Oggi, 23 giugno, si chiude ufficialmente una fase turbolenta della politica, quella che ha decretato l’insediamento alla presidenza della provincia di Lecce, il rappresentante delle destre Gabellone.
Andando a ritroso, appare forse inutile definire gli stadi che questa campagna elettorale ha contraddistinto. Può invece essere utile e forse opportuno delineare il cammino intrapreso dal Movimento per la Sinistra a Nardò. La nostra giovane formazione si è trovata subito innanzi la patata bollente delle elezioni. Da un movimento critico come il nostro ci si sarebbe potuti aspettare un disimpegno dal punto di vista della militanza attiva ma piuttosto una lotta per screditare tutte le candidature, in una fase della rappresentanza politica davvero asfittica e povera di personalità perlomeno rispettabili.
L’imposizione della candidata presidente Loredana Capone è stata subita dai membri del Movimento per la Sinistra Nardò: crediamo che ogni elezione abbia garanzia democratica solo se si ricorre all’istituto delle primarie.
Per quanto riguarda questa elezione, invece, è stato differente poiché la signora Capone non è stata sottoposta ad alcuna verifica da parte del corpo elettorale dei gruppi politici di base ma per pura cooptazione ella si è scoperta candidata. Gli unici a chiedere primarie all’interno della coalizione di centro e sinistra sono stati i gruppi del Movimento per la Sinistra mentre gli altri hanno tutti, all’unisono, imposto la Capone.
Da questo passo falso nasce questa contesa elettorale. Noi del Movimento per la Sinistra Nardò, dopo vari chiarimenti (inter-nos) abbiamo deciso di scendere al fianco del presidente Vendola più che sostenere la Capone, e per quanto ci è stato possibile cercare di spostare quanto più a sinistra i consensi della coalizione.
Troppe volte, schifati dai metodi poco trasparenti dell’attuale politica ci siamo ritirati e abbiamo riversato le nostre angosce e paure su noi stessi ma questa volta abbiamo deciso di cambiare strategia.
Ci siamo presi per mano e abbiamo costituito a Nardò una barriera contro le falsità, il malcostume e il malaffare: siamo contro LA POLITICA DEL FAVORE. Dopo una campagna elettorale d’avanguardia siamo riusciti a coagulare intorno a noi, con le candidature di Claudia Raho a Nardò e Maurizio Maccagnano al collegio di Galatone, 345 voti liberi. E Nardò non è libera affatto; vista dal mio cannocchiale è una roccaforte di amoralità presa in mezzo fra interessi padronali e feudali e organizzazioni mafiose che fanno il servizio. Ma da un paio di mesi può annoverare nel cuore della città una luce che è alimentata da fiamme di speranze composte da liberi volontari e coraggiosi prodi, uomini e donne che vogliono liberarla e liberarsi da ataviche oppressioni, da miserie umane e materiali.
A tutti i politicanti di ogni livello e grado, ai dilettanti della gestione della cosa pubblica, agli equilibristi come D’Alema, Latorre, Casini, Pellegrino, Poli Bortone e Fitto voglio dire che devono fare i loro conti col presidente Vendola e con i giovani. Per tutto il danno che stanno arrecando a noi e ai più piccoli prima o poi dovranno pagare e allora arriverà il momento della verità. Per noi, giovani del Movimento Per La Sinistra Nardò, quel momento, “l’operazione verità”, è già cominciato.
Per questo chiedo a tutte le persone oneste e ai più giovani che sicuramente son più puliti, di partecipare e avvicinarsi a questo nuovo soggetto politico.
Ci potete trovare tutti i giorni al circolo di via Nicola Ingusci n°6.
NARDO’ LIBERA !!!!!!!!!!!!
P.S.
“L’onda del pensiero meridiano prima o poi ci coglierà e alla fine tutto ci parlerà d’Africa……………………………”
Angelo Cleopazzo
martedì 23 giugno 2009
LA VITTORIA DEL CENTRO-DESTRA
Sono veramente contento di come sia andato l’esito del ballottaggio, è normale che mi idigna l’avanzamento così pericoloso delle destre; la conseguente elezione di Gabellone mi fa capire che occorre fare tanta strada prima di vedermi esultante per la vittoria DELLA VERA SINISTRA. Contento, ma si fa per dire, nel vedere sconfitta (parlo della provincia di Lecce e di Nardò in particolare) una coalizione, progettata per il ballottaggio quindi in seguito alla prima tornata elettorale, nella quale convivevano accanto alla Capone, se non in maniera ufficiale ma quantomeno ufficiosa, persone come l’ex sindaco di Nardò Dell’Anna (UDC) o come la Poli Bortone di estrazione missina ed ex sindaco di Lecce.Incredibile ma vero. Nello stesso calderone convivevano amorevolmente PD, Partito Socialista, Italia dei Valori, Sinistra per il Salento, Rifondazione Comunista, Io Sud, UDC ed altri.
Sono molto deluso e amareggiato rispetto a tutto questo. Una coalizione del genere, parlo di me e tutta soggettiva come sensazione, non me la sarei mai immaginata. Non è il partire che volevo.
Immaginavo una rivoluzione culturale che partendo da sinistra avesse tentato di modellare e modificare una mentalità bigotta che ormai si sta radicando sempre più.
Appoggiare in questo modo la candidatura della Capone non fa altro che screditare il Movimento e soprattutto l’elettorato che ha creduto e crede nella verginità di questo “partito”.
La situazione neretina è molto particolare e quindi un accordo del genere sembrava surreale.
Ho paura di questo tipo di logiche, di queste strategie perverse che non fanno altro che confondere sempre più.
Ma in che modo vogliamo fare quest’unica sinistra?????????
Io spero non così, spero che sia stato solo un tentativo disperato per tentare di avere qualche consigliere provinciale (Sinistra per il Salento appena 2). Spero che non sia così anche in futuro, preferirei far passare degli anni e tentare di costruire qualcosa che sia veramente di sinistra, che cercare accordi stupidi solo per una questione di voti.
Mi sono stancato della solita frase cretina della politica intesa solo come uno strumento di voto. Io la intendo in maniere differente. Non è solo voti ma è anche quotidiano dialogo con chi ha bisogno, ma non per avere un voto di ritorno; è scendere in piazza e urlare contro le varie ingiustizie che giornalmente ci colpiscono; è creare una comunità capace di accogliere chi sta in difficoltà (mi riferisco per esempio ai lavoratori stagionali extracomunitari; per loro –non vorrei dire una cazzata, se è così fatela pure una correzione- si sono raccolte delle firme per non farli sostare nelle vicinanze dello stadio); politica è anche cercare di scardinare ciò che di clientelare e mafioso c’e’ all’interno di qualsiasi ente che dovrebbe tutelare e salvaguardare il cittadino.
Dobbiamo cacciare i vampiri dai palazzi del potere.
Ora ritornando ai risultati del ballottaggio vorrei informarvi di una cosa: ieri sera ero con un mio amico, tornandome a casa e percorrendo l’eterno cantiere aperto della Nardò-Pagani, mi sono trovato d’avanti ai miei occhi dei festeggiamenti un po’ particolari. Erano i ragazzi di estrema destra che esultavano per la vittoria (ormai è usanza nel nostro paese fare dei caroselli dopo vittorie politiche, è successo prima del ballottaggio con il candidato dell’UDC Cosimo Frasca, addirittura uno slogan diceva “santo subito” ), sventolando una bandiera sulla quale non era mica disegnato il simbolo del PDL ma una bella croce celtica.
A questi stronzi vorrei dire che non si può inneggiare al fascismo e che possono essere oggetto di denunce, in quanto il loro comportamento va contro quella che è la nostra costituzione, scritta da chi il fascismo lo aveva subito per vent’anni.
ORA E SEMPRE RESISTENZA
P.S.
Vorrei ricordare che il blog è aperto a tutti i componenti del nostro gruppo e non solo –se volete rispondere al mio sfogo io sarò felice di pubblicare l’articolo
Nico Musardo
Sono molto deluso e amareggiato rispetto a tutto questo. Una coalizione del genere, parlo di me e tutta soggettiva come sensazione, non me la sarei mai immaginata. Non è il partire che volevo.
Immaginavo una rivoluzione culturale che partendo da sinistra avesse tentato di modellare e modificare una mentalità bigotta che ormai si sta radicando sempre più.
Appoggiare in questo modo la candidatura della Capone non fa altro che screditare il Movimento e soprattutto l’elettorato che ha creduto e crede nella verginità di questo “partito”.
La situazione neretina è molto particolare e quindi un accordo del genere sembrava surreale.
Ho paura di questo tipo di logiche, di queste strategie perverse che non fanno altro che confondere sempre più.
Ma in che modo vogliamo fare quest’unica sinistra?????????
Io spero non così, spero che sia stato solo un tentativo disperato per tentare di avere qualche consigliere provinciale (Sinistra per il Salento appena 2). Spero che non sia così anche in futuro, preferirei far passare degli anni e tentare di costruire qualcosa che sia veramente di sinistra, che cercare accordi stupidi solo per una questione di voti.
Mi sono stancato della solita frase cretina della politica intesa solo come uno strumento di voto. Io la intendo in maniere differente. Non è solo voti ma è anche quotidiano dialogo con chi ha bisogno, ma non per avere un voto di ritorno; è scendere in piazza e urlare contro le varie ingiustizie che giornalmente ci colpiscono; è creare una comunità capace di accogliere chi sta in difficoltà (mi riferisco per esempio ai lavoratori stagionali extracomunitari; per loro –non vorrei dire una cazzata, se è così fatela pure una correzione- si sono raccolte delle firme per non farli sostare nelle vicinanze dello stadio); politica è anche cercare di scardinare ciò che di clientelare e mafioso c’e’ all’interno di qualsiasi ente che dovrebbe tutelare e salvaguardare il cittadino.
Dobbiamo cacciare i vampiri dai palazzi del potere.
Ora ritornando ai risultati del ballottaggio vorrei informarvi di una cosa: ieri sera ero con un mio amico, tornandome a casa e percorrendo l’eterno cantiere aperto della Nardò-Pagani, mi sono trovato d’avanti ai miei occhi dei festeggiamenti un po’ particolari. Erano i ragazzi di estrema destra che esultavano per la vittoria (ormai è usanza nel nostro paese fare dei caroselli dopo vittorie politiche, è successo prima del ballottaggio con il candidato dell’UDC Cosimo Frasca, addirittura uno slogan diceva “santo subito” ), sventolando una bandiera sulla quale non era mica disegnato il simbolo del PDL ma una bella croce celtica.
A questi stronzi vorrei dire che non si può inneggiare al fascismo e che possono essere oggetto di denunce, in quanto il loro comportamento va contro quella che è la nostra costituzione, scritta da chi il fascismo lo aveva subito per vent’anni.
ORA E SEMPRE RESISTENZA
P.S.
Vorrei ricordare che il blog è aperto a tutti i componenti del nostro gruppo e non solo –se volete rispondere al mio sfogo io sarò felice di pubblicare l’articolo
Nico Musardo
BALLOTTAGGIO ELEZIONI PROVICIALI LECCE 2009
Provincia di LECCE
Elettori 730.915
I turno
Votanti 499.751 68,37%
Schede bianche 18.888 3,77%
Schede nulle 14.529 2,90%
Schede contestate 12 0,00%
e non assegnate
II turno
Votanti 331.127 45,30%
Schede bianche 7.911 2,38%
Schede nulle 5.748 1,73%
Schede contestate 24 0,00%
e non assegnate
Sezioni scrutinate 804 su 804
Antonio Maria Gabellone eletto con 162.179 51,08%
Lordana Capone 155.265 48,91%
La coalizione di Gabellone andrà a governare con 22 seggi, quella del cento-sinistra ne avrà 8 e la Io sud e unione di centro ne avranno 2 a testa.
da sito della prefettura di Lecce
Elettori 730.915
I turno
Votanti 499.751 68,37%
Schede bianche 18.888 3,77%
Schede nulle 14.529 2,90%
Schede contestate 12 0,00%
e non assegnate
II turno
Votanti 331.127 45,30%
Schede bianche 7.911 2,38%
Schede nulle 5.748 1,73%
Schede contestate 24 0,00%
e non assegnate
Sezioni scrutinate 804 su 804
Antonio Maria Gabellone eletto con 162.179 51,08%
Lordana Capone 155.265 48,91%
La coalizione di Gabellone andrà a governare con 22 seggi, quella del cento-sinistra ne avrà 8 e la Io sud e unione di centro ne avranno 2 a testa.
da sito della prefettura di Lecce
Berlusconi, a modo suo
“Se dovessimo scegliere il politico più sessista d’Europa, Silvio Berlusconi sarebbe sicuramente il vincitore”, sentenzia oggi il Guardian in un editoriale sul presidente del consiglio.
“In Italia sta venendo alla luce una serie di scandali che riguardano la sua relazione con alcune belle donne. Dovrebbe essere una causa di grande imbarazzo per il premier italiano, che sperava di potersi concentrare solo sulla preparazione del G8, ma il suo atteggiamento verso le donne è solo uno della miriade di motivi per cui gli italiani non avrebbero dovuto eleggerlo tre volte. E il suo successo è in gran parte dovuto al crollo del sistema politico italiano negli anni novanta, che ha lasciato spazio a opportunisti e xenofobi”.
Berlusconi’s way, The Guardian, Gran Bretagna
da Internzaionale
“In Italia sta venendo alla luce una serie di scandali che riguardano la sua relazione con alcune belle donne. Dovrebbe essere una causa di grande imbarazzo per il premier italiano, che sperava di potersi concentrare solo sulla preparazione del G8, ma il suo atteggiamento verso le donne è solo uno della miriade di motivi per cui gli italiani non avrebbero dovuto eleggerlo tre volte. E il suo successo è in gran parte dovuto al crollo del sistema politico italiano negli anni novanta, che ha lasciato spazio a opportunisti e xenofobi”.
Berlusconi’s way, The Guardian, Gran Bretagna
da Internzaionale
Referendum: altro che fallimento, uno scossone
La stampa straniera si occupa del mancato raggiungimento del quorum ai referendum in Italia. Secondo Miguel Mora, sul País, la disaffezione degli italiani per la politica ha toccato il suo picco massimo“Lo scorso fine settimana gli italiani hanno dato uno scossone alla loro deludente classe politica. Il messaggio delle urne è chiaro: non ne possono più. Da un lato, lo spettacolo di veline e prostitute offerto dal presidente del consiglio, dall’altro, la retorica fasulla e la falsa opposizione. Così un referendum elettorale appoggiato dai due grandi partiti del paese ha raggiunto il quorum del 23 per cento. È la partecipazione più bassa nella storia del paese”.
da Internazionale
da Internazionale
La Somalia dichiara lo stato di emergenza
Il presidente somalo, Sharif Sheikh Ahmad, assediato nel suo palazzo di Mogadiscio, ha proclamato lo stato di emergenza, per cercare di contenere l’offensiva dei ribelli che dura ormai da sei settimane.L’annuncio del presidente arriva mentre si intensificano i colloqui su un possibile intervento militare da parte degli stati vicini per combattere i gruppi islamici. Lo stato di emergenza non avrà un grande impatto in un paese dove regna il caos dal 1991 e dove le forze governative non hanno più alcun controllo, ma potrebbe favorire l’intervento di altri stati. Per diventare effettivo, il decreto deve ancora essere approvato dal parlamento, ma non è ancora chiaro dove e quando si riunirà l’Assemblea nazionale. -Mail & Guardian, Sudafrica
Termini Imerese, bloccati i treni dagli operai in sciopero
Le tute blu dello stabilimento Fiat protestano contro l'ipotesi di eliminare la produzione di auto nella fabbrica siciliana.
L'avevano promesso: sarebbe statauna settimana di fuoco quella che comincia oggi. E cosi' e'. Il lunedi' delle tute blu dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell'indotto e' iniziato con uno sciopero di due ore che dovrebbe concludersi alle 9.30. Ma la protesta di oggi contro la decisione del Lingotto di eliminare la produzione di automobili nella fabbrica siciliana, potrebbe andare ben oltre. Di sicuro gli operai non si fermeranno al blocco delle catene di montaggio.
Per oggi gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese hanno bloccato la circolazione dei treni alla stazione ferroviaria di Fiumetorto. Protestano contro la decisione del Lingotto di eliminare la produzione di automobili nella fabbrica siciliana. Molta tensione tra i circa 2 mila lavoratori che non credono alla possibilità di un futuro sganciato dalle auto.
Tra grida e rabbia inizia la nuova fase di dura protesta che ricorda, nei toni e nei metodi, quella che sette anni fa impedì la chiusura, che sembrava ormai scritta e inevitabile, dello stabilimento. "Come allora anche oggi - dice Roberto Mastrosimone della Fiom Cgil - impediremo i piani di quanti vogliono ancora una volta penalizzare Termini Imerese. Iniziamo con lo sciopero e l'occupazione dei binari della stazione, ma non ci fermeremo".
Domani è atteso il vertice alla Regione, con Raffaele Lombardo e i sindacati, che dovrà definire una posizione e un documento unitari da sottoporre a Sergio Marchionne.
da Infoaut
L'avevano promesso: sarebbe statauna settimana di fuoco quella che comincia oggi. E cosi' e'. Il lunedi' delle tute blu dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell'indotto e' iniziato con uno sciopero di due ore che dovrebbe concludersi alle 9.30. Ma la protesta di oggi contro la decisione del Lingotto di eliminare la produzione di automobili nella fabbrica siciliana, potrebbe andare ben oltre. Di sicuro gli operai non si fermeranno al blocco delle catene di montaggio.
Per oggi gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese hanno bloccato la circolazione dei treni alla stazione ferroviaria di Fiumetorto. Protestano contro la decisione del Lingotto di eliminare la produzione di automobili nella fabbrica siciliana. Molta tensione tra i circa 2 mila lavoratori che non credono alla possibilità di un futuro sganciato dalle auto.
Tra grida e rabbia inizia la nuova fase di dura protesta che ricorda, nei toni e nei metodi, quella che sette anni fa impedì la chiusura, che sembrava ormai scritta e inevitabile, dello stabilimento. "Come allora anche oggi - dice Roberto Mastrosimone della Fiom Cgil - impediremo i piani di quanti vogliono ancora una volta penalizzare Termini Imerese. Iniziamo con lo sciopero e l'occupazione dei binari della stazione, ma non ci fermeremo".
Domani è atteso il vertice alla Regione, con Raffaele Lombardo e i sindacati, che dovrà definire una posizione e un documento unitari da sottoporre a Sergio Marchionne.
da Infoaut
GIANNI LETTA INDAGATO A POTENZA
L'alter ego di Silvio Berlusconi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e' indagato dalla procura di Potenza per una sfilza di reati che vanno dalla turbativa d'asta alla corruzione (articoli 416, 110, 353, 354 e 640 bis del codice di procedura penale). Altri inquisiti eccellenti il casertano Mario Morcone, capo dipartimento per le Liberta' Civili e la Immigrazione al ministero degli Interni, e i fratelli Chiorazzo, Angelo e Pietro Francesco, potentini, a capo di una vera e propria holding che ha fatto della solidarieta' (trovando ora la manna nei centri d'accoglienza per immigrati) il suo grande business.
Il procuratore capo di Potenza, John Woodcock, ha raccolto una impressionante mole di documenti, verbalizzazioni, intercettazioni, poi trasmesse per competenza al tribunale dei ministri di Roma. Che, a quanto pare, ha chiesto al pm anglo-napoletano gia' autore di inchieste al calor bianco, ulteriori approfondimenti, vista la delicatezza dei temi trattati e soprattutto per le cariche istituzionali ricoperte da alcuni indagati.
A cosa porteranno questi approfondimenti? Si andra' a rapidi stralci ed eventuali archiviazioni in istruttoria? Oppure l'inchiesta si allarghera' ulteriormente e poi portera' alla richiesta di rinvii a giudizio? Noi qui proviamo a ricostruire lo scenario, che vede in campo pezzi da novanta dell'establishment istituzionale, politici di livello nazionale e locale, perfino vip del Vaticano, fino a una ciurma di lacche' e faccendieri secondo il piu' consumato costume nostrano.
LAe#8200;PROVAe#8200;DEL 49
«La vicenda e' tanto piu' inquietante perche' arriva non solo a toccare la vicepresidenza del consiglio - c'e' chi fa notare al ministero della Giustizia - ma anche gli Interni, proprio in queste settimane alla prese con la patata bollente dell'immigrazione e con il prolungamento della permanenza nei cosiddetti CIE (gli ex CTP) e CARA fino a sei mesi, il che significa un affare che s'ingrossa per chi gestisce quei centri». Al Viminale, comunque, fin da novembre era allarme rosso. Quando gli 007 del Noe (nucleo operativo ambiente) fanno irruzione proprio negli uffici del dipartimento per le Liberta' Civili (sic) con una precisa richiesta di esibizione atti: in sostanza, dopo il provvedimento governativo che decideva in tutta fretta di aprire - per la solita, comoda emergenza - 49 centri provvisori di accoglienza, gli inquirenti decidono di verificare se tutti gli atti amministrativi sono a posto, a partire dalla scelta (a quanto pare del tutto discrezionale) delle societa' che devono gestire i centri, fino all'acquisizione delle strutture, per finire con i servizi e tutto quanto fa business immigrazione.
«L'inchiesta e' partita dalla procura di Potenza - c'e' chi spiega in via Arenula - perche' a Policoro, nel materano, e' stato aperto in tempo reale un centro. La Auxilium che fa capo ai Chiorazzo ha infatti ottenuto l'assegnazione dell'appalto per la gestione di quel centro ancor prima di aver presentato documenti e certificazioni necessarie». Solite storie di appalti aggiudicati a societa' che nascono il giorno dopo; fatto sta che le antenne di Woodcock si drizzano ugualmente in tempo reale e si arriva al blitz nelle ovattate stanze del Viminale.
La notizia ha scarso rilievo sui media nazionali, poche righe nelle cronache locali di Stampa e Corsera. Qualcosina in piu' trapela circa tre mesi fa, a meta' marzo, quando Repubblica Bari parla dei fratelli Chiorazzo indagati per la gestione del Cara di Bari, sulla cui aggiudicazione provvede a mettere la mano sul fuoco il prefetto del capoluogo pugliese Carlo Schilardi. «Agli atti - precisa il quotidiano diretto da Ezio Mauro - ci sono centinaia di telefonate dei tre indagati (il terzo e' un dipendente del gruppo Auxilum, Salvatore Manolascina, ndr) con dirigenti del ministero degli Interni: non a caso a Roma e' indagato Mario Morcone, l'attuale capo del dipartimento immigrazione». Dell'imputazione per Letta neanche un cenno; si' perche' il nome del possibile, prossimo capo dello Stato (Cavaliere permettendo) finisce nella lunga lista dei telefonisti, nella mole di intercettazioni che vedono costantemente da un capo del filo un Chiorazzo (o uno della band) e dall'altro pezzi da novanza dei palazzi (da Clemente Mastella alla segreteria di Giulio Andreotti, fino al sindaco di Roma Gianni Alemanno e al suo vice ed ex senatore di An Mauro Cutrufo), anche sull'altra sponda del Tevere (un nome su tutti, quello del cardinal Tarcisio Bertone, il vice di Ratzinger).
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Il nome dei Chiorazzo - raccontano nel Palazzaccio della Cassazione a Roma - comincia a far capolino nelle cronache giudiziarie anni 80: alcune vicende realtive ai soliti appalti solidali finite nell'altrettanto solita bolla di sapone. I fratelli, del resto, hanno spalle forti e, soprattutto, amicizie che contano, soprattutto in ambienti politici vicini alla Curia, tanto che il numero uno della dinasty potentina, Angelo, veniva soprannominato o vaticanista. I nomi piu' gettonati? Giulio Andreotti, Gianni Letta e Clemente Mastella. A quanto pare, e' proprio lui, l'Angelo delle mense per immigrati, a organizzare piu' di un incontro fra l'ex ministro della Giustizia e il cardinal Bertone. E' proprio lui uno dei superaficionados al seguito del leader ceppalonese nella celebre trasferta su Aerbus presidenziale per il gran premio di Monza. E' lui, del resto, uno dei principali referenti al Sud (e non solo) per Comunione e Liberazione, gomito a gomito con Antonio Saladino, l'altro faccendiere legato a CL e inquisito numero uno della maxi inchiesta Why Not portata avanti (e poi scippatagli) dall'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris.
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Ma diamo uno sguardo all'impero societario targato Chiorazzo. Al vertice della piramide il Consorzio Gruppo La Cascina. Da brivido le cifre: un fatturato annuo che supera i 200 milioni di euro; oltre 6 mila dipendenti (localizzati soprattutto al Sud, quasi la meta'); 1 milione 800 mila i pasti erogati attraverso le strutture societarie; superfici immobiliari trattate (cosi' viene precisato nel sito del gruppo) pari a ben 30 milioni di metri quadrati. Il tutto attraverso un agguerrito drappello di sigle: Vivenda spa (che puo' contare sul contributo pubbico e allegro di Sviluppo Italia, che concorre al 30 per cento delle azioni), Cascina Global Service (secondo alcune fonti la vera cassaforte dei Chiorazzo), NAER (che a sua volta controlla La Cascina scpa), Cater Bio srl (tanto per un tocco di biologico), Villa Ombrellino srl (stavolta per un tocco glamour, essendo specializzata in Doney Ricevimenti).
Insomma, un pacchetto completo, una full list per immigrati, diversamente abili, disadattati, minoranze e ladies: da accudire, servire, ristorare e, soprattutto, mungere come vacche d'oro, visto che - per fare un solo esempio, come spesso e volentieri sottolineato dai Chiorazzo nelle disinvolte conversazioni telefoniche - «per ogni pasto giornaliero ci mettiamo in tasca 49 euro». Che moltiplicato per il numero dei centri e degli immigrafi fa una cifra letteralmente astronomica.
Il principale capo di imputazione individuato dalla procura di Potenza a carico di Letta, Morcone e dei Chiorazzo sarebbe quello di aver messo in piedi un'associazione a delinquere finalizzata a reati come turbativa d'asta e corruzione, in grado di operare sul territorio nazionale. Punto di partenza, la decisione di aprire a settembre 2008 il Centro di Accoglienza per i Richiedenti Asilo politico (C.A.R.A.) di Policoro. Negli stessi giorni veniva stipulata una convenzione tra la prefettura di Matera e la Auxilium, sottoscritta in data 12 settembre 2008. Lungo questi passaggi ci sarebbe stata l'intromissione illecita di Gianni Letta e del prefetto Morcone per favorire l'assegnazione della gestione del CARAe#8200;di Policoro alla Auxilium dei Chiorazzo. Una scelta che sarebbe addirittura stata imposta.
E tanto per precisare meglio, piu' avanti, si parla di regia impositiva svolta da Letta, di procedura illecita, clientelare e contraria agli interessi della pubblica amministrazione, organizzando in epoca antecedente all'8 agosto 2008 l'affidamento diretto della gestione del centro CARA di Policoro a favore della Auxilum. Un rilievo di tutta valenza politica, visti i tempi e i modi di mettere in campo i provvedimenti sull'immigrazione.
Una catena d'interessi, abusi e collusioni, quella che viene ipotizzata alla Procura, con i fratelli Chiorazzo e le loro societa' in veste di monopolisti delle attivita' economiche connesse all'emergenza immigrazione per ricavarne illeciti profitti.
E che il business sia consistente, lo dicono le cifre: il gruppo La Cascina-Auxilium e' all'opera presso i centri Cara di Bari (circa 1200 immigrati), Policoro (circa 200) e Taranto (400 immigrati, di prossima apertura). Il giro d'affari viene per giunta ammantato da intenti caritatevoli e solidali. Tanto solidali che i Chiorazzi avevano cercato di ottenere anche la gestione dei Cara di Crotone e Foggia, benche' quest'ultimo fosse gia' gestito dalla Croce Rossa.
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Non solo i cari centri per immigrati tra i business dei Chiorazzo. La clientela e' vastissima e variegata, per catering e servizi. Si va dalle piu' prestigiose sedi istituzionali (dalla Presidenza del Consiglio al Senato, passando per la bouvette del Campidoglio e le scuderie del Quirinale, fino a Regione Lazio e Comune di Roma, Comune di Genova, Regione Basilicata) ai piu' celebri centri d'arte (Palazzo Ducale di Venezia, Arena di Verona, Reggia di Caserta, caffetteria di Palazzo Pitti a Firenze), dalle piu' rinomate Universita' e accorsate Scuole (La Sapienza di Roma, Superiore di Sant'Anna a Pisa, Marymount International School, St.George's e St.Stephen's English School) ai centri sanitari pubblici e privati (San Raffaele e Luigi Sacco a Milano, Gesu' Bambino, Fatebenefratelli e Sant'Andrea a Roma, San Carlo a Potenza), oltre ad una sfilza di societa' e sigle di grido e non. Tra le prime, Pirelli, Ansaldo Energia, Johnson e Johnson, eBay.
Tra le seconde spicca il Castello di Utveggio, a Palermo, il luogo dei misteri nella strage di via D'Amelio, sede del Cerisdi, organismo dei servizi segreti, appena passato sotto la guida di Elio Cardinale: ma che cosa ci fa la Auxilium al Cerisdi? Fornisce pasti o quali altri servizi?
Puo' aver peso la circostanza che Angelo Chiorazzo risulti appartenente ad una loggia massonica? Staremo a vedere, dovra' essere la maxi inchiesta potentina a chiarirlo.
Ed e' proprio nelle pagine dei faldoni investigativi che farebbero capolino svariati altri affaire. Nel mirino ci sarebbero i rapporti con la Agenzia delle Entrate, con il municipio della Capitale, una gara d'appalto al ministero della Difesa, un appalto Policlinico Gemelli di Roma. Ancora, i rapporti con un magistrato in servizio al tribunale di Roma, e gare alla Asl 1 di Venosa e all'azienda ospedaliera San Carlo, entrambe nel potentino.
Quello del fisco e' un tasto che scotta. Ammonterebbe infatti a 150 miliardi di vecchie lire un debito nei confronti dell'Agenzia delle Entrate che i Chiorazzo vorrebbero risolvere nel modo piu' conveniente possibile. Per questo cercano di mettere in campo pezzi da novanta come Gianni Letta, il quale a sua volta sarebbe intervenuto sul direttore dell'Agenzia delle Entrate di Roma, Attilio Befera, per agevolare La Cascina riducendo e diluendo nel tempo l'ammontare della somma da pagare. Al punto che un deferente Befera avrebbe personalmente telefonato ai Chiorazzo per sollecitare un incontro transattivo.
Una vicenda che sta molto a cuore (e alle tasche) dei Chiorazzo, i quali pensano bene di mobilitare anche Mastella. E fu proprio al ministero della Giustizia, non presso l'Agenzia delle Entrate, che i Chiorazzo erano riusciti ad incontrare un funzionario dell'Agenzia. Ma come aveva avuto origine un'evasione cosi' colossale? Semplice. Non e' stata versata allo Stato l'Iva sulle vendite dal 2001 al 2005 (e tenuto conto del fatturato arcimilionario annuo fa presto a lievitare) e neanche le ritenute sugli emolumenti corrisposti ai dipendenti (basta calcolare 6.000 unita' e passa). Ma La stessa denuncia fatta dall'Agenzia delle Entrate alla Procura della capitale contestava solo il mancato versamento di ritenute per i compensi erogati dalla cooperativa nel 2004, vale a dire solo per circa 1 milioni e settecentomila euro. E la montagna degli altri 73 milioni e spiccioli? Dimenticata per strada? Chicca finale - sempre nel ramo fiscale - il gioco di prestigio inventato dai Chiorazzo relativo ai rami d'azienda trasferiti da La Cascina ad altre societa' del gruppo. Transazioni che secondo gli investigatori servivano per sottrarre ai creditori e all'erario i flussi dei pagamenti disposti da enti pubblici in favore di societa' del gruppo. E si parla di decine di milioni di euro.
SALDIe#8200;ee#8200;APPALTIe#8200;
Sempre in tema milionario, passiamo ai rapporti con il comune di Roma. Anche stavolta si tratta di ottenere in tempi rapidi il saldo di una fatturina emessa da Vivenda spa - una controllata della solita La Cascina - nei confronti dell'amministrazione capitolina. L'amico del giaguaro, stavolta, si chiama Maurizio Cutrufo, senatore di An, all'epoca dei fatti vice di Gianni Alemanno in Campidoglio. Grazie agli ottimi rapporti con Cutrufo, Angelo Chiorazzo riesce ad incontrare, nel corso di una cena, il sindaco Gianni Alemanno. Passano appena 48 ore e Emilio Fusco Roussier, responsabile di Vivenda, fa sapere ad Angelo Chiorazzo di aver appena ricevuto una missiva firmata da Alemanno in cui viene sottolineato che per garantire la continuita' del servizio ristorazione scolastica, i crediti derivanti dalle prestazioni rese da settembre 2008 saranno gestiti nell'ambito dell'amministrazione ordinaria degli organi comunali. Un'utile e indispensabile garanzia - commentano in Campidoglio - di solvibilita' per Vivenda, tanto piu' perche' la societa' e' in attesa di un anticipo del credito da parte dello Sviluppo Italia Factoring.
ILe#8200;GIUDICEe#8200;AMICO
Sempre a Roma l'appalto per il servizio mensa al Policlinico Gemelli, che i Chiorazzo sarebbero riusciti ad aggiudicarsi grazie alla presentazione del sottosegretario Letta presso Amerigo Cicchetti. Per rimanere all'ombra del Cupolone e ritrovarci di nuovo in compagnia dei soliti Chiorazzo e del dinamico Cutrufo, eccoci alla story dei rapporti con una toga romana. Tutto parte da Giuseppe Sangiuliano, segretario particolare di Cutrufo, cui sta a cuore un procedimento giudiziario pendente davanti alla Corte d'Appello di Roma. Pensa bene, Sangiuliano, di contattare l'amico Angelo affinche' possa perorare la sua causa presso un giudice amico. Che si chiama, in questo caso, Vincenzo Vitalone. «La cortesia che sarebbe stata concessa da Vitalone a Sangiuliano - commentano a Potenza - per intercessione dello stesso Chiorazzo, dovra' poi essere ricambiata da quest'ultimo sponsorizzando presso un influente personaggio la candidatura di Vitalone ad un'ambita carica istituzionale». Nipote del piu' celebre Claudio Vitalone, il giudice Vincenzo e' stato in servizio presso la decima sezione del tribunale civile di Roma.
Nelle cronache giudiziarie il suo nome fa capolino fra i componenti della fallimentare (presieduta da Giovanni Briasco) tempo fa al centro delle polemiche e di un'indagine degli ispettori del ministero della giustizia, con l'accusa di essere un vero e proprio comitato d'affari per spartirsi la torta dei fallimenti.
Accuse finite nel nulla, come del resto e' capitato a Napoli dove la superchiacchierata fallimentare e' uscita candida come una mammola dopo una serie di inchieste (sic) superbollenti...
SORELLA CRI CRI
Una Thatcher in salsa abruzzese. Ma poi non troppo... Cosi' la etichettano in Abruzzo, Maria Teresa Letta. Una lady bifronte: sorella del gran ciambellano di Sua Emittenza, il sottosegretario Gianni Letta, e zia del Pd ed ex margheritino Enrico Letta. Come dire, una sintesi governo-opposizione, un mix che piu' consociativo non si puo'.
Tutto formazione e solidarieta', il suo credo: e' infatti in prima linea nel promuovere le sorti della super univerista' Sant'Anna di Pisa, una vera e propria enclave per studenti d'elite, fortemente sponsorizzata da uomini del calibro di Giuliano Amato, il dottor sottile caro a Bettino Craxi prima e a Massimo D'Alema poi, e Pierfrancesco Guarguaglini, plenipotenziario del colosso Finmeccanica.
Nel pedigree di lady Letta pero' spicca l'impegno speso in favore della Croce Rossa Italiana. E' infatti al vertice - in qualita' di presidente - della Cri abruzzese. Non senza suscitare dubbi e polemiche circa il suo operato. Ad accendere la miccia un maresciallo troppo zelante, Vincenzo Lo Zito, in servizio presso la direzione regionale della Cri. Il quale vuol vederci chiaro sulla gestione dei fondi, sulla firma dei mandati di pagamento, sui rapporti con le banche (come documentano una serie di esposti al calor bianco inviati a magistratura penale, contabile e amministrativa). Su Lo Zito arriva ben presto la mannaia: trasferimento (sede, Assisi, forse per riflettere meglio). A decretarlo i vertici Cri, ossia il direttore generale Andrea Des Dorides («il maresciallo Lo Zito da settimane svolge una grave e costante opera di denigrazione del proprio datore di lavoro», la motivazione) e il neo vertice Cri Francesco Rocca: voluto con forza da An, Rocca occupa la poltrona prima di Maurizio Scelli (il liberatore delle due Simone in Iraq, a suon di milioni di euro!) e poi di Massimo Barra, le cui gestioni avevano portato ad un buco contabile da 400 milioni di euro e passa.
Guarda caso, i rilievi di Lo Zito vengono ripresi pari pari dal direttore generale della Cri abruzzese, Maria Rita Salvetti, che quindi entra in rotta di collisione con lady Letta. Salvetti mette nero su bianco le «pesanti difficolta' operative incontrate nel corso della conduzione del comitato regionale Abruzzo, aggravate dalla chiusura a qualsiasi forma di collaborazione dimostrata dal vertice politico regionale». Nonche' dai vertici della Banca Toscana, che non vuol far chiarezza su tante, anomale transazioni di danaro. Non basta, perche' Salvetti chiede subito il reintegro in servizio di Lo Zito, il cui operato e' giudicato essenziale per «la specifica competenza». Niet.
Arriva il terremoto che squassa l'Abruzzo. Lo Zito lavora da volontario fra le macerie. A suo rischio e pericolo. Perche' doveva essere ad Assisi...
da Indymedia
Il procuratore capo di Potenza, John Woodcock, ha raccolto una impressionante mole di documenti, verbalizzazioni, intercettazioni, poi trasmesse per competenza al tribunale dei ministri di Roma. Che, a quanto pare, ha chiesto al pm anglo-napoletano gia' autore di inchieste al calor bianco, ulteriori approfondimenti, vista la delicatezza dei temi trattati e soprattutto per le cariche istituzionali ricoperte da alcuni indagati.
A cosa porteranno questi approfondimenti? Si andra' a rapidi stralci ed eventuali archiviazioni in istruttoria? Oppure l'inchiesta si allarghera' ulteriormente e poi portera' alla richiesta di rinvii a giudizio? Noi qui proviamo a ricostruire lo scenario, che vede in campo pezzi da novanta dell'establishment istituzionale, politici di livello nazionale e locale, perfino vip del Vaticano, fino a una ciurma di lacche' e faccendieri secondo il piu' consumato costume nostrano.
LAe#8200;PROVAe#8200;DEL 49
«La vicenda e' tanto piu' inquietante perche' arriva non solo a toccare la vicepresidenza del consiglio - c'e' chi fa notare al ministero della Giustizia - ma anche gli Interni, proprio in queste settimane alla prese con la patata bollente dell'immigrazione e con il prolungamento della permanenza nei cosiddetti CIE (gli ex CTP) e CARA fino a sei mesi, il che significa un affare che s'ingrossa per chi gestisce quei centri». Al Viminale, comunque, fin da novembre era allarme rosso. Quando gli 007 del Noe (nucleo operativo ambiente) fanno irruzione proprio negli uffici del dipartimento per le Liberta' Civili (sic) con una precisa richiesta di esibizione atti: in sostanza, dopo il provvedimento governativo che decideva in tutta fretta di aprire - per la solita, comoda emergenza - 49 centri provvisori di accoglienza, gli inquirenti decidono di verificare se tutti gli atti amministrativi sono a posto, a partire dalla scelta (a quanto pare del tutto discrezionale) delle societa' che devono gestire i centri, fino all'acquisizione delle strutture, per finire con i servizi e tutto quanto fa business immigrazione.
«L'inchiesta e' partita dalla procura di Potenza - c'e' chi spiega in via Arenula - perche' a Policoro, nel materano, e' stato aperto in tempo reale un centro. La Auxilium che fa capo ai Chiorazzo ha infatti ottenuto l'assegnazione dell'appalto per la gestione di quel centro ancor prima di aver presentato documenti e certificazioni necessarie». Solite storie di appalti aggiudicati a societa' che nascono il giorno dopo; fatto sta che le antenne di Woodcock si drizzano ugualmente in tempo reale e si arriva al blitz nelle ovattate stanze del Viminale.
La notizia ha scarso rilievo sui media nazionali, poche righe nelle cronache locali di Stampa e Corsera. Qualcosina in piu' trapela circa tre mesi fa, a meta' marzo, quando Repubblica Bari parla dei fratelli Chiorazzo indagati per la gestione del Cara di Bari, sulla cui aggiudicazione provvede a mettere la mano sul fuoco il prefetto del capoluogo pugliese Carlo Schilardi. «Agli atti - precisa il quotidiano diretto da Ezio Mauro - ci sono centinaia di telefonate dei tre indagati (il terzo e' un dipendente del gruppo Auxilum, Salvatore Manolascina, ndr) con dirigenti del ministero degli Interni: non a caso a Roma e' indagato Mario Morcone, l'attuale capo del dipartimento immigrazione». Dell'imputazione per Letta neanche un cenno; si' perche' il nome del possibile, prossimo capo dello Stato (Cavaliere permettendo) finisce nella lunga lista dei telefonisti, nella mole di intercettazioni che vedono costantemente da un capo del filo un Chiorazzo (o uno della band) e dall'altro pezzi da novanza dei palazzi (da Clemente Mastella alla segreteria di Giulio Andreotti, fino al sindaco di Roma Gianni Alemanno e al suo vice ed ex senatore di An Mauro Cutrufo), anche sull'altra sponda del Tevere (un nome su tutti, quello del cardinal Tarcisio Bertone, il vice di Ratzinger).
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Il nome dei Chiorazzo - raccontano nel Palazzaccio della Cassazione a Roma - comincia a far capolino nelle cronache giudiziarie anni 80: alcune vicende realtive ai soliti appalti solidali finite nell'altrettanto solita bolla di sapone. I fratelli, del resto, hanno spalle forti e, soprattutto, amicizie che contano, soprattutto in ambienti politici vicini alla Curia, tanto che il numero uno della dinasty potentina, Angelo, veniva soprannominato o vaticanista. I nomi piu' gettonati? Giulio Andreotti, Gianni Letta e Clemente Mastella. A quanto pare, e' proprio lui, l'Angelo delle mense per immigrati, a organizzare piu' di un incontro fra l'ex ministro della Giustizia e il cardinal Bertone. E' proprio lui uno dei superaficionados al seguito del leader ceppalonese nella celebre trasferta su Aerbus presidenziale per il gran premio di Monza. E' lui, del resto, uno dei principali referenti al Sud (e non solo) per Comunione e Liberazione, gomito a gomito con Antonio Saladino, l'altro faccendiere legato a CL e inquisito numero uno della maxi inchiesta Why Not portata avanti (e poi scippatagli) dall'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris.
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Ma diamo uno sguardo all'impero societario targato Chiorazzo. Al vertice della piramide il Consorzio Gruppo La Cascina. Da brivido le cifre: un fatturato annuo che supera i 200 milioni di euro; oltre 6 mila dipendenti (localizzati soprattutto al Sud, quasi la meta'); 1 milione 800 mila i pasti erogati attraverso le strutture societarie; superfici immobiliari trattate (cosi' viene precisato nel sito del gruppo) pari a ben 30 milioni di metri quadrati. Il tutto attraverso un agguerrito drappello di sigle: Vivenda spa (che puo' contare sul contributo pubbico e allegro di Sviluppo Italia, che concorre al 30 per cento delle azioni), Cascina Global Service (secondo alcune fonti la vera cassaforte dei Chiorazzo), NAER (che a sua volta controlla La Cascina scpa), Cater Bio srl (tanto per un tocco di biologico), Villa Ombrellino srl (stavolta per un tocco glamour, essendo specializzata in Doney Ricevimenti).
Insomma, un pacchetto completo, una full list per immigrati, diversamente abili, disadattati, minoranze e ladies: da accudire, servire, ristorare e, soprattutto, mungere come vacche d'oro, visto che - per fare un solo esempio, come spesso e volentieri sottolineato dai Chiorazzo nelle disinvolte conversazioni telefoniche - «per ogni pasto giornaliero ci mettiamo in tasca 49 euro». Che moltiplicato per il numero dei centri e degli immigrafi fa una cifra letteralmente astronomica.
Il principale capo di imputazione individuato dalla procura di Potenza a carico di Letta, Morcone e dei Chiorazzo sarebbe quello di aver messo in piedi un'associazione a delinquere finalizzata a reati come turbativa d'asta e corruzione, in grado di operare sul territorio nazionale. Punto di partenza, la decisione di aprire a settembre 2008 il Centro di Accoglienza per i Richiedenti Asilo politico (C.A.R.A.) di Policoro. Negli stessi giorni veniva stipulata una convenzione tra la prefettura di Matera e la Auxilium, sottoscritta in data 12 settembre 2008. Lungo questi passaggi ci sarebbe stata l'intromissione illecita di Gianni Letta e del prefetto Morcone per favorire l'assegnazione della gestione del CARAe#8200;di Policoro alla Auxilium dei Chiorazzo. Una scelta che sarebbe addirittura stata imposta.
E tanto per precisare meglio, piu' avanti, si parla di regia impositiva svolta da Letta, di procedura illecita, clientelare e contraria agli interessi della pubblica amministrazione, organizzando in epoca antecedente all'8 agosto 2008 l'affidamento diretto della gestione del centro CARA di Policoro a favore della Auxilum. Un rilievo di tutta valenza politica, visti i tempi e i modi di mettere in campo i provvedimenti sull'immigrazione.
Una catena d'interessi, abusi e collusioni, quella che viene ipotizzata alla Procura, con i fratelli Chiorazzo e le loro societa' in veste di monopolisti delle attivita' economiche connesse all'emergenza immigrazione per ricavarne illeciti profitti.
E che il business sia consistente, lo dicono le cifre: il gruppo La Cascina-Auxilium e' all'opera presso i centri Cara di Bari (circa 1200 immigrati), Policoro (circa 200) e Taranto (400 immigrati, di prossima apertura). Il giro d'affari viene per giunta ammantato da intenti caritatevoli e solidali. Tanto solidali che i Chiorazzi avevano cercato di ottenere anche la gestione dei Cara di Crotone e Foggia, benche' quest'ultimo fosse gia' gestito dalla Croce Rossa.
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Non solo i cari centri per immigrati tra i business dei Chiorazzo. La clientela e' vastissima e variegata, per catering e servizi. Si va dalle piu' prestigiose sedi istituzionali (dalla Presidenza del Consiglio al Senato, passando per la bouvette del Campidoglio e le scuderie del Quirinale, fino a Regione Lazio e Comune di Roma, Comune di Genova, Regione Basilicata) ai piu' celebri centri d'arte (Palazzo Ducale di Venezia, Arena di Verona, Reggia di Caserta, caffetteria di Palazzo Pitti a Firenze), dalle piu' rinomate Universita' e accorsate Scuole (La Sapienza di Roma, Superiore di Sant'Anna a Pisa, Marymount International School, St.George's e St.Stephen's English School) ai centri sanitari pubblici e privati (San Raffaele e Luigi Sacco a Milano, Gesu' Bambino, Fatebenefratelli e Sant'Andrea a Roma, San Carlo a Potenza), oltre ad una sfilza di societa' e sigle di grido e non. Tra le prime, Pirelli, Ansaldo Energia, Johnson e Johnson, eBay.
Tra le seconde spicca il Castello di Utveggio, a Palermo, il luogo dei misteri nella strage di via D'Amelio, sede del Cerisdi, organismo dei servizi segreti, appena passato sotto la guida di Elio Cardinale: ma che cosa ci fa la Auxilium al Cerisdi? Fornisce pasti o quali altri servizi?
Puo' aver peso la circostanza che Angelo Chiorazzo risulti appartenente ad una loggia massonica? Staremo a vedere, dovra' essere la maxi inchiesta potentina a chiarirlo.
Ed e' proprio nelle pagine dei faldoni investigativi che farebbero capolino svariati altri affaire. Nel mirino ci sarebbero i rapporti con la Agenzia delle Entrate, con il municipio della Capitale, una gara d'appalto al ministero della Difesa, un appalto Policlinico Gemelli di Roma. Ancora, i rapporti con un magistrato in servizio al tribunale di Roma, e gare alla Asl 1 di Venosa e all'azienda ospedaliera San Carlo, entrambe nel potentino.
Quello del fisco e' un tasto che scotta. Ammonterebbe infatti a 150 miliardi di vecchie lire un debito nei confronti dell'Agenzia delle Entrate che i Chiorazzo vorrebbero risolvere nel modo piu' conveniente possibile. Per questo cercano di mettere in campo pezzi da novanta come Gianni Letta, il quale a sua volta sarebbe intervenuto sul direttore dell'Agenzia delle Entrate di Roma, Attilio Befera, per agevolare La Cascina riducendo e diluendo nel tempo l'ammontare della somma da pagare. Al punto che un deferente Befera avrebbe personalmente telefonato ai Chiorazzo per sollecitare un incontro transattivo.
Una vicenda che sta molto a cuore (e alle tasche) dei Chiorazzo, i quali pensano bene di mobilitare anche Mastella. E fu proprio al ministero della Giustizia, non presso l'Agenzia delle Entrate, che i Chiorazzo erano riusciti ad incontrare un funzionario dell'Agenzia. Ma come aveva avuto origine un'evasione cosi' colossale? Semplice. Non e' stata versata allo Stato l'Iva sulle vendite dal 2001 al 2005 (e tenuto conto del fatturato arcimilionario annuo fa presto a lievitare) e neanche le ritenute sugli emolumenti corrisposti ai dipendenti (basta calcolare 6.000 unita' e passa). Ma La stessa denuncia fatta dall'Agenzia delle Entrate alla Procura della capitale contestava solo il mancato versamento di ritenute per i compensi erogati dalla cooperativa nel 2004, vale a dire solo per circa 1 milioni e settecentomila euro. E la montagna degli altri 73 milioni e spiccioli? Dimenticata per strada? Chicca finale - sempre nel ramo fiscale - il gioco di prestigio inventato dai Chiorazzo relativo ai rami d'azienda trasferiti da La Cascina ad altre societa' del gruppo. Transazioni che secondo gli investigatori servivano per sottrarre ai creditori e all'erario i flussi dei pagamenti disposti da enti pubblici in favore di societa' del gruppo. E si parla di decine di milioni di euro.
SALDIe#8200;ee#8200;APPALTIe#8200;
Sempre in tema milionario, passiamo ai rapporti con il comune di Roma. Anche stavolta si tratta di ottenere in tempi rapidi il saldo di una fatturina emessa da Vivenda spa - una controllata della solita La Cascina - nei confronti dell'amministrazione capitolina. L'amico del giaguaro, stavolta, si chiama Maurizio Cutrufo, senatore di An, all'epoca dei fatti vice di Gianni Alemanno in Campidoglio. Grazie agli ottimi rapporti con Cutrufo, Angelo Chiorazzo riesce ad incontrare, nel corso di una cena, il sindaco Gianni Alemanno. Passano appena 48 ore e Emilio Fusco Roussier, responsabile di Vivenda, fa sapere ad Angelo Chiorazzo di aver appena ricevuto una missiva firmata da Alemanno in cui viene sottolineato che per garantire la continuita' del servizio ristorazione scolastica, i crediti derivanti dalle prestazioni rese da settembre 2008 saranno gestiti nell'ambito dell'amministrazione ordinaria degli organi comunali. Un'utile e indispensabile garanzia - commentano in Campidoglio - di solvibilita' per Vivenda, tanto piu' perche' la societa' e' in attesa di un anticipo del credito da parte dello Sviluppo Italia Factoring.
ILe#8200;GIUDICEe#8200;AMICO
Sempre a Roma l'appalto per il servizio mensa al Policlinico Gemelli, che i Chiorazzo sarebbero riusciti ad aggiudicarsi grazie alla presentazione del sottosegretario Letta presso Amerigo Cicchetti. Per rimanere all'ombra del Cupolone e ritrovarci di nuovo in compagnia dei soliti Chiorazzo e del dinamico Cutrufo, eccoci alla story dei rapporti con una toga romana. Tutto parte da Giuseppe Sangiuliano, segretario particolare di Cutrufo, cui sta a cuore un procedimento giudiziario pendente davanti alla Corte d'Appello di Roma. Pensa bene, Sangiuliano, di contattare l'amico Angelo affinche' possa perorare la sua causa presso un giudice amico. Che si chiama, in questo caso, Vincenzo Vitalone. «La cortesia che sarebbe stata concessa da Vitalone a Sangiuliano - commentano a Potenza - per intercessione dello stesso Chiorazzo, dovra' poi essere ricambiata da quest'ultimo sponsorizzando presso un influente personaggio la candidatura di Vitalone ad un'ambita carica istituzionale». Nipote del piu' celebre Claudio Vitalone, il giudice Vincenzo e' stato in servizio presso la decima sezione del tribunale civile di Roma.
Nelle cronache giudiziarie il suo nome fa capolino fra i componenti della fallimentare (presieduta da Giovanni Briasco) tempo fa al centro delle polemiche e di un'indagine degli ispettori del ministero della giustizia, con l'accusa di essere un vero e proprio comitato d'affari per spartirsi la torta dei fallimenti.
Accuse finite nel nulla, come del resto e' capitato a Napoli dove la superchiacchierata fallimentare e' uscita candida come una mammola dopo una serie di inchieste (sic) superbollenti...
SORELLA CRI CRI
Una Thatcher in salsa abruzzese. Ma poi non troppo... Cosi' la etichettano in Abruzzo, Maria Teresa Letta. Una lady bifronte: sorella del gran ciambellano di Sua Emittenza, il sottosegretario Gianni Letta, e zia del Pd ed ex margheritino Enrico Letta. Come dire, una sintesi governo-opposizione, un mix che piu' consociativo non si puo'.
Tutto formazione e solidarieta', il suo credo: e' infatti in prima linea nel promuovere le sorti della super univerista' Sant'Anna di Pisa, una vera e propria enclave per studenti d'elite, fortemente sponsorizzata da uomini del calibro di Giuliano Amato, il dottor sottile caro a Bettino Craxi prima e a Massimo D'Alema poi, e Pierfrancesco Guarguaglini, plenipotenziario del colosso Finmeccanica.
Nel pedigree di lady Letta pero' spicca l'impegno speso in favore della Croce Rossa Italiana. E' infatti al vertice - in qualita' di presidente - della Cri abruzzese. Non senza suscitare dubbi e polemiche circa il suo operato. Ad accendere la miccia un maresciallo troppo zelante, Vincenzo Lo Zito, in servizio presso la direzione regionale della Cri. Il quale vuol vederci chiaro sulla gestione dei fondi, sulla firma dei mandati di pagamento, sui rapporti con le banche (come documentano una serie di esposti al calor bianco inviati a magistratura penale, contabile e amministrativa). Su Lo Zito arriva ben presto la mannaia: trasferimento (sede, Assisi, forse per riflettere meglio). A decretarlo i vertici Cri, ossia il direttore generale Andrea Des Dorides («il maresciallo Lo Zito da settimane svolge una grave e costante opera di denigrazione del proprio datore di lavoro», la motivazione) e il neo vertice Cri Francesco Rocca: voluto con forza da An, Rocca occupa la poltrona prima di Maurizio Scelli (il liberatore delle due Simone in Iraq, a suon di milioni di euro!) e poi di Massimo Barra, le cui gestioni avevano portato ad un buco contabile da 400 milioni di euro e passa.
Guarda caso, i rilievi di Lo Zito vengono ripresi pari pari dal direttore generale della Cri abruzzese, Maria Rita Salvetti, che quindi entra in rotta di collisione con lady Letta. Salvetti mette nero su bianco le «pesanti difficolta' operative incontrate nel corso della conduzione del comitato regionale Abruzzo, aggravate dalla chiusura a qualsiasi forma di collaborazione dimostrata dal vertice politico regionale». Nonche' dai vertici della Banca Toscana, che non vuol far chiarezza su tante, anomale transazioni di danaro. Non basta, perche' Salvetti chiede subito il reintegro in servizio di Lo Zito, il cui operato e' giudicato essenziale per «la specifica competenza». Niet.
Arriva il terremoto che squassa l'Abruzzo. Lo Zito lavora da volontario fra le macerie. A suo rischio e pericolo. Perche' doveva essere ad Assisi...
da Indymedia
VENDOLA: "L'11 Luglio partirà il processo costituente per il nuovo partito della Sinistra"
Nichi Vendola, capolista nella circoscrizione Nord-Est alle europee, in una intervista al Corriere della Sera, che riportiamo, racconta la sua lunga campagna elettorale e annuncia il prossimo appuntamento di Sinistra e Libertà: “l’11 luglio, a Roma è già convocata un’assemblea nazionale per dar vita alla Costituente del Partito della nuova sinistra italiana. Con gli alleati di oggi e tanti altri soggetti. Un partito con due gambe: unità di popolo e innovazione”.
Nichi Vendola, leader di ‘Sinistra e libertà’, racconti cosa ha visto.
«Ho visto punti di crisi come le miniere del Sulcis e i cantieri di Monfalcone. E poi, operai dello zinco, dell’alluminio, tessili, elettronici, lavoratori Fiat».
In questa campagna elettorale si è parlato molto di erotismo.
«L’Italia è rimasta prigioniera di un reality che cela le crepe, il dolore sociale. Ho sotto gli occhi due diciassettenni».
Chi sono?
«La prima è Noemi. Che avrebbe avuto il diritto di non diventare una specie di eroe del nostro tempo. La seconda è Ester Ada, la nigeriana morta, incinta, sulla nave Pinar al largo di Lampedusa. Poi, ho in mente due capi di governo».
Quali?
«Uno è Obama che legge Corano, Bibbia e Talmud e cerca l’incontro di culture e civiltà. L’altro è Berlusconi impegnato a mobilitare le forze dell’ordine per requisire album fotografici sulla sua vita privata».
Si parla molto poco di Europa.
«Vedo manifesti imbarazzanti: ‘Portare Trapani, o la Calabria, in Europa’. Il problema è riportare l’Europa nel Mediterraneo. Finora l’Unione è stata vincoli di bilancio, monetarismo, fuga di fronte alle responsabilità davanti alla questione della Palestina».
Ci sono ancora inviti al voto utile.
«È stato utile dare il voto al Pd, l’ultima volta? Utile per la contrattazione collettiva, la scuola pubblica, il Sud, la laicità dello Stato? Oggi il Pd è tutto e il contrario di tutto, ma spero che riesca a produrre speranze positive».
Ha nostalgia di falce e martello?
«Le porto stampate nel cuore. Io mi dico comunista, ma non posso più sentire nostalgie per il muro di Berlino o le adorazioni di Diliberto per la salma di Lenin. Io fui fra i fondatori di Rifondazione, non di Restaurazione».
Non è pentito di essere uscito da quel partito?
«No. L’Italia non ha bisogno di una sinistra mummificata, in naftalina, ma di una grande sinistra che metta assieme socialismo riformista, ecologismo, comunismo berlingueriano, nuovo pacifismo, non violenza».
Funziona l’alleanza con Sinistra democratica, Verdi, Socialisti?
«L’11 luglio a Roma è già convocata un’assemblea nazionale per dar vita alla costituente del Partito della nuova sinistra italiana. Con gli alleati di oggi e tanti altri soggetti. Un partito con due gambe: unità di popolo e innovazione».
Nichi Vendola, leader di ‘Sinistra e libertà’, racconti cosa ha visto.
«Ho visto punti di crisi come le miniere del Sulcis e i cantieri di Monfalcone. E poi, operai dello zinco, dell’alluminio, tessili, elettronici, lavoratori Fiat».
In questa campagna elettorale si è parlato molto di erotismo.
«L’Italia è rimasta prigioniera di un reality che cela le crepe, il dolore sociale. Ho sotto gli occhi due diciassettenni».
Chi sono?
«La prima è Noemi. Che avrebbe avuto il diritto di non diventare una specie di eroe del nostro tempo. La seconda è Ester Ada, la nigeriana morta, incinta, sulla nave Pinar al largo di Lampedusa. Poi, ho in mente due capi di governo».
Quali?
«Uno è Obama che legge Corano, Bibbia e Talmud e cerca l’incontro di culture e civiltà. L’altro è Berlusconi impegnato a mobilitare le forze dell’ordine per requisire album fotografici sulla sua vita privata».
Si parla molto poco di Europa.
«Vedo manifesti imbarazzanti: ‘Portare Trapani, o la Calabria, in Europa’. Il problema è riportare l’Europa nel Mediterraneo. Finora l’Unione è stata vincoli di bilancio, monetarismo, fuga di fronte alle responsabilità davanti alla questione della Palestina».
Ci sono ancora inviti al voto utile.
«È stato utile dare il voto al Pd, l’ultima volta? Utile per la contrattazione collettiva, la scuola pubblica, il Sud, la laicità dello Stato? Oggi il Pd è tutto e il contrario di tutto, ma spero che riesca a produrre speranze positive».
Ha nostalgia di falce e martello?
«Le porto stampate nel cuore. Io mi dico comunista, ma non posso più sentire nostalgie per il muro di Berlino o le adorazioni di Diliberto per la salma di Lenin. Io fui fra i fondatori di Rifondazione, non di Restaurazione».
Non è pentito di essere uscito da quel partito?
«No. L’Italia non ha bisogno di una sinistra mummificata, in naftalina, ma di una grande sinistra che metta assieme socialismo riformista, ecologismo, comunismo berlingueriano, nuovo pacifismo, non violenza».
Funziona l’alleanza con Sinistra democratica, Verdi, Socialisti?
«L’11 luglio a Roma è già convocata un’assemblea nazionale per dar vita alla costituente del Partito della nuova sinistra italiana. Con gli alleati di oggi e tanti altri soggetti. Un partito con due gambe: unità di popolo e innovazione».
Perché bisogna appoggiare I Siciliani
Il clima morale della società è questo. Il potere si è isolato da tutto, si è collocato in una dimensione nella quale tutto quello che accade fuori, nella nazione reale, non lo tocca più e nemmeno lo offende, né accuse, né denunce, dolori, disperazioni, rivolte. Egli sta là, giornali, spettacoli, cinema, requisitorie passano senza far male: politici, cavalieri, imprenditori, giudici applaudono. I giusti e gli iniqui. Tutto sommato questi ultimi sono probabilmente convinti d'essere oramai invulnerabili”.
E' una città del sud - anni '80 - quella di cui ci parla Giuseppe Fava. Con la sua mafia, la sua violenza, e soprattutto il suo stretto rapporto con poteri politici, imperi economici e monopolio dell'informazione. Quest'ultimo è l'anello essenziale, quello che dei vari elementi fa un Sistema. Lo sappiamo tutti. Sappiamo come funziona Catania, come funziona il
La novità è che oggi Giuseppe Fava non parla più di Catania. Parla di tutta Italia, parla di Milano, parla di Roma. La mafia - com'era facilmente prevedibile – ha risalito il nord. La volgarità d'un Graci o d'un Rendo riempie oggi, con altri nomi, le chronicles from Italy della stampa internazionale. Tutto ormai è dilagato dappertutto. Ancora una volta, il centro è il monopolio dell'informazione. Non solo per la rimozione delle notizie (che è ormai abituale), ma soprattutto per la decostruzione sistematica dei pensieri comuni e la loro sostituzione con altri congrui al sistema, non civili.
Come ci vorrebbe adesso un Giuseppe Fava, un Siciliani! Allora, la lotta sua e dei suoi ragazzi fu durissima, e non priva - per quella fase - anche di successi. Lui la pagò come sappiamo. I suoi redattori con vite durissime, ai limiti del tollerabile, fra miseria e minacce. Eppure, nessuno tradì. Molti continuarono. I Siciliani, in realtà, non sono finiti mai. Hanno strade diverse, diversi nomi. Ma ci sono.
L'Ordine dei giornalisti, il sindacato (la corporazione insomma: nel senso antico e tecnico, di mestiere) negli anni di Giuseppe Fava sono stati lontanissimi da lui. Sembrava un mestiere tranquillo, una “professione”; qualcosa che garantisse insieme uno status sociale e una funzione. Che non ci sono più. “Giornalista”, in questi anni, è tornata ad essere una parola ambigua, su cui fare scelte: o Ministero dell'Informazione, o militanza civile. La nostra “corporazione”, spalle al muro, sta scegliendo ora. Alcuni pochi tradiscono; per molti invece è l'ora della dignità.
La Lega delle Cooperative (di cui I Siciliani facevano parte) tradì Giuseppe Fava e i suoi redattori. Preferì fare affari con gli imprenditori collusi. Questo l'abbiamo pagato con infiniti dolori. Cosa intendono fare, dopo un quarto di secolo, coloro che la reggono ora? Possono rimuovere, certo, queste righe. Ma sappiamo che in questo momento le leggono. E aspettiamo la loro risposta.
Al tempo di Giuseppe Fava, il nuovo movimento antimafia era agli albori. Noi abbiamo contribuito a fondarlo (l'Associazione I Siciliani, Siciliani Giovani, l'idea di distribuire i beni confiscati) ma da allora se n'è fatti di passi su questa strada. C'è Libera di don Ciotti e dalla Chiesa, ci sono le associazioni locali, c'è Addiopizzo. Ci sono addirittura dei politici che sono saliti a Roma o Bruxelles grazie principalmente alle tematiche antimafiose; ed interi partiti che si appoggiano ad esse. Dall'Ordine e dal Sindacato dei giornalisti, dai dirigenti di Legacoop, dagli esponenti dell'antimafia civile, ci aspettiamo una pubblica e combattiva presa di posizione sul caso dei Siciliani.
La sottoscrizione è già partita (l'appello è a pagina otto) e hanno già cominciato a rispondere i cittadini. Ma è evidente che non avrà successo senza l'appoggio aperto e organizzato di forze ben più grandi di noi. Servono soldi e serve appoggio politico, (forse ancora di più).
La lotta dei Siciliani è stata, e in un certo senso è ancora, una delle lotta più dense del dopoguerra: contro il sistema mafioso, per l'informazione. E' un caso esemplare, un modello; e come tale va usato. Schierarsi pubblicamente coi Siciliani, qui ed ora, è la cosa più “politica” che si possa fare.
info:
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/17106/78/
http://www.fondazionefava.it/
Report Assemblea Nazionale contro il G8
Il 21 Giugno si è svolta a L’Aquila l’assemblea nazionale contro il G8.
L’Assemblea, molto partecipata ed eterogenea ha ripreso il comunicato “L’Aquila e le altre”, emerso dalla precedente assemblea del 1 giugno, con le sue caratteristiche di diffusione e dislocazione delle mobilitazioni contro il G8. Dal 2 al 10 Luglio vi saranno dunque iniziative diffuse in tutte le città italiane, mobilitazioni che saranno rivolte contro i responsabili della crisi e caratterizzate dalla solidarietà verso le popolazioni terremotate e per una ricostruzione sociale del territorio abruzzese.
Le iniziative previste dal 2 al 10 Luglio seguiranno questo calendario:
* 2 luglio diverse manifestazioni sono già promosse da associazioni e realtà territoriali in Sardegna.
* 4 luglio a Vicenza, manifestazione per restituire il Dal Molin ai cittadini. Indipendenza, dignità, partecipazione: la terra si ribella alle basi di guerra.
* 7 luglio a Roma, accoglienza ai grandi dove la rete NoG8 indice, in occasione della presenza nella capitale delle delegazioni internazionali in transito verso il G8 di Coppito, una “Giornata dell’Accoglienza ai Potenti della Terra”, con iniziative diffuse e “piazze sociali anti-crisi”.
Sempre il 7 luglio a Pescara, si svolgerà un’iniziativa di Goletta Verde contro il decreto sicurezza in solidarietà ai migranti, dal titolo ”L’Abruzzo è un porto di mare, noi non respingiamo!”, mentre il 9 luglio si svolgeranno sempre in città iniziative in difesa dell’acqua come bene comune dell’umanità.
* 8 luglio iniziative dislocate in tutte le città, per disegnare una “Mappa della Crisi” attraverso la quale I territori, le comunità e le organizzazioni sociali in resistenza a partire da Roma, passando per Napoli, Genova, Padova, Bologna, Milano, Ancona, Palermo e tutte le altre, manifesteranno la propria indignazione contro la crisi, il carovita, la precarietà, la disoccupazione, la devastazione ambientale, la mercificazione dei beni comuni, la militarizzazione.
Le proposte emerse rispetto alle mobilitazioni sul territorio aquilano, infine sono quelle di: Una fiaccolata per chiedere “verità giustizia e ricostruzione sociale”che si svolgerà dalla mezzanotte fino alle 3e32 del 6 Aprile.
Un forum sulla ricostruzione sociale che si svolgerà a l’Aquila il 7 Luglio e affronterà i temi peculiari del territorio aquilano in rapporto alla crisi globale.
E infine, per il 10 luglio, una marcia pacifica e di massa nei territori del terremoto che esprima la solidarietà alle popolazioni aquilane, la necessità di una ricostruzione sociale, ma anche il dissenso generalizzato contro la crisi, sulla quale non essendo emersa una reale condivisione i promotori chiedono nei prossimi giorni un confronto alle realtà locali sulla costruzione di tale iniziativa.
E’evidente che l’accelerazione che ha subito il contesto è stata una conseguenza diretta del terremoto e della scelta ignobile di questo governo di voler svolgere in questo territorio il G8 della crisi, scelta che tutti i presenti hanno nuovamente condannato.
Il modo migliore che abbiamo individuato, per sintetizzare una lunga assemblea come quella di oggi, è stato quello di riportare in questo report tutti gli appuntamenti. Chiediamo infine in maniera determinata e condivisa da tutti, che chiunque voglia portare qui la propria solidarietà e i propri percorsi di lotta in quei giorni lo faccia nel rispetto totale della situazione drammatica che si vive in questo territorio.
Mancano solo 16 giorni al G8, saranno quindi le varie realtà che costruiranno le mobilitazioni a diffondere al più presto maggiori informazioni sulle singole iniziative.
L’Aquila, 21 giugno 2009
da abruzzo.indymedia
L’Assemblea, molto partecipata ed eterogenea ha ripreso il comunicato “L’Aquila e le altre”, emerso dalla precedente assemblea del 1 giugno, con le sue caratteristiche di diffusione e dislocazione delle mobilitazioni contro il G8. Dal 2 al 10 Luglio vi saranno dunque iniziative diffuse in tutte le città italiane, mobilitazioni che saranno rivolte contro i responsabili della crisi e caratterizzate dalla solidarietà verso le popolazioni terremotate e per una ricostruzione sociale del territorio abruzzese.
Le iniziative previste dal 2 al 10 Luglio seguiranno questo calendario:
* 2 luglio diverse manifestazioni sono già promosse da associazioni e realtà territoriali in Sardegna.
* 4 luglio a Vicenza, manifestazione per restituire il Dal Molin ai cittadini. Indipendenza, dignità, partecipazione: la terra si ribella alle basi di guerra.
* 7 luglio a Roma, accoglienza ai grandi dove la rete NoG8 indice, in occasione della presenza nella capitale delle delegazioni internazionali in transito verso il G8 di Coppito, una “Giornata dell’Accoglienza ai Potenti della Terra”, con iniziative diffuse e “piazze sociali anti-crisi”.
Sempre il 7 luglio a Pescara, si svolgerà un’iniziativa di Goletta Verde contro il decreto sicurezza in solidarietà ai migranti, dal titolo ”L’Abruzzo è un porto di mare, noi non respingiamo!”, mentre il 9 luglio si svolgeranno sempre in città iniziative in difesa dell’acqua come bene comune dell’umanità.
* 8 luglio iniziative dislocate in tutte le città, per disegnare una “Mappa della Crisi” attraverso la quale I territori, le comunità e le organizzazioni sociali in resistenza a partire da Roma, passando per Napoli, Genova, Padova, Bologna, Milano, Ancona, Palermo e tutte le altre, manifesteranno la propria indignazione contro la crisi, il carovita, la precarietà, la disoccupazione, la devastazione ambientale, la mercificazione dei beni comuni, la militarizzazione.
Le proposte emerse rispetto alle mobilitazioni sul territorio aquilano, infine sono quelle di: Una fiaccolata per chiedere “verità giustizia e ricostruzione sociale”che si svolgerà dalla mezzanotte fino alle 3e32 del 6 Aprile.
Un forum sulla ricostruzione sociale che si svolgerà a l’Aquila il 7 Luglio e affronterà i temi peculiari del territorio aquilano in rapporto alla crisi globale.
E infine, per il 10 luglio, una marcia pacifica e di massa nei territori del terremoto che esprima la solidarietà alle popolazioni aquilane, la necessità di una ricostruzione sociale, ma anche il dissenso generalizzato contro la crisi, sulla quale non essendo emersa una reale condivisione i promotori chiedono nei prossimi giorni un confronto alle realtà locali sulla costruzione di tale iniziativa.
E’evidente che l’accelerazione che ha subito il contesto è stata una conseguenza diretta del terremoto e della scelta ignobile di questo governo di voler svolgere in questo territorio il G8 della crisi, scelta che tutti i presenti hanno nuovamente condannato.
Il modo migliore che abbiamo individuato, per sintetizzare una lunga assemblea come quella di oggi, è stato quello di riportare in questo report tutti gli appuntamenti. Chiediamo infine in maniera determinata e condivisa da tutti, che chiunque voglia portare qui la propria solidarietà e i propri percorsi di lotta in quei giorni lo faccia nel rispetto totale della situazione drammatica che si vive in questo territorio.
Mancano solo 16 giorni al G8, saranno quindi le varie realtà che costruiranno le mobilitazioni a diffondere al più presto maggiori informazioni sulle singole iniziative.
L’Aquila, 21 giugno 2009
da abruzzo.indymedia
LA MODA ANTISEMITA
Il personaggio La bionda avvocatessa dello Jobbik minaccia: «Abbiamo rialzato la testa e non tollereremo più gli ebrei»
Krisztina Morvai l’antisemita. Un nuovo caso a Strasburgo
L’eurodeputata ungherese sarà accolta da un’ondata di proteste
BRUXELLES — C’è anche lei, fra i nuovi arrivi al Parlamento Europeo, e sarà probabilmente il capogruppo degli euroscettici: bella, bionda, 46 anni, ottimi studi, l’avvocatessa Krisztina Morvai farà la sua figura fra i banchi di Strasburgo. Jobbik, il «Movimento per una migliore Ungheria » che l’ha candidata, s’è conquistato quasi il 15% dei voti e 3 seggi all’Europarlamento principalmente grazie a lei. Ha un solo problema, l’avvocatessa: i suoi rapporti con la comunità ebraica, in Ungheria e nel mondo.
Ultimo esempio, una sua dichiarazione, riportata giorni fa dal quotidiano israeliano Haaretz, e ripresa con indignazione da vari siti di organizzazioni ebraiche: «Sarei contenta se coloro che si definiscono fieri ebrei ungheresi se ne andassero a giocherellare con i loro piccoli peni circoncisi, invece di insultare me».
Era la risposta agli attacchi di Gabor Barat, amministratore di un istituto radiologico di New York, che dicendosi «fiero di essere un emigrato ebreo e ungherese» aveva definito la Morvai «un caso psichiatrico, un mostro » per i suoi discorsi durante la campagna elettorale. La risposta, una sorta di missiva agli ebrei, andava anche più in là: «La gente come voi è abituata a vedere la gente come noi mettersi sull’attenti ogni volta che date sfogo alle vostre flatulenze. Dovreste per cortesia rendervi conto che tutto questo è finito. Abbiamo rialzato la testa e non tollereremo più il vostro tipo di terrore. Ci riprenderemo il nostro Paese». Concetti riecheggiati da Gabor Vona, il presidente di Jobbik, subito dopo le elezioni: «Jobbik non parla solamente, ma tradurrà le parole in azione. L’Ungheria appartiene agli ungheresi».
Le «riflessioni» dell’avvocatessa erano appena rimbalzate fra Budapest e Israele, che già arrivavano le prime reazioni. Il partito della destra moderata ungherese Fidesz (56,3% dei voti) bollava il pensiero della signora come «inconcepibile e antisemitico », e chiedeva delle scuse pubbliche. L’ex ministro degli Esteri Geza Jeszenszky diceva che la Morvai si era «autoesclusa dalla vita pubblica ». Il capo delle comunità ebraiche ungheresi, Gustav Zoltai, dichiarava che commenti simili dovrebbero escludere chiunque li faccia da un ruolo ufficiale nel Parlamento Europeo.
E proprio questo è ora il problema. Perché la Morvai è stata eletta regolarmente, ma già si parla di qualche protesta, almeno simbolica, che la attenderebbe alla prima comparsa in aula. Mentre da Parigi, il presidente del Congresso ebraico europeo, Moshe Kantor, auspica che si condanni «nei termini più forti, l’uso vigliacco e cinico di un linguaggio antisemitico, razzista, e teso a incutere paura, da parte di alcuni candidati all’Europarlamento ».
L’avvocatessa non sembra preoccupata, anzi. Alle accuse di antisemitismo, risponde il bollettino di un sindacato di polizia ungherese: «Nella situazione di oggi, l’antisemitismo non è solo un nostro diritto, ma è dovere di ogni ungherese che ama la propria terra: non ci dobbiamo preparare per la battaglia contro gli ebrei...così come dobbiamo prepararci a una guerra civile fra ungheresi e zingari, fomentata dagli ebrei che si sfregano contenti le mani». Questo sindacato raccoglie circa il 10% dei poliziotti ungheresi. Il direttore del suo bollettino è una donna, Judit Szima, già colonnello della polizia. E candidata alle elezioni europee, con Jobbik.
Krisztina Morvai l’antisemita. Un nuovo caso a Strasburgo
L’eurodeputata ungherese sarà accolta da un’ondata di proteste
BRUXELLES — C’è anche lei, fra i nuovi arrivi al Parlamento Europeo, e sarà probabilmente il capogruppo degli euroscettici: bella, bionda, 46 anni, ottimi studi, l’avvocatessa Krisztina Morvai farà la sua figura fra i banchi di Strasburgo. Jobbik, il «Movimento per una migliore Ungheria » che l’ha candidata, s’è conquistato quasi il 15% dei voti e 3 seggi all’Europarlamento principalmente grazie a lei. Ha un solo problema, l’avvocatessa: i suoi rapporti con la comunità ebraica, in Ungheria e nel mondo.
Ultimo esempio, una sua dichiarazione, riportata giorni fa dal quotidiano israeliano Haaretz, e ripresa con indignazione da vari siti di organizzazioni ebraiche: «Sarei contenta se coloro che si definiscono fieri ebrei ungheresi se ne andassero a giocherellare con i loro piccoli peni circoncisi, invece di insultare me».
Era la risposta agli attacchi di Gabor Barat, amministratore di un istituto radiologico di New York, che dicendosi «fiero di essere un emigrato ebreo e ungherese» aveva definito la Morvai «un caso psichiatrico, un mostro » per i suoi discorsi durante la campagna elettorale. La risposta, una sorta di missiva agli ebrei, andava anche più in là: «La gente come voi è abituata a vedere la gente come noi mettersi sull’attenti ogni volta che date sfogo alle vostre flatulenze. Dovreste per cortesia rendervi conto che tutto questo è finito. Abbiamo rialzato la testa e non tollereremo più il vostro tipo di terrore. Ci riprenderemo il nostro Paese». Concetti riecheggiati da Gabor Vona, il presidente di Jobbik, subito dopo le elezioni: «Jobbik non parla solamente, ma tradurrà le parole in azione. L’Ungheria appartiene agli ungheresi».
Le «riflessioni» dell’avvocatessa erano appena rimbalzate fra Budapest e Israele, che già arrivavano le prime reazioni. Il partito della destra moderata ungherese Fidesz (56,3% dei voti) bollava il pensiero della signora come «inconcepibile e antisemitico », e chiedeva delle scuse pubbliche. L’ex ministro degli Esteri Geza Jeszenszky diceva che la Morvai si era «autoesclusa dalla vita pubblica ». Il capo delle comunità ebraiche ungheresi, Gustav Zoltai, dichiarava che commenti simili dovrebbero escludere chiunque li faccia da un ruolo ufficiale nel Parlamento Europeo.
E proprio questo è ora il problema. Perché la Morvai è stata eletta regolarmente, ma già si parla di qualche protesta, almeno simbolica, che la attenderebbe alla prima comparsa in aula. Mentre da Parigi, il presidente del Congresso ebraico europeo, Moshe Kantor, auspica che si condanni «nei termini più forti, l’uso vigliacco e cinico di un linguaggio antisemitico, razzista, e teso a incutere paura, da parte di alcuni candidati all’Europarlamento ».
L’avvocatessa non sembra preoccupata, anzi. Alle accuse di antisemitismo, risponde il bollettino di un sindacato di polizia ungherese: «Nella situazione di oggi, l’antisemitismo non è solo un nostro diritto, ma è dovere di ogni ungherese che ama la propria terra: non ci dobbiamo preparare per la battaglia contro gli ebrei...così come dobbiamo prepararci a una guerra civile fra ungheresi e zingari, fomentata dagli ebrei che si sfregano contenti le mani». Questo sindacato raccoglie circa il 10% dei poliziotti ungheresi. Il direttore del suo bollettino è una donna, Judit Szima, già colonnello della polizia. E candidata alle elezioni europee, con Jobbik.
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