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venerdì 21 agosto 2009

Dietro le sbarre esplode la protesta

Sollicciano, Como, Genova, Arezzo, Perugia. Dopo ferragosto «battiture» e proteste in molti istituti. Il governo non fa nulla e pensa all'esercito

Esplode la tensione nelle carceri italiane dopo ferragosto. Ormai sono quasi 65mila i detenuti per una capienza regolamentare di 43mila posti. Dietro le sbarre fino al 31 luglio sono morte 118 persone, con 45 suicidi. Le proteste di questi ultimi giorni rischiano di assumere i profili della rivolta.
In diversi istituti la tensione è sfociata in episodi di forte contestazione, mentre sono almeno dieci i penitenziari sotto osservazione per il timore di nuove possibili proteste. A Como, 400 presenti con una capienza di circa 100 detenuti, la protesta è stata dura ed è durata tre giorni. E' cominciata con la battitura delle gavette sulle celle e i detenuti sono giunti a far esplodere le bombolette di gas utilizzate per cucinare. I corridoi di una sezione sono stati inondati di acqua e sapone. Tre sezioni su sei sono state coinvolte nella protesta che è terminata solo al termine di un incontro con la direzione. Nel carcere di Sollicciano, nel quale sono presenti circa mille reclusi a Firenze, i detenuti hanno dato fuoco a lenzuola, giornali, suppellettili e hanno dato vita ad una intensa battitura delle celle, al grido di «libertà». Per riportare la calma nella struttura è stato necessario anche l'intervento di supporto di polizia e carabinieri.
Anche ad Arezzo, 140 presenti per una capienza ufficiale di 65 posti, i detenuti hanno bruciato lenzuola e asciugamani e si sono registrati scoppi di bombolette di gas. Protesta dura, ma pacifica, che è terminata con un incontro tra detenuti e direzione. Si torna ad utilizzare per le carceri, forse con un eccesso di enfasi, la parola «rivolta» che sembrava ormai dimenticata. E invece, complici l'irrefrenabile aumento di detenuti dopo l'indulto e la fatiscenza delle carceri italiane, il clima torna ad essere teso.
Uno scenario prevedibile, visto che già a giugno scorso Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, annunciava «un'estate difficile», visto che il sovraffollamento è «un fenomeno che condurrà ad atti di estrema disperazione». Uno scenario che accomuna, insolitamente, Nord e Sud del paese. A Milano San Vittore, 1.372 presenze per una capienza di 712 posti, secondo i dati di Giorgio Bertazzini, il garante provinciale per i diritti dei detenuti, ci sono stati 200 casi di autolesionismo e un suicidio nei primi mesi del 2009. In celle da 10 metri quadri si trovano fino sei detenuti. A Udine invece, nelle celle da 30 metri quadri si arriva a 10 detenuti. Qui i presenti sono 216 contro una capienza di 105 posti. I detenuti hanno fatto lo sciopero della fame per tre giorni. Esplode anche il Dozza di Bologna, 1.150 persone su una capienza di 437 posti, quasi il triplo. Tanto che Desi Bruno, il garante bolognese, ha definito la struttura «vicina al collasso».
Un po' meno critiche le condizioni a Roma del carcere di Regina Coeli, dove ci sono "solo" 120 detenuti in più rispetto alla capienza di 760 posti. In Campania, su tutti, ovviamente, spicca il carcere di Poggioreale a Napoli, che con le sue 2.549 presenze e fino a 12 persone per cella, è insieme uno degli istituti più grandi e più sovraffollati d'Europa. Meno nota, ma non meno grave la condizione del carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove al sovraffollamento (940 presenti su 540 posti) si è aggiunta una carenza d'acqua che ha portato prima al razionamento e poi all'uso delle autobotti dei pompieri.
Situazione critica anche in Sicilia. Nel carcere di San Giuliano a Trapani, 500 presenti per una capienza di 280 posti, ad Agrigento 444 presenti su una capienza di 190 posti, all'Ucciardone di Palermo, (690 detenuti per una capienza di 419), problemi di approvvigionamento idrico e assenza di impianti di riscaldamento.
A fare la sintesi delle problematiche di ciascun istituto emerge un quadro deprimente. Molti penitenziari sono «strutturalmente» inadeguati ai nuovi standard penitenziari. In molti casi nelle celle non ci sono le docce, in altri il bagno non va oltre un lavandino e un water da dividere in troppi. Gli edifici di vecchia costruzione assorbono molte risorse ma non si prestano ad interventi di modifica strutturale. L'assistenza sanitaria è in molti casi pregiudicata dalla difficoltà delle Asl di assumere realmente la responsabilità della sanità penitenziaria decisa finalmente dal governo Prodi. In molte regioni meridionali, i deficit di bilancio e la lentezza del reale trasferimento di competenze e risorse determina tempi lunghi anche per effettuare esami medici non complessi come le lastre.
A ciò bisogna sommare la carenza di personale civile (educatori, psicologi, mediatori) e la lamentata carenza di organico da parte dei sindacati del corpo di polizia penitenziaria che conta circa 43mila agenti. Sono proprio i sindacati autonomi i critici più severi della gestione di Franco Ionta, il pubblico ministero chiamato dal governo Berlusconi a presiedere il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e a cui è affidato anche il ruolo di commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria. Il Sappe è arrivato ad accusarlo di «incapacità» e a chiederne apertamente le dimissioni.
Dal canto suo Ionta nei giorni scorsi non ha negato le evidenti difficoltà negli istituti di pena e ha dichiarato che «serve più personale», e «l'esercito potrebbe darci una consistente mano nella vigilanza all'esterno della carceri» e che «ciò rappresenterebbe un ragionevole ruolo sociale per i militari». Per Ionta, inoltre, è necessario realizzare il piano di edilizia penitenziaria «per il quale però servono risorse».
Il Piano straordinario, più volte annunciato dal ministro Alfano, sarà discusso dal consiglio dei ministri solo a settembre. Prevede la creazione di 17.891 nuovi posti entro il 2012 attraverso 48 nuovi padiglioni in carceri già esistenti, la ristrutturazione di due istituti e la realizzazione di 24 nuovi penitenziari. Il tutto a un costo di 1,5 miliardi di euro. Ma al momento sono disponibili solo 200 milioni. Per il resto si ipotizza il ricorso ai privati, con forme che al momento non sono note. Bisogna anche aggiungere che anche se il Piano fosse realizzato nel 2012, con questo andamento negli ingressi, si può comunque stimare un sovraffollamento di 15mila detenuti. In assenza di altre scelte politiche, quindi, ciò che è emergenza oggi sarà emergenza anche domani.

2 commenti:

  1. ..questo accade quando vengono ignorati i diritti civili,quando la giustizia è straniera e viene utilizzata come un'arma,quando degrado e sopraffazione annichiliscono la democrazia degli ultimi,metastasi di un mondo in delirio che spezza vite condannate ad un limbo ipocrita e malato,relegate in una squallida prigione,per un crimine che forse neanche hanno commesso,schedate da tutti,mai credute,lasciate sole con se stesse e con un'angoscia stringente che attanaglia il loro fragile animo,abbandonato dalle leggi dell'Uomo e da quelle di Dio...

    franza

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  2. E intanto... si muore....
    Non si risolve il complesso problema "carceri" con altre carceri....le carceri cono diventate oggi "il problema" e non la soluzione
    Un saluto
    Ornella

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