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domenica 2 agosto 2009

I parassiti della rete perdono colpi

Nel grande risiko per il controllo della Rete, l'accordo tra Microsoft e Yahoo! può essere equiparato alla proposta di alleanza contro un terzo più forte e agguerrito giocatore in vista dello scontro diretto. Non è infatti la fusione tanto inseguita da Microsoft diciotto mesi fa, quando il colosso di Redmond puntò al controllo di Yahoo!. Non è però neppure una alleanza significativa sul piano tecnologico. L'unico vero interesse è il fatto che il motore di ricerca Bingo sviluppato dagli eredi di Bill Gates diventerà la piattaforma tecnologica di Yahoo!, creando così le condizioni di una verifica di massa delle sue potenzialità. Per il resto è solo una carta di intenti per condividere risorse e quote di mercato, garantendo a tutte e due le società l'autonomia gestionale e imprenditoriale. E tuttavia è una notizia che non può lasciare indifferenti le realtà dell'attivismo in Rete.

In primo luogo, perché la logica dell'accordo punta a definire una rigida gerarchia di potere nel web. Su internet devono comandare due, tre imprese multinazionali e chi persegue una cultura non mercantile deve diventare un passivo spettatore o accettare il ruoto di un altrettanto passivo utente che diventa attivo solo quando deve cedere gratuitamente consigli e segnalazioni alle imprese sulle innovazioni da apportare ai loro software. L'accordo tra Microsoft e Yahoo! nasconde questa politicità, che va contrastata non appellandosi tuttavia a Google, ma sviluppando esperienza produttive – di software e di informazione – indipendenti da quelle delle multinazionali del software e dell'entertainment. Indipendenti perché fondanti sulla convinzione che la condivisione del sapere, della conoscenza, delle proprie capacità garantisca la libertà collettiva e dunque anche di quella individuale. Da qui la necessità di sviluppare un punto di vista autonomo assieme al mondo dei produttori di free software e open source.

Per le grandi multinazionali dell'High-tech, la posta in gioco nella Rete non è più solo lo sviluppo di un potente microprocessore o di un sistema operativo migliore di quello della Microsoft, ma la definizione di un modello di business capitalistico basato proprio sulla condivisione del sapere e della conoscenza e sulla capacità di sviluppare relazioni sociali da parte degli internauti. In altri termini, è il social network la materia prima che Google, Microsoft e Yahoo! vogliono piegare alla logica dominante nella produzione della ricchezza attraverso una divisione oligopolistica dei mercati nella Rete.

Un obiettivo strategico che vede Google in posizione migliore rispetto ai suoi concorrenti per la storia dei suoi fondatori e per la vision sulla rete espressa fin dagli esordi, cioè dal 1998, periodo nel quale il cosiddetto «paradigma informazionalista» afferma la sua egemonia nel capitalismo contemporaneo. Va ricordato che Larry Page e Sergej Brin sono cresciuti on-line perché Internet era già allora un medium di massa e nel cyberspazio la cultura hacker era soprattuto una attitudine che segna il ritmo della Rete.

La condivisione delle informazioni, la critica alla proprietà intellettuale, la propensione a autorganizzare il proprio lavoro, rifiutando così le gerarchie delle grandi imprese sono elementi così diffusi che i due fondatori di Google si pongono il problema di come trasformarli in un modello di business vincente e alternativo a quello di Microsoft. La società di Bill Gates, seppur produca quella merce immateriale che sono sistemi operativi e programmi informatici applicativi, è infatti una società tradizionale che sfrutta il regime di proprietà intellettuale come barriera protettiva al mercato. E quando i due giovani ragazzi devono decidere quale sia il programma di ricerca da presentare alla Stanford University Microsoft è uscita con la ossa rotte dal lungo processo avviato da una denuncia del ministero del commercio statunitense per pratiche monopolistiche. Inoltre Bill Gates sta cercando di recuperare il tempo perduto su Internet dopo che per anni ha ritenuto, presuntuosamente e con arroganza, Internet un gioco per nerds frustrati, mentre le cose serie erano quelle, ovviamente, sfornate dalla sede di Redmond.

Larry Page e Sergej Brin si pongono un problema all'altezza dei tempi. Il web è così diffuso e usato che è sempre più difficile trovare le informazioni volute.

La computer science ha in passato sviluppato algoritmi e programma di ricerca, ma sempre relativi a quantità limitate di dati. Per Internet serve un programma che accetti la sfida di una crescita costante nel tempo delle informazione. Alla Stanford University esiste un programma brevettato, ma con limiti abbastanza evidenti. Larry Page e Sergej Brin lo migliorano e fanno una proposta all'università californiana: noi vi cediamo le innovazioni apportate, ma voi ci date in concessione l'uso dell'algoritmo.

Nasce così PageRank e il relativo motore di ricerca Google. Ma i due ricercatori novelli imprenditori sono convinti che deve essere usato gratuitamente. Il business sta nel far pagare pochi centesimi inserzioni pubblicitarie.

La gratuità dei programmi e il pagamento della pubblicità è il modello di business che Larry Page e Sergej Brin riescono ad affermare. Da lì allo sviluppo dell'attuale Google la strada è breve. A Mountain View decidono di offrire gratis lo spazio per la posta elettronica personale, l'uso di Google Earth, la connessione via cellulare alla rete, mentre intraprendono la strada, in salita, di digitalizzare libri, acquistando nel frattempo YouTube, cioè acquistano uno strumento che consente di scaricare e rendere pubblici spezzoni di video. Per loro è l'ingresso in una virtual community, che può trasformarsi in un potenziale pressoché illimitato di inserzioni pubblicitarie.L'innovazione di Google sta proprio nel aver compreso che in Rete la gallina delle uova d'oro sono i contenuti e le reti sociali che si costruiscono attraverso la comunicazione on line. Un orizzonte imprenditoriale distante anni luce da quello di Microsoft, che infatti arranca e perde potere. L'accordo di alcuni giorni fa non cambierà il capitalismo mondiale. Piuttosto è l'ulteriore segnale che l'hardware è un accessorio più o meno importante, mentre il software e la cooperazione sociale sono gli elementi strategici, usando la terminologia di Manuel Castells, del capitalismo informazionale.

Al di là del contesto in cui collocare l'accordo tra Microsoft e Yahoo! Ben altra rilevanza ha proprio la cooperazione sociale. Da questo punto di vista le grandi multinazionali possono, con realismo, essere considerate parassiti di ciò che viene prodotto, in termini di contenuti e di software, proprio dalla cooperazione sociale. L'innovazione nasce proprio in una dimensione collettiva, di relazioni alla pari. Il sociologo Richard Merton indicava nel «comunismo dei ricercatori» l'elemento irrinunciabile della ricerca scientifica. Con realismo, anche la cooperazione e la condivisione della rete è l'elemento di qualsiasi innovazione tecnologica, che non contempla più e solo i manufatti prodotti, ma anche i dispositivi comunicativi e i contenuti prodotti dalla cooperazione sociale.

Il lettore avvertito della Rete sa che non siamo all'interno di un superamento del capitalismo attraverso la diffusione di un virus chiamato cooperazione. La logica dominante è sempre quella capitalistica, ma la cooperazione on-line è un elemento conflittuale rispetto alle gerarchie di potere che di volta in volta sono definite attraverso le strategie delle imprese e dei governi nazionali e degli organismi internazionali. La cooperazione non tollera infatti l'istituzionalizzazione delle gerarchie, perché si alimenta ancora di quell'attitudine hacker del passato. Per questo il pensiero critico deve distogliere lo sguardo della affascinante medusa che racconta di imprenditoria fai da te e di anarcocapitalismo. Rischia infatti di restare pietrificato da una narrazione che, enfatizza sì la cooperazione sociale ma per ricondurla all'ordine capitalistico. Occorre semmai continua a sviluppare momenti di aggregazione e di produzione di contenuti indipendenti dal discorso dominante. Per questo l'attivismo on line ha un compagno di strada nel variegato mondo della produzione di freesoftware e open source. Stessa è l'insofferenza per le pratiche monopolistiche e oligopolistiche; stessa è la critica alla colonizzazione della rete da parte del mercato; stessa, inoltre, l'alterità al regime della proprietà intellettuale. Stessa, infine, la passione a immaginare e sperimentare organizzazioni e produzioni di contenuti indipendenti. E' su questa passione che l'incontro può trovare terreno fertile per sovvertire l'ordine del discorso dominante e far crescere istituzioni e esperienze produttive legate a quella dimensione che è la produzione del comune.

di Benold

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