal camion. Era l’8 maggio, Margiotta e Marulli si fecero dare delle piante, le caricano in macchina e le portano alla centrale. Durante il tragitto in macchina si commentò anche l’”acquisto”.

Margiotta: «Adesso sto andando. Questi sono i duroni, tu non hai il giardino a casa?»
Marulli: «si è pure seccato uno, aspetta!»
Margiotta: «Questi costano, eh! Questi un innesto di questo ci vuole 50 (incomprensibile) ….innestato, non è selvatico»


TUTTI INSIEME AL BANCOMAT

Quando gli autotrasportatori non avevano il denaro contante a disposizione gli agenti li scortavano al bancomat.
Successe il 18 maggio, alle ore 21.05. Alla fine però il bancomat non funzionò e i poliziotti si accontentarono di pochi spiccioli.

Micaletti: «questo ci segue»
Plevani: «questi in Romania ai bambini a sei mesi gli danno mezzo bicchiere di Vodka per farli dormire…il bancomat sta qui eccolo!»
Micaletti: «cerco un altro più comodo?»
Plevani: «no questo!»

Micaletti: «dove cazzo vai?»
Plevani: «chi è?»
Micaletti: «Dovrebbe stare dietro l’angolo»
Plevani: «l’angolo dove?»
Micaletti: «Capocchia! Ciccio! Treness! Dovrebbe stare dietro! Around the corner! Ah?»
Plevani: «Umh sei pieno di risorse!»
Micaletti: «Facile..»
Plevani: «Come gli hai detto? Non..»
Micaletti: «Ah, ah, Around the corner»
Plevani: «ah, così si dice?»
Micaletti: «dietro l’angolo»
Plevani: «Ah, ah Around come? Dove lo hai appurato questo?»
Micaletti: «questo mi è rimasto impresso quando…c’hai presente Unit 1 Unit 2, le prime pagine dell’inglese»

Ma il bancomat non funzionava e l’inglese divenne sempre più uno ostacolo. E mentre aspettavano i due agenti fecero un po’ di pratica con la lingua:

Plevani: «tra fifteen e fifty che differenza c’è?»
Micaletti: «fifteen è 15, fifty è 50»
Plevani: «eh, ci vuole un po’ di pratica…»

Intascano 50 euro e si salutarono

Micaletti: «ciao, ciccio ciao»
Straniero: «grazie»
Plevani: «è andata bene, non valeva la pena rischiare»

IL PREZZO SI FA DI VOLTA IN VOLTA


Il prezzo non era mai lo stesso ma secondo quanto emerso dalle indagini il gioco di squadra tra gli agenti poteva essere determinante.

Voza: «ehi noi fermiamo tutti, Italia, Poland, Austria. Tu oggi first (primo, ndr) stop quindi controlliamo il tuo, quindi tu ce li hai gli euro per pagare?»
Plevani: «hai 1000 euro?»
Straniero: «No fattura?»
Plevani al collega: «prendigli 30 (euro)»
Voza: «mi ha dato solo 20»
Plevani: «solo 20? Fai quello che ti pare..»
Straniero: «30?»
Plevani: «altre 10, altre 10, prendi 30»
Plevani: «lui ci voleva dare di più..»
Voza: «così è più contento pure lui»

A FINE TURNO SI FA IL CONTO

A fine turno, secondo quanto emerso dalle indagini, si facevano i conti del denaro incassato

Voza: «ieri noi siamo stati molto fortunati»
Marulli: «tutte cinque e dieci (cinque e dieci euro fatti consegnare dai camionisti, secondo l’accusa, ndr) Mica tutun, tutun, tutun! Conviene più la botta buona»
Voza: «io con Mario ne ho fermati tre! Eh, abbiamo fatto subito sei (60 euro, secondo l’accusa, ndr). A Testa, eh! Con tre camion! Lasciati immaginare quanto…! Invece ieri abbiamo fermato…abbiamo fatto un sei! (60 euro, ndr)».

Si scherzava anche sui guadagni e su possibili denunce…

Voza (con tono scherzoso): «io non ti mollo se non mi lasci il tuo salvadanaio»
Micaletti: «io non ti do un cazzo, non ti do, vammi a denunciare»
Voza: «so dove abiti, vengo a rapinare il tuo cane, quando mi dai i soldi te lo ridò»

Alessandra Lotti 31/07/2009 7.14

http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=22000


Intanto i poliziotti sono comparsi questa mattina davanti al gip per essere interrogati.
Hanno peferito non rispondere e avvalersi della facoltà di non rispondere.
Ha parlato, invece, respingendo ogni addebito, il settimo poliziotto indagato per concussione. Per lui la Procura aveva chiesto l'obbligo di dimora.

Eppure secondo la ricostruzione del pm, Giuseppe Bellelli, e del gip, Luca De Ninis, i sei indagati -che oggi devono rispondere di associazione a delinquere e concussione - avevano messo da parte il loro ruolo istituzionale ed erano diventati altro.
«Plevani, Micaletti, Margiotta, Marulli, Di Lorenzo e Voza», scrive De Ninis, «agiscono sistematicamente e professionalmente in maniera deviata rispetto ai propri compiti».
E si parla anche di «uomini in divisa» il cui unico scopo sarebbe quello di «conseguire profitti illeciti», di «un autonomo e pericoloso corpo separato dall’istituzione di appartenenza delle cui insegne e dei cui poteri gli appartenenti si avvalgono abusivamente per commettere reati».
Il pm Bellelli contesta anche l’aggravante della «scorreria in armi»: «pistole in dotazione legittimamente indossate e mai impiegate per commettere i reati contestati che però potevano rafforzare la capacità intimidatrice delle vittime».


PEDINAMENTI E CONTROLLI LUNGO L’AUTOSTRADA

E così la polizia “buona” (ovvero la Mobile) ha dovuto seguire passo passo il comportamento dei colleghi dopo la prima denuncia arrivata da un autista straniero al commissariato di Altedo, provincia di Bologna.
L’uomo raccontò di aver dovuto sborsare una tangente per evitare la multa.
Per verificare il lavoro della Stradale nelle auto di servizio sono state messe delle cimici e sono state dislocate sulla tratta autostradale tre unità operative della squadra Mobile, collegate via radio tra di loro e con personale in servizio in sala ascolto.
Il personale della sala ascolto, grazie al Gps riusciva in tempo reale a seguire gli spostamenti degli agenti della stradale.
Le informazioni raccolte venivano comunicate alle auto della Mobile sul posto che riuscivano a vedere così gli equipaggi nel momento in cui si effettuavano i controlli dei mezzi pesanti esteri.
Dopo il controllo gli agenti della Mobile fermavano nuovamente gli autisti dei mezzi pesanti, li identificavano e facevano loro domande (con l’aiuto di interpreti) su quello che era accaduto, anche a 30-50 km di distanza. Questo ha permesso di snellire e velocizzare moltissimo l’inchiesta hce infatti si è chiusa nel giro di un paio di mesi.

I RACCONTI DEI CAMIONISTI: LA STORIA E’ SEMPRE QUELLA

Sono almeno una trentina i racconti dei camionisti riportati nell’ordinanza (per un totale di appena 500 euro guadagnati dagli agenti).
Tutti hanno fatto mettere a verbale la stessa dinamica: veniva contestata loro una infrazione (a volte non commessa) e prospettata la possibilità di pagare subito una somma di denaro contante per evitare la multa.
A nessuno veniva rilasciata una ricevuta o un documento che attestasse la verbalizzazione dell’infrazione.
In alcuni casi la Squadra mobile, visionando il cronotachigrafo ha riscontrato effettivamente dei superamenti dei limite della velocità da parte degli autotrasportatori.
Superamenti che, però, non erano stati sanzionati dai colleghi della stradale che avevano preferito chiudere un occhio per assicurarsi piccole cifre, «venendo meno ad un atto del proprio ufficio», sottolinea il gip.

Sempre dal racconto dei camionisti la Squadra mobile ha scoperto che spesso i colleghi della stradale scrivevano su un foglietto di carta la somma richiesta.

Raccontò una delle vittime:

«Ha riempito (il poliziotto, ndr) una sorta di modulo con i miei dati e poi su un foglio bianco ha scritto la somma di 300 euro. Io ho fatto capire che non avevo quei soldi. L’uomo (il poliziotto, ndr) allora ha sbarrato la somma e ha scritto 200 euro. Io ho di nuovo contestato di non avere quella cifra (…). Io ho scritto 20 euro. Il poliziotto ha fatto una smorfia dicendo che non andava bene e io ho scritto 50 euro e il poliziotto ha detto che andava bene»

Ma c’era anche chi faceva richieste a voce. Ecco un altro racconto di un autotrasportatore:

«Il poliziotto mi ha detto a voce che dovevo pagare 300 euro. Io quindi gli ho consegnato il passaporto con all’interno 50 euro. Il poliziotto ha preso la banconota e mi ha restituito il passaporto. Guadagno 700 euro le multe che prendo le pago di tasca mia..»

SOSPETTI DI ESSERE OGGETTO DI INDAGINE


Non sono mancate, inoltre, le occasioni durante le quali gli agenti sotto inchiesta hanno temuto o intuito che qualcuno li stesse tenendo sotto controllo.
Un giorno un poliziotto trovò all'interno dell'autovettura di servizio un pezzo di un oggetto che non riuscì ad identificare ma che sembrava una specie di antenna. Con tono preoccupato lo mostrò al collega e si domandarono se non servisse per controllarli.
«Non è che è una cosa per incularci. Va bo’... st'antenna però è un po' strana st'antenna... per inculare a noi? Dove l'hai trovata?»

I sospetti più forti quelli di Di Lorenzo che notò una macchina già vista in altre due occasioni mentre controllavano autisti stranieri.
L’agente si mise in contatto con il proprio comando per accertare l’intestatario.
La risposta accentuò i dubbi: «appartiene alla polizia» ma non venne specificato il comando di riferimento.

Gli inquirenti, che intanto ascoltavano grazie alle microspie, decisero di mettersi in contatto con il comando della Stradale di Pescara Nord per chiedere l’assistenza di una pattuglia, simulando un servizio di polizia giudiziaria in corso. Una tecnica per confondere le acque, insomma.
Ma i due non risposero affermativamente: Di Lorenzo e Micaletti preferirono fermarsi a fare un sonnellino «a conferma della natura dei personaggi», scrive il gip.

Sono stati ascoltate anche altre conversazione durante le quali gli agenti mostravano sospetti.

Margiotta: «come fanno a risalire eventualmente a …cioè, sai cosa sto pensando..»
Micaletti: «ma impossibile, impossibile quello no. Se stanno dietro..»
Margiotta: «come quelli dell’altra notte? Tu pensi che ci stavano dietro?»
Micaletti: «Non lo so. Però ho avuto fortuna. Perché, non so per quale motivo quella macchina mi è rimasta impressa! Capito? E’ stata una botta di culo perché se mi ricapitasse altre cento volte non me ne accorgerei, poi è strano che dopo aver fatto l’accertamento, dopo dieci minuti hanno chiamato loro pure»
Margiotta: «abbiamo chiamato noi»
Micaletti: «no, noi abbiamo chiamato il comando e dopo dieci minuti il Coa ha richiamato, dopo che ci aveva dato già il risultato!» (il risultato che la macchina era della polizia, ndr)
Margiotta «eh!»
Micaletti: «però effettivamente hanno continuato a fare lo stesso tratto andavano su veloce ed in giù andavano piano! Perché aspettavano qualcuno fuori!»
Margiotta: «Eh, hai ragione dopo, io la mattina dopo ho comprato il giornale. Per vedere se avessero fatto qualcosa»
Micaletti: «non c’era niente?»
Margiotta: «non c’era un cazzo»
Micaletti: «Eh, il giorno dopo ancora sì»
Margiotta «Ah si? Qua sopra?»
Micaletti: «non lo so se qua sopra però dice che la squadra mobile aveva preso un ex proprietario (incomprensibile)…ho letto la locandina…non ho comprato il giornale»

Si cominciò a sospettare che ci fosse qualche collega che potesse tradire… ma di sicuro non all’interno del proprio gruppo.
Gli indagati, infatti, scrive De Ninis, «presuppongono l’esistenza di un vincolo preesistente, grazie al quale ciascuno deve poter contare, per la loro turpe pratica di taglieggiamento, sull’appoggio e sulla copertura degli altri».
«Appoggio e copertura», continua il gip, «che divengono attivi nel momento in cui si profila il pericolo di una indagine esterna così tutti i componenti del gruppo sono messi in allerta per fare fronte comune».
Anche se le intercettazioni si sono protatte solo per 30 giorni le condotte criminose «sono assolutamente ininterrotte», scrive infine De Ninis. Per il pericolo di reiterazione del reato è stato così disposto l’arresto e la sospensione dal servizio.

Alessandra Lotti 31/07/2009 13.10

http://www.primadanoi.it/modules/bdnews/article.php?storyid=22019

da Indymedia

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