La morte di Stefano Cucchi, con l'emozione e l'indignazione seguita alla pubblicazione delle fotografie del suo corpo martoriato, ha avuto l'effetto di scoperchiare il "calderone infernale" delle morti in carcere, di far conoscere all'opinione pubblica un dramma solitamente relegato alla ristretta cerchia degli "addetti ai lavori". Con il Dossier "Morire di carcere" abbiamo ricostruito centinaia e centinaia di vicende di detenuti morti, citando fonti, luoghi, nomi e circostanze. In alcuni casi i loro famigliari ci hanno inviato delle fotografie, come prova del fatto che le "versioni ufficiali" non raccontavano la verità, o la raccontavano parzialmente
Nelle carceri italiane muoiono in media 150 detenuti l'anno, dei quali un terzo circa per suicidio (1.005 casi accertati, dal 1990 ad oggi), un terzo per cause immediatamente riconosciute come "naturali", e il restante terzo per "cause da accertare", che indicano tutti i casi nei quali viene aperta un'inchiesta giudiziaria.
La morte di Stefano Cucchi, con l'emozione e l'indignazione seguita alla pubblicazione delle fotografie del suo corpo martoriato, ha avuto l'effetto di scoperchiare il "calderone infernale" delle morti in carcere, di far conoscere all'opinione pubblica un dramma solitamente relegato alla ristretta cerchia degli "addetti ai lavori".
Con il Dossier "Morire di carcere" abbiamo ricostruito centinaia e centinaia di vicende di detenuti morti, citando fonti, luoghi, nomi e circostanze. In alcuni casi i loro famigliari ci hanno inviato delle fotografie, come prova del fatto che le "versioni ufficiali" non raccontavano la verità, o la raccontavano parzialmente.
Sono immagini che "parlano da sole": morti per "infarto" con la testa spaccata, per "suicidio" con suicidio con ematomi e contusioni in varie parti del corpo. Quello che non è possibile vedere, ma a volte emerge dalle perizie mediche (quando vengono disposte e poi è dato conoscerne l'esito), sono costole spezzate, milze e fegati "spappolati", lesioni ed emorragie interne.
Questo è quanto emerge dalle cronache, dalle perizie, dalle fotografie (quando ci arrivano) e questo è quanto ci limitiamo a testimoniare. Se ci sono responsabilità per queste morti e, nel caso, chi sono i responsabili, non spetta a noi dirlo, ma alla magistratura.
Di seguito sono riportati 30 casi, in ordine cronologico, tratti dal dossier "Morire di carcere" (alcuni corredati da immagini), casi che a nostro avviso richiederebbero un approfondimento nelle sedi opportune.
....leggi l'articolo integrale QUI
giovedì 12 novembre 2009
Roberto Saviano: «Dico no ai partiti, non posso legarmi a nessuno»
Ospite di Fazio per una trasmissione su «La bellezza e l'inferno», respinge ogni offerta di candidatura
NAPOLI — «Non è la prima volta che mi viene proposto, ma per fare lo scrittore devo essere super partes. Non posso legarmi a nessuno schieramento». Roberto Saviano ringrazia Claudio Fava, ma, nell’intervista a Linea notte, chiude definitivamente la porta all’eventualità di una sua candidatura alla Regione Campania. Caldeggiata da Sinistra e libertà con una lettera aperta a l’Unità, rilanciata da due deputati del Partito democratico, Guglielmo Vaccaro e Eugenio Mazzarella. Ieri si doveva tenere anche un incontro tra l’autore di Gomorra e il segretario regionale del Pd, Enzo Amendola. È saltato, ma i due si rivedranno la prossima settimana.
Anche se, par di capire, non vi fosse l’intenzione, da parte di Amendola, di chiedere a Saviano un impegno diretto in politica. E nella politica campana, soprattutto. Piuttosto, nella fase preelettorale, avere un punto di vista altro, da un osservatore che conosce a fondo il territorio e la piaga della camorra. Che incrocia altre storie, altri drammi, nelle due ore e mezzo di monologo, in parte tratto dal suo spettacolo teatrale, andate in onda nella puntata monotematica di «Chetempochefa». Dall’inferno alla bellezza, un percorso che può avvenire soltanto grazie alla parola. Ecco allora la vicenda delle ragazze uccise a Teheran, di Miriam Makeba e di Castelvolturno dove la cantante africana è morta e dell’eccidio dei nordafricani da parte di un commando di Casalesi, di Anna Politkovskaja, di Varlam Salamov e dello scrittore nigeriano Ken Saro-Wiva, impiccato a Lagos. E la storia della costruzione di Villaggio Coppola. Dove, dice Saviano, Vincenzo e Cristoforo Coppola hanno costruito 12 mila edifici abusivi distruggendo la pineta marittima. Sono le 22 circa. Si vede un frammento di un documentario del 2003, «L’esplosione » di Piperno», in cui ci sono le immagini di Villaggio Coppola agli albori. Quando si stava costruendo. In bianco e nero. Poi la lunga storia. A schermo intero. Saviano è al centro dello studio intorno le otto torri. Che esplodono. Il Ground zero di Castelvolturno. «Oggi al posto delle torri ci sono le macerie. La bonifica consisterà di costruire nel territorio una settantina di appartamenti. A chi va? Ai Coppola ». E lo scrittore racconta come, quel terreno, sia diventato «il paradiso», con il campo da golf, «tra i più belli del mondo». Poi c’è un’altra Castelvolturno, quella dell’eccidio dei nordafricani. E che ha accolto Myriam Makeba. Proprio per onorare quelle vittime e per portare solidarietà a lui, lo scrittore minacciato dalla camorra, dai Casalesi, Miriam Makeba aveva accettato di cantare a Castelvolturno. Finito il concerto, colta da malore morì anche per il ritardo dei soccorsi: «Ho scritto ai familiari — racconta Saviano — perché mi sentivo in colpa che Miriam fosse morta lontano dalla sua terra per la quale si era battuta per tutta la vita. I familiari mi hanno risposto con una lettera: Miriam è morta in Africa ». Quel luogo, Castelvolturno, è diventata la prima città africana d’Europa.
Simona Brandolini
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2009/12-novembre-2009/roberto-saviano-dico-no-partiti-non-posso-legarmi-nessuno--1601998798482.shtml
NAPOLI — «Non è la prima volta che mi viene proposto, ma per fare lo scrittore devo essere super partes. Non posso legarmi a nessuno schieramento». Roberto Saviano ringrazia Claudio Fava, ma, nell’intervista a Linea notte, chiude definitivamente la porta all’eventualità di una sua candidatura alla Regione Campania. Caldeggiata da Sinistra e libertà con una lettera aperta a l’Unità, rilanciata da due deputati del Partito democratico, Guglielmo Vaccaro e Eugenio Mazzarella. Ieri si doveva tenere anche un incontro tra l’autore di Gomorra e il segretario regionale del Pd, Enzo Amendola. È saltato, ma i due si rivedranno la prossima settimana.
Anche se, par di capire, non vi fosse l’intenzione, da parte di Amendola, di chiedere a Saviano un impegno diretto in politica. E nella politica campana, soprattutto. Piuttosto, nella fase preelettorale, avere un punto di vista altro, da un osservatore che conosce a fondo il territorio e la piaga della camorra. Che incrocia altre storie, altri drammi, nelle due ore e mezzo di monologo, in parte tratto dal suo spettacolo teatrale, andate in onda nella puntata monotematica di «Chetempochefa». Dall’inferno alla bellezza, un percorso che può avvenire soltanto grazie alla parola. Ecco allora la vicenda delle ragazze uccise a Teheran, di Miriam Makeba e di Castelvolturno dove la cantante africana è morta e dell’eccidio dei nordafricani da parte di un commando di Casalesi, di Anna Politkovskaja, di Varlam Salamov e dello scrittore nigeriano Ken Saro-Wiva, impiccato a Lagos. E la storia della costruzione di Villaggio Coppola. Dove, dice Saviano, Vincenzo e Cristoforo Coppola hanno costruito 12 mila edifici abusivi distruggendo la pineta marittima. Sono le 22 circa. Si vede un frammento di un documentario del 2003, «L’esplosione » di Piperno», in cui ci sono le immagini di Villaggio Coppola agli albori. Quando si stava costruendo. In bianco e nero. Poi la lunga storia. A schermo intero. Saviano è al centro dello studio intorno le otto torri. Che esplodono. Il Ground zero di Castelvolturno. «Oggi al posto delle torri ci sono le macerie. La bonifica consisterà di costruire nel territorio una settantina di appartamenti. A chi va? Ai Coppola ». E lo scrittore racconta come, quel terreno, sia diventato «il paradiso», con il campo da golf, «tra i più belli del mondo». Poi c’è un’altra Castelvolturno, quella dell’eccidio dei nordafricani. E che ha accolto Myriam Makeba. Proprio per onorare quelle vittime e per portare solidarietà a lui, lo scrittore minacciato dalla camorra, dai Casalesi, Miriam Makeba aveva accettato di cantare a Castelvolturno. Finito il concerto, colta da malore morì anche per il ritardo dei soccorsi: «Ho scritto ai familiari — racconta Saviano — perché mi sentivo in colpa che Miriam fosse morta lontano dalla sua terra per la quale si era battuta per tutta la vita. I familiari mi hanno risposto con una lettera: Miriam è morta in Africa ». Quel luogo, Castelvolturno, è diventata la prima città africana d’Europa.
Simona Brandolini
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2009/12-novembre-2009/roberto-saviano-dico-no-partiti-non-posso-legarmi-nessuno--1601998798482.shtml
La Repubblica dei giocattoli
Il bilancio negativo di due progetti
di GIOVANNI SARTORI
La cosiddetta Seconda Repubblica ce la stiamo godendo da un quindicennio. Qual è il bilancio a oggi? Quando ne scriveranno gli storici a mente più distaccata della nostra, probabilmente diranno, immagino, che non ha combinato quasi nulla di costruttivo. Ha mantenuto più che altro le infrastrutture materiali e di personale della Prima, peggiorate dall’usura del tempo e dalla cattiva gestione, mentre ha brillato per l’invenzione di due «giocattoli»: il progetto Italia di Prodi e il progetto Italia di Berlusconi. Il giocattolo di Prodi è oramai esploso, come era inevitabile, uccidendo prima se stesso (il suo ultimo governo), poi Veltroni e Franceschini, così lasciando in eredità a Bersani un partito dimezzato. Mi limito a ricordare che Rutelli, alle elezioni del 2001, ottenne quasi il 43% dei suffragi, mentre oggi come oggi Bersani, senza Rutelli, non può contare su più del 20% dell’elettorato. Il fiasco del giocattolo di Prodi è davvero da manuale. Invece Berlusconi, all’inizio, nel 1994, non aveva in mente un progetto Italia; perduta la copertura di Craxi voleva soprattutto salvare il suo nascente impero mediatico. Ma ebbe subito un’idea geniale, che poi diventò il suo giocattolo: porsi come anello di congiunzione tra un Bossi e un Fini che allora neanche si salutavano. Nacque così uno strano terzetto che nel ’94 vinse le elezioni e lo insediò a Palazzo Chigi.
Dopo sei mesi fu Bossi a silurarlo. Ma quindici anni dopo lo strano terzetto (modificato) è di nuovo, per la terza volta e più forte che mai, al governo. Modificato perché nel frattempo Berlusconi aveva messo a segno un altro colpo. Il progetto prodiano era stato di fondere attorno a sé tutta la sinistra. Prodi ha coltivato questo disegno per una quindicina di anni senza cavarne le gambe. Berlusconi ha contromanovrato in un giorno, e tempo un anno ha messo assieme Forza Italia e An rifuse sotto il nome di Popolo della Libertà. Con i colonnelli di Fini diventati «suoi», suoi ministri, mentre Fini viene promosso per essere emarginato. Sembrerebbe un’altra operazione geniale andata a buon fine. Tanto più che la Lega, senza volerlo, gli ha regalato una legge elettorale, il Porcellum , che gli consente di presentarsi alle elezioni da solo, di vincerle da solo, e così di ottenere grazie al premio di maggioranza, il 55% dei seggi della Camera: il che lo svincolerebbe anche dal condizionamento di Bossi. Insomma, il giocattolo del Cavaliere ha sinora funzionato a meraviglia. Eppure la costruzione berlusconiana scricchiola. Forse il Cavaliere è logorato dalla sua vita di «superman » ( ipse dixit ). Forse è logorato perché il potere logora. Ma soprattutto scricchiola perché ha incubato un problema più grande di lui. Nonostante lo sgambetto iniziale, Bossi è diventato il suo alleato di ferro. E più Bossi si rafforza, più diventa esigente. Di recente, a Venezia, ha rispolverato il suo grido di battaglia iniziale: «La Padania sarà Stato indipendente ».
Non succederà; ma già il federalismo fiscale sta più che mai spaccando il Paese in due. L’Italia è sempre stata divisa tra un Nord più ricco e più pulito, e un Sud clientelare e povero. Finora il Nord ha accettato, sia pure con crescente malavoglia, di sovvenzionare il Sud. Ma perché la Sicilia deve essere più indipendente della Padania? Già, perché? Alle ultime elezioni Berlusconi in Sicilia ha stravinto. Gratis? Sicuramente no. E così la gestione scandalosa dell’autonomia siciliana continua impunita e si moltiplica risalendo la penisola. Il Sud non vuole l’indipendenza perché dipende dai soldi che riceve da Roma. Ma vuole gli stessi vantaggi che Bossi chiede per sé. Il nuovo «presidente » della Sicilia, Lombardo, è tosto; ed è un anti-Bossi in pectore. Il fatto è che quanto più Berlusconi concede a Bossi, e quanto più gli lascia spazio elettorale a Nord, di altrettanto il Pdl diventa un partito meridionalizzato che sempre più pesca i suoi voti al Sud.
Ma il voto del Sud è particolarmente inquinato da mafie, clientelismo e corruzione. Non è un voto che si vince con la televisione, ma un voto che si deve pagare e comprare in loco. Pertanto i genuflessi di Montecitorio sanno che sul territorio i voti se li debbono guadagnare, e quindi rialzano il capino facendo sapere al gran capo che alla casa propria «ghe pensi mi». La cerniera Nord-Sud non tiene più, e si sta trasformando in un imprevisto boomerang. Al colmo del suo potere il Cavaliere scricchiola, mi sembra, perché è la sua Italia che si scolla. Il «progetto Berlusconi» rischia anch’esso di esplodere, o di implodere, come il progetto Prodi. Come dicevo all’inizio, forse gli storici spiegheranno come me la vicenda della Seconda Repubblica: una repubblica del nulla che però è riuscita, sia con la sinistra che con la destra, a ingigantire oltre misura il debito pubblico, a precipitare agli ultimi posti in Europa nel suo tasso di crescita, a perdere 15 punti nella produttività del lavoro, a salvare pensioni anticipate che nessun Paese si può permettere, e via di questo passo. Quanto ai prossimi (passi), io mi affido a San Gennaro.
http://www.corriere.it/editoriali/09_novembre_12/repubblica_giocattoli_137163d0-cf51-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml
di GIOVANNI SARTORI
La cosiddetta Seconda Repubblica ce la stiamo godendo da un quindicennio. Qual è il bilancio a oggi? Quando ne scriveranno gli storici a mente più distaccata della nostra, probabilmente diranno, immagino, che non ha combinato quasi nulla di costruttivo. Ha mantenuto più che altro le infrastrutture materiali e di personale della Prima, peggiorate dall’usura del tempo e dalla cattiva gestione, mentre ha brillato per l’invenzione di due «giocattoli»: il progetto Italia di Prodi e il progetto Italia di Berlusconi. Il giocattolo di Prodi è oramai esploso, come era inevitabile, uccidendo prima se stesso (il suo ultimo governo), poi Veltroni e Franceschini, così lasciando in eredità a Bersani un partito dimezzato. Mi limito a ricordare che Rutelli, alle elezioni del 2001, ottenne quasi il 43% dei suffragi, mentre oggi come oggi Bersani, senza Rutelli, non può contare su più del 20% dell’elettorato. Il fiasco del giocattolo di Prodi è davvero da manuale. Invece Berlusconi, all’inizio, nel 1994, non aveva in mente un progetto Italia; perduta la copertura di Craxi voleva soprattutto salvare il suo nascente impero mediatico. Ma ebbe subito un’idea geniale, che poi diventò il suo giocattolo: porsi come anello di congiunzione tra un Bossi e un Fini che allora neanche si salutavano. Nacque così uno strano terzetto che nel ’94 vinse le elezioni e lo insediò a Palazzo Chigi.
Dopo sei mesi fu Bossi a silurarlo. Ma quindici anni dopo lo strano terzetto (modificato) è di nuovo, per la terza volta e più forte che mai, al governo. Modificato perché nel frattempo Berlusconi aveva messo a segno un altro colpo. Il progetto prodiano era stato di fondere attorno a sé tutta la sinistra. Prodi ha coltivato questo disegno per una quindicina di anni senza cavarne le gambe. Berlusconi ha contromanovrato in un giorno, e tempo un anno ha messo assieme Forza Italia e An rifuse sotto il nome di Popolo della Libertà. Con i colonnelli di Fini diventati «suoi», suoi ministri, mentre Fini viene promosso per essere emarginato. Sembrerebbe un’altra operazione geniale andata a buon fine. Tanto più che la Lega, senza volerlo, gli ha regalato una legge elettorale, il Porcellum , che gli consente di presentarsi alle elezioni da solo, di vincerle da solo, e così di ottenere grazie al premio di maggioranza, il 55% dei seggi della Camera: il che lo svincolerebbe anche dal condizionamento di Bossi. Insomma, il giocattolo del Cavaliere ha sinora funzionato a meraviglia. Eppure la costruzione berlusconiana scricchiola. Forse il Cavaliere è logorato dalla sua vita di «superman » ( ipse dixit ). Forse è logorato perché il potere logora. Ma soprattutto scricchiola perché ha incubato un problema più grande di lui. Nonostante lo sgambetto iniziale, Bossi è diventato il suo alleato di ferro. E più Bossi si rafforza, più diventa esigente. Di recente, a Venezia, ha rispolverato il suo grido di battaglia iniziale: «La Padania sarà Stato indipendente ».
Non succederà; ma già il federalismo fiscale sta più che mai spaccando il Paese in due. L’Italia è sempre stata divisa tra un Nord più ricco e più pulito, e un Sud clientelare e povero. Finora il Nord ha accettato, sia pure con crescente malavoglia, di sovvenzionare il Sud. Ma perché la Sicilia deve essere più indipendente della Padania? Già, perché? Alle ultime elezioni Berlusconi in Sicilia ha stravinto. Gratis? Sicuramente no. E così la gestione scandalosa dell’autonomia siciliana continua impunita e si moltiplica risalendo la penisola. Il Sud non vuole l’indipendenza perché dipende dai soldi che riceve da Roma. Ma vuole gli stessi vantaggi che Bossi chiede per sé. Il nuovo «presidente » della Sicilia, Lombardo, è tosto; ed è un anti-Bossi in pectore. Il fatto è che quanto più Berlusconi concede a Bossi, e quanto più gli lascia spazio elettorale a Nord, di altrettanto il Pdl diventa un partito meridionalizzato che sempre più pesca i suoi voti al Sud.
Ma il voto del Sud è particolarmente inquinato da mafie, clientelismo e corruzione. Non è un voto che si vince con la televisione, ma un voto che si deve pagare e comprare in loco. Pertanto i genuflessi di Montecitorio sanno che sul territorio i voti se li debbono guadagnare, e quindi rialzano il capino facendo sapere al gran capo che alla casa propria «ghe pensi mi». La cerniera Nord-Sud non tiene più, e si sta trasformando in un imprevisto boomerang. Al colmo del suo potere il Cavaliere scricchiola, mi sembra, perché è la sua Italia che si scolla. Il «progetto Berlusconi» rischia anch’esso di esplodere, o di implodere, come il progetto Prodi. Come dicevo all’inizio, forse gli storici spiegheranno come me la vicenda della Seconda Repubblica: una repubblica del nulla che però è riuscita, sia con la sinistra che con la destra, a ingigantire oltre misura il debito pubblico, a precipitare agli ultimi posti in Europa nel suo tasso di crescita, a perdere 15 punti nella produttività del lavoro, a salvare pensioni anticipate che nessun Paese si può permettere, e via di questo passo. Quanto ai prossimi (passi), io mi affido a San Gennaro.
http://www.corriere.it/editoriali/09_novembre_12/repubblica_giocattoli_137163d0-cf51-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml
Bce: prevenire rischio disoccupazione strutturale
In tutti i Paesi dell'Eurozona "assume un'importanza cruciale un maggior impegno a favorire la crescita sostenibile e l'occupazione poiché la crisi finanziaria potrebbe avere inciso verosimilmente sulla capacità produttiva delle economie dell'area". Lo scrive la Bce nel Bollettino mensile, spiegando che "la moderazione nella fissazione dei salari, una sufficiente flessibilità dei mercati del lavoro ed efficaci incentivi all'occupazione sono indispensabili per prevenire una disoccupazione strutturale molto più elevata nei prossimi anni".
La Bce inoltre ha rivisto al ribasso le aspettative sul tasso di disoccupazione per il 2009 e il 2010 di 0,2 e 0,3 punti percentuali collocandole ora al 9,5% (da 9,7% in luglio) e 10,6% (da 10,9%) rispettivamente. La consueta indagine trimestrale è stata condotta dalla Bce presso 54 previsori tra il 15 e il 19 ottobre. Per il 2011 gli intervistati si aspttano in media che il tasso di disoccupazione si collochi al 10,4% (-0,2 punti percentuali rispetto al 10,6% di luglio). Invariate all'8,5% le attese sul tasso di disoccupazione a più lungo termine (per il 2014).
Pil eurozona, stime in rialzo +0,6%) per il 2009
Migliorano nettamente le prospettive di crescita dell'Eurozona: a prenderne atto sono i previsori della Bce che le hanno modificate per il 2009, apportando un significativo innalzamento di 0,6 punti percentuali rispetto all'ultimo rilevamento (luglio) e si aspettano ora che il pil in termini reali dell'Eurozona faccia registrare una contrazione del 3,9% nel 2009 (-4,5% nella stima
precedente). Come si legge nel Bollettino mensile della Bce, anche le aspettative di crescita per il 2010 e il 2011 sono state riviste al rialzo (rispettivamente di 0,7 e 0,1 punti percentuali) e si collocano attualmente all'1% (da +0,3%) e a 1,6% (da +1,5%) rispettivamente.
Le aspettative di crescita più a lungo termine (nel 2014) sono rimaste invariate all'1,9%. Nel motivare la revisione al rialzo delle attese di crescita dell'Eurozona per il 2009, 2010 e 2011, i 56 previsori intervistati hanno fatto riferimento alla ripresa del commercio mondiale (sospinta dai mercati emergenti), al contributo positivo delle scorte e agli effetti delle misure di politica economica adottate dai Governi e dalla Bce, ma sono stati menzionati anche diversi fattori che potrebbero frenare la crescita.
Tra questi, un inasprimento delle condizioni creditizie e un basso tasso di utilizzo della capacità produttiva con conseguente impatto avverso sugli investimenti, un apprezzamento dell'euro penalizzante per le esportazioni, un deterioramento delle prospettive del mercato del lavoro in termini di alta disoccupazione e ulteriore rallentamento della crescita dei salari che porti a sua volta a una riduzione del reddito reale e dei consumi. Alcuni intervistati, segnala la Bce, hanno sottolineato che la crescita potrebbe perdere slancio nella prima metà del 2010 con il progressivo esaurirsi di vari pacchetti di stimolo fiscale. Riguardo alle stime sull'inflazione, molti previsori hanno detto di aspettarsi che l'ampio 'output gap' e il sottoutilizzo della capacità produttiva esercitino pressioni al ribasso sull'inflazione, che in base alle attese dovrebbe rimanere al di sotto del 2% nel medio termine. Per la maggior parte degli intervistati, i principali rischi al rialzo per l'inflazione sono gli aumenti dei prezzi del petrolio e delle materie prime.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/11/bce.shtml?uuid=a7256e50-cf6f-11de-8d3d-25b1f8eeb130&DocRulesView=Libero
La Bce inoltre ha rivisto al ribasso le aspettative sul tasso di disoccupazione per il 2009 e il 2010 di 0,2 e 0,3 punti percentuali collocandole ora al 9,5% (da 9,7% in luglio) e 10,6% (da 10,9%) rispettivamente. La consueta indagine trimestrale è stata condotta dalla Bce presso 54 previsori tra il 15 e il 19 ottobre. Per il 2011 gli intervistati si aspttano in media che il tasso di disoccupazione si collochi al 10,4% (-0,2 punti percentuali rispetto al 10,6% di luglio). Invariate all'8,5% le attese sul tasso di disoccupazione a più lungo termine (per il 2014).
Pil eurozona, stime in rialzo +0,6%) per il 2009
Migliorano nettamente le prospettive di crescita dell'Eurozona: a prenderne atto sono i previsori della Bce che le hanno modificate per il 2009, apportando un significativo innalzamento di 0,6 punti percentuali rispetto all'ultimo rilevamento (luglio) e si aspettano ora che il pil in termini reali dell'Eurozona faccia registrare una contrazione del 3,9% nel 2009 (-4,5% nella stima
precedente). Come si legge nel Bollettino mensile della Bce, anche le aspettative di crescita per il 2010 e il 2011 sono state riviste al rialzo (rispettivamente di 0,7 e 0,1 punti percentuali) e si collocano attualmente all'1% (da +0,3%) e a 1,6% (da +1,5%) rispettivamente.
Le aspettative di crescita più a lungo termine (nel 2014) sono rimaste invariate all'1,9%. Nel motivare la revisione al rialzo delle attese di crescita dell'Eurozona per il 2009, 2010 e 2011, i 56 previsori intervistati hanno fatto riferimento alla ripresa del commercio mondiale (sospinta dai mercati emergenti), al contributo positivo delle scorte e agli effetti delle misure di politica economica adottate dai Governi e dalla Bce, ma sono stati menzionati anche diversi fattori che potrebbero frenare la crescita.
Tra questi, un inasprimento delle condizioni creditizie e un basso tasso di utilizzo della capacità produttiva con conseguente impatto avverso sugli investimenti, un apprezzamento dell'euro penalizzante per le esportazioni, un deterioramento delle prospettive del mercato del lavoro in termini di alta disoccupazione e ulteriore rallentamento della crescita dei salari che porti a sua volta a una riduzione del reddito reale e dei consumi. Alcuni intervistati, segnala la Bce, hanno sottolineato che la crescita potrebbe perdere slancio nella prima metà del 2010 con il progressivo esaurirsi di vari pacchetti di stimolo fiscale. Riguardo alle stime sull'inflazione, molti previsori hanno detto di aspettarsi che l'ampio 'output gap' e il sottoutilizzo della capacità produttiva esercitino pressioni al ribasso sull'inflazione, che in base alle attese dovrebbe rimanere al di sotto del 2% nel medio termine. Per la maggior parte degli intervistati, i principali rischi al rialzo per l'inflazione sono gli aumenti dei prezzi del petrolio e delle materie prime.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/11/bce.shtml?uuid=a7256e50-cf6f-11de-8d3d-25b1f8eeb130&DocRulesView=Libero
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