Dai colloqui riservati dei dirigenti: un'organizzazione ipercentralizzata con doppi livelli, la paura degli infiltrati, il servizio d'ordine e i rapporti con la Digos
Saverio Ferrari - Osservatorio democratico -
"Duemila tesserati e migliaia di simpatizzanti, sedi su tutto il territorio nazionale, 15 librerie, otto associazioni sportive, una web radio con 25 redazioni in Italia e dieci all’estero”. Con queste parole Gianluca Iannone, presidente di Casa Pound Italia, il 22 giugno scorso ha introdotto i risultati raggiunti dall'associazione, festeggiando il primo anno di attività, a Roma ad Area 19, una delle quattro occupazioni poste sotto l'egida del gruppo. È stata anche l’occasione per sottolineare come ben 150 siano state le conferenze organizzate e che a Casa Pound Italia fanno ormai riferimento “dieci gruppi musicali, una compagnia teatrale, una galleria d’arte e un circolo di cultura cinematografica”, ma soprattutto il Blocco studentesco che “ha conquistato 120 rappresentanti alle Superiori e 37 mila voti solo a Roma con una media del 18% dei consensi”. “È stato un anno intenso” - ha concluso Iannone - “che ha portato a risultati che vanno oltre quanto sperassimo, a cominciare dalla capacità del Blocco studentesco di guidare la protesta contro la riforma Gelmini”. Un giudizio decisamente ben oltre il vero anche se è indubbio che questa realtà di Casa Pound nel suo complesso rappresenti un fenomeno in crescita. Quasi un piccolo evento mediatico. I riconoscimenti a destra si sprecano: solo negli ultimi mesi la sede romana di via Napoleone III ha ospitato, a febbraio, la presentazione di un libro dell’ex brigatista rosso Valerio Morucci con Giampiero Mughini e il vicecapogruppo del Pdl in Campidoglio Luca Gramazio, occasione per lanciare un appello a “mettere fine al meccanismo diabolico dell’antifascismo”, e successivamente il 2 aprile, la proiezione del film-documentario apologetico su Bettino Craxi “La mia vita è stata una corsa”, con tanto di intervento della figlia, nonché attuale sottosegretario agli esteri, Stefania Craxi. Recentemente è stato anche pubblicato dalle edizioni Contrasto un interessante libro foto-giornalistico su Casa Pound: “OltreNero. Nuovi. Fascisti. Italiani” di Alessandro Costelli e Marco Mathieu. Una ricerca più antropologica che politica. Ultima in ordine di tempo, a fine maggio, l’intervista su l’Altro a Gianluca Iannone da parte di Ugo Maria Tassinari, da sempre loro entusiastico sponsor, che ha suscitato non poche critiche e rimostranze a sinistra.Ma dietro le quinte la realtà sembra ben diversa da quanto appaia. Non proprio nuova, si potrebbe dire, anzi, decisamente datata. Sulla base di alcuni colloqui riservati sfuggiti via internet all’uso esclusivo dei dirigenti, emergerebbe, infatti, la dimensione di un universo non proprio così originale, scevro da dogmi e aperto al dialogo con tutti.Il dibattito interno a cui ci riferiamo è dell’aprile scorso. Ebbene, il capo, ovvero Gianluca Iannone, dietro lo pseudonimo di Geronimo, nel relazionarsi con i dirigenti locali sparsi sul territorio, così illustra e detta le linee organizzative: “Le comunità vanno strutturate in cerchi concentrici, il primo deve essere il direttivo, il secondo cerchio deve essere quello della comunità e poi i vari cerchi con tutti gli altri. Per comunità intendo un insieme di persone che mantengono un segreto, uno zoccolo duro serrato, fido, agguerrito…”. Il terrore è quello delle infiltrazioni: “Siate sempre diffidenti” – dice – “occhio soprattutto a vecchi camerati di vecchie organizzazioni che si riaffacciano dal nulla. Noi vi fidate di nessuno. Siamo una foresta che cresce. Occhio ai parassiti”. In questo quadro, tra citazioni di Alessandro Pavolini e altri, si invitano tutti a “dare informazioni il meno possibile”. “Chi vuole conoscerci realmente” - queste le conclusioni - “chiama e si fissa un appuntamento. In questo periodo dobbiamo essere molto selettivi”. Anche il mondo delle curve è vissuto con un certo sospetto: “Se inteso come contenitore per aggregare e poi formare al di fuori, lo stadio è fondamentale e ho grande rispetto per i gruppi perché anche noi ne abbiamo uno forte e radicato”, ma “gli stadi pullulano di infiltrati. La politica trasportata nello stadio porta dietro un sacco di controlli e situazioni con le forze dell’ordine”.L’impianto sembrerebbe quello già sperimentato delle formazioni neofasciste degli anni Settanta, ipercentralizzate e compartimentate, con doppi livelli, impermeabili e pronte allo scontro non solo politico. “Ogni regione” – è sempre Iannone a parlare – “deve avere un minimo di 10 elementi facenti parte del servizio d'ordine nazionale che faranno capo direttamente al coordinatore regionale e al sottoscritto. Compito dei coordinatori regionali è individuare gli attivisti più portati a discipline marziali e unirli sotto il servizio d'ordine locale. Il servizio d'ordine deve essere basato su un reale allenamento settimanale e una serie di letture mirate che saranno comunicate in seguito. Bell'aspetto (interiore ed esteriore) e sangue freddo sono solo i primi due requisiti per accedere a questa struttura che avrà riunioni nazionali e compiti delicati. Appartenere al servizio d'ordine è un onore che non tutti possono rivestire. Scegliete bene”.
C’è dunque un piccolo Duce al vertice di Casa Pound che tutto decide e comanda, ma soprattutto sarebbe interessante sapere a cosa dovrebbe servire un servizio d’ordine e quali siano “i compiti delicati” di cui si parla. Anche alla luce di alcune inquietanti ammissioni in relazione ai rapporti non sempre conflittuali che sembrerebbero intercorrere tra alcune sedi di Casa Pound e le Digos locali. “Solita amicizia con la Digos” – comunica il responsabile di Siena a cui fa da sponda Perugia – “Qua la situazione è la solita, fanno gli amiconi e i cammarati”. Storie già sentite. Anche queste.
da Antifa
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