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domenica 9 agosto 2009

Intervista a Nichi Vendola

(09 agosto 2009)

«Sento un antico odore che è quella della presenza dei servizi deviati, indirizzati o mirati. Il teorema è che tutti siamo uguali. Ma mi dispiace: io non sarò mai uguale a loro».

Nichi Vendola non cambia idea. E si dice «felice» dell´iniziativa presa dal vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, che ha invitato il Consiglio a valutare la possibilità di aprire una procedura a «tutela» della pm Desireé Digeronimo.

Perché?
«In questa maniera il Csm potrà valutare questa vicenda con serenità».

L´Italia dei Valori sostiene che lei parla della magistratura come il presidente Berlusconi.
«Non scherziamo. Ho un tale rispetto per il potere giudiziario, per le sue prerogative, la sua autonomia e indipendenza che ho sempre confidato nella capacità di autoregolamentazione. Ho evitato nel pieno di un autentico massacro che coinvolgeva me e il mio governo di attivare una procedura di scontro perché penso che l´Italia abbia bisogno di serenità ed equilibrio tra i poteri. Un conto è la delegittimazione di un potere autonomo e tutelato dalla Costituzione, come fa Berlusconi. Un altro è compiere un atto morale e non formale, come ho fatto io, riguardo una specifica situazione. Questo si chiama diritto di critica».

Lei ha ricusato il giudice che indaga su di lei?
«Intanto su di me non indaga nessuno, visto che non sono indagato. In quella lettera, con rispettosa durezza, ho affidato alla buona coscienza del pubblico ministero, una persona che ho stimato, una riconsiderazione autocritica dei suoi comportamenti».

Lei parla di una rete di «amici e parenti» che potrebbero rendere il pm Digeronimo non obiettiva. Il riferimento è all´ex marito, già consigliere regionale del centrodestra?
«Ripeto, rimetto tutto alla buona coscienza del magistrato».

Da destra dicono che lei con queste frasi in realtà mandi messaggi intimidatori.
«Il centrodestra non dovrebbe avere il coraggio di parlare. Io non ho nemmeno un avviso di garanzia. Per il mio predecessore, il ministro Raffaele Fitto, è stato invece firmato un ordine di custodia cautelare, che il Parlamento ha rigettato. È plurindagato in procedimenti scandalosissimi, per reati gravissimi. Lui però non ha avuto la mia fortuna mediatica, quando sono stato letteralmente massacrato meritando i titoli di testa del Tg 1. Oggi non c´è più bisogno di un killer per ammazzare una persona per bene come me. Basta che un´abilissima manina - che lavora per scrivere veline o inviare suggerimenti ai recapiti più vari, da destra a sinistra - costruisca una campagna di falsità. Sento un antico odore che è quella della presenza dei servizi deviati, indirizzati o mirati. Il teorema è che tutti siamo uguali. Ma mi dispiace: io non sarò mai uguale a loro».


Lo spaccato che viene fuori dalle intercettazioni telefoniche sulla sanità non è però esattamente quello della "Puglia migliore".
«Io non so se siano commessi reati, ma è indubbio che alcune di quelle conversazioni sono sintomatiche di un diffuso malcostume. Che coinvolge tutti: dalla casta medica a segmenti del sistema d´impresa, alla politica. Avremmo potuto fare di più, è vero. Ma non abbiamo mai girato la testa e poi abbiamo fatto tanto, perché prima non c´era niente: abbiamo abbattuto del 3,5 per cento la mobilità passiva extraregionale e accolto a braccia aperte i clandestini che hanno compiuto l´unico reato di ammalarsi. C´è una Puglia insomma dove non spuntano ombre, ma dove batte sempre il sole. Chi vuole ammazzare me, compie un assassinio anche di questa Puglia».

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