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lunedì 29 giugno 2009

Vecchi incubi latinoamericani

Una giornata triste quella di ieri in Honduras. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo quando in piena guerra fredda i colpi di stato militari erano all’ordine del giorno, quando sovvertire l’ordine democratico e la volontà popolare era legittimo e accettato. Forse però una giornata così triste servirà invece a dimostrare che un cambio di epoca è già avvenuto, che i soprusi militari e oligarchici già non hanno futuro, né in Honduras, né nell’intera America Latina.
All’alba di una domenica nella quale il popolo hondureño era chiamato a esprimersi in una consulta popolare e non vincolante politicamente, solo per decidere il possibile inserimento nelle prossime elezioni di novembre di una urna speciale per la formazione di una Assemblea Costituente, il paese centroamericano si risvegliava assistendo al sequestro da parte dell’esercito del presidente legittimamente eletto Manuel Zelaya, costretto con la forza ad abbandonare il territorio nazionale per rifugiarsi in Costarica.

La capitale hondureña si ritrovava senza elettricità, con i canali radio fuori onda e i canali televisivi d’informazione come Canal 8 bloccato dai militari.

Il colpo di stato, temuto nei giorni precedenti, era ormai in atto. Veniva sequestrato il presidente eletto democraticamente con una irruzione militare nella sua residenza che rimandava a vecchi incubi. Chi conosce la storia latinoamericana non poteva fare a meno di ricordare l’assalto alla Moneda di Santiago del Cile quell’11 settembre 1973 che costringeva alla morte Salvador Allende aprendo la strada alla dittatura militare di Augusto Pinochet.

Il Congresso hondureño illegalmente cercava di formare un governo illegittimo, contrario alla volontà dei propri elettori. Una lettera chiaramente falsa cercava di dimostrare che Zelaya avesse rinunciato volontariamente alla sua carica, e Micheletti, appoggiato dai partiti conservatori e di destra, veniva nominato come nuovo presidente in carica.

Nel frattempo però per le strade di tutto il paese centroamericano, nonostante l’occupazione militare di molti quartieri e delle vie di comunicazione principali, la popolazione iniziava spontaneamente una resistenza pacifica. Non riusciva né poteva accettare l’ennesimo sopruso, l’ennesimo tentativo di venire azzittita, di venire violentata dai gruppi d’interesse e dai poteri forti che con l’appoggio militare cercavano di proteggere lo stato delle cose ed evitare una nuova Costituzione e l’espressione democratica.

Per fortuna però da quel 1973 del colpo di stato in Cile sono passati più di 40anni, l’America Latina è cresciuta politicamente ed è cambiata. A livello internazionale gli equilibri sono diversi ed l’intero blocco latinoamericano, superando le differenze politiche, dalla Colombia di Uribe e il Messico di Calderon, ai governi politicamente più vicini a Zelaya come Venezuela, Ecuador e Nicaragua, si dimostrava deciso ed unito. Da più lati piovevano condanne e prese di posizione come quella della OEA (Organizzazione degli Stati Americani) che affermava di non riconoscere nessun tipo di governo che non sia quello democraticamente eletto di Manuel Zelaya e ne esigeva il ritorno incondizionato del presidente alla sua carica.

Questa volta anche l’Unione Europea e, forse ancora troppo timidamente, anche il governo Obama negli Stati Uniti, condannava il colpo di stato militare ed il tentativo di sovvertire l’ordine democratico di un governo legittimo ed eletto dal popolo.

L’organizzazione del colpo di stato sembra così sempre completamente isolata a livello internazionale, dimostrando una forte debolezza politica e dimostrando che l’epoca dei soprusi e delle violazioni alle democrazie è forse terminata.

Ci si aspetta ora un ritorno di Zelaya in Honduras, ci si aspetta una condanna mondiale severa agli organizzatori del colpo di Stato. Si spera che non ci sia nessun tipo di negoziazione con il gruppo dei golpisti. Finalmente il cambio di epoca sembra essere avvenuto. Lo si era capito già nel 2002 quando il popolo venezuelano sventava il colpo di stato ai danni di Chávez. Fu un primo segnale di cambiamento. Questa volta la reazione del blocco latinoamericano è stata molto più forte, questa volta si è dimostrata un'unione latinoamericana reale, questa volta anche gli Stati Uniti hanno ricoperto un ruolo più adeguato e garantista.

Per tutti Zelaya è il presidente in carica, questa volta il gruppo oligarca/militare golpista sembra avere le ore contate.

Di Antonio Pagliula
in esclusiva da Città del Messico con il blog sull'America Latina http://www.verosudamerica.com/

Leggi anche:
Nuovo presidente illegittimo in Honduras in seguito al colpo di Stato
Colpo di stato in Honduras - Diretta

3 commenti:

  1. la democrazia è ancora lontana da questi luoghi... ma anche dall'Italia!

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  2. Grande Ser
    facci sapere qualcosa sulle elezioni che si stanno svolgendo in Argentina; le notizie sono di una sconfitta da parte della Kirchner.
    Facci sapere
    Ciao Antò

    Nico Musardo

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