domenica 4 ottobre 2009
LUIGI TENCO - LI VIDI PASSARE
"Questa era la prima versione di Ciao amore ciao,che poi Tenco accettò di cambiare per poterla presentare a Sanremo. (Paolo Sollier sulla ML Bielle)."
Nel 1967, Luigi Tenco si presentò (qualcuno sostenne a suo malincuore) al Festival di Sanremo con la canzone Ciao amore ciao, cantata, come si usava a quel tempo, da due artisti separatamente (in questo caso si trattava dello stesso Tenco e di Dalida).
Secondo alcune testimonianze pare che inizialmente Tenco non apprezzasse Ciao amore ciao [probabilmente per essere stato costretto a stravolgerne il testo originale antimilitarista, ndr della pagina CCG] ma Dalida riuscì a convincere il cantautore a portare quella canzone al Festival.
Questo particolare lascia un velo di ironia della sorte tra il cinico e il macabro per tutto quanto avvenne dopo. La canzone non fu ammessa alla serata finale del Festival, classificandosi al dodicesimo posto nel voto popolare. Fallito anche il ripescaggio, dove fu favorita la canzone La rivoluzione di Gianni Pettenati, pare che Tenco fu preso dallo sconforto.
Rinchiusosi nella sua camera in una dépendance dell'Hotel Savoy, venne successivamente trovato morto proprio dalla stessa Dalida. Il corpo riportava un foro di proiettile alla testa. Venne trovato un biglietto vergato a mano - che più perizie calligrafiche hanno poi consentito di attribuire allo stesso Tenco - contenente il seguente testo:
«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda "Io tu e le rose" in finale e una commissione che seleziona "La rivoluzione". Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.»
LUIGI TENCO - LI VIDI PASSARE
Li vidi passare
vicino al mio campo
ero un ragazzino
stavo lì a giocare
Erano trecento
erano giovani e forti
andavano al fronte
col sole negli occhi
E cantavano cantavano
tutti in coro
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
Ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
Avrei dato la vita
per essere con loro
dicevano domani
domani torneranno
Aspettai domani
per giorni e per giorni
col sole nei campi
e poi con la neve
Chiedevo alla gente
quando torneranno
la gente piangeva
senza dirmi niente
E da solo io cantavo
in mezzo ai prati
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
Ma una sera ad un tratto
chiusi gli occhi e capii
e quella notte in sogno
io li vidi tornare
Ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
ciao amore ciao amore
ciao amore ciao
PISA 5 OTTOBRE L'ONDA SCENDE IN PIAZZA
Pisa - Gelmini e Brunetta l'università autoriformata vi rifiuta: go away!
Lunedì 5 ottobre i ministri Gelmini e Brunetta sono stati invitati a dare i propri saluti istituzionali ad un forum al Cnr qui a Pisa. Ciò che l'autunno fino ad ora ci ha consegnato è un mondo della formazione tutt'altro che pacificato; abbiamo visto in questo settembre mobilitarsi precari della scuola e dello spettacolo e nelle università abbiamo assistito al fallimento dei test d'ingresso.
Gelmini e Brunetta sono i due ministri che più di tutti hanno attaccato il movimento dell'onda (come non ricordare il ministro Brunetta che ci chiamava tutti “guerriglieri..”?)
Pisa da sempre si è caratterizzata come “città della formazione” ed è in questa città che questi due ministri pensano di poter tranquillamente presenziare ad un convegno, gli stessi due ministri che più di altri si sono battuti per imporre una retorica sul merito che sempre di più diventa retorica dell'esclusione e del far pagare questi crisi ai più deboli.
Invitiamo quindi Pisa, città della formazione, e quindi anche città critica e degna, a rifiutare chi vorrebbe metterle il bavaglio. Hic sunt leones
Coordinamento dei collettivi in viaggio
da Uniriot
Messina: nubifragio fa strage. Non è successo per caso
La condizione di dissesto idrogeologico che costituisce la normalità del territorio Siciliano sta mietendo in queste ore nuove vittime. I fatti di Messina, con le decine di morti (20 al momento) sotto le frane, le palazzine crollate e travolte da torrenti e fiumi di fango non sono una tragica fatalità ne un disastro naturale, sono il risultato di scelte precise di chi ha negli anni ha amministrato e governato il territorio, scelte compiute perdippiù nella piena consapevolezza delle conseguenze.
Una consapevolezza che non è data solo dai dati e dalle ricerche con cui i geologi hanno ripetutamente denunciato l'emergenza ma anche dalla storia che ha visto a più riprese ed assai frequentemente frane e smottamenti sconvolgere Messina ed il suo comprensorio in seguito a "nubifragi" (termine un po' desueto utilizzato dai media per velare di eccezionalità cio che eccezionale non è, la pioggia), la stessa Giampilieri(frazione di Messina), oggi tra le comunità più colpite con i suoi 6 morti, aveva subito appena nel 2007 un alluvione e solo una decina d'anni fa, nel settembre del '98, sempre nel messinese altre quattro persone erano morte. Ma episodi di fenomeni simili, meno gravi e senza vittime, si sono registrati negli ultimi tempi in quell'area con cadenza quasi annuale.
La decisione di affrontare le eventuali esplosioni emergenziali e straordinarie piuttosto che tutelare giornalmente e con pratiche ordinarie di cura del territorio l'integrità dell'assetto geologico deve apparire agli occhi miopi e criminali di chi ha permesso alla speculazione edilizia di devastare le città e le campagne la scelta più redditizia, d'altronde il disinteresse totale per le sorti degli abitanti in nome del progresso(?) e delle fruttuose speculazioni ad esso legate, la vicenda del ponte sullo stretto ne è a tal proposito un esempio grandioso, è la cifra caratteristica di chi ha governato e sta governando il paese nonché paradigma fedele di quanto accaduto
I centri più colpiti da questa strage (dell'uomo e non della natura come già detto) sono la frazione di Gaimpilieri ed il comune di Scaletta Zanclea, come testimoniano gli stessi abitanti questa non è per nulla una sorpresa, la protezione civile dell'ineffabile e spettacolare Bertolaso era a conoscenza della particolare pericolosità di quei luoghi ma nulla è stato fatto neanche per evitare, non il disastro in se, ma perlomeno le sue più tragiche conseguenze. Paradossale sarà nei prossimi giorni dover assistere di fronte a tanto cinico disinteresse per le vite delle popolazioni all'ormai rituale retorica sull'efficienza e straordinario eroismo della protezione civile che da qualche tempo sono diventate la costante dell'informazione mainstream.
da Infoaut
Gattocomunisti a tiratura limitata, come le griffe
Ci compraste tutti i giorni, cari lettori e lettrici, con la foga con cui a Piazza del Popolo a Roma avete assaltato il nostro banchetto con le magliette di Vauro, il manifesto sarebbe il giornale più solidamente libero del mondo. Ore 11, di manifestanti per la libertà di stampa se ne vedono ancora pochi ma arrivano i nostri, ufficio promozione, con l'arma segreta. T-shirt arancione («sembra la divisa di Guantanamo», dice spiritosa una dei nostri della politica) con la scritta «Gattocomunisti sempre». Maglietta celebre, di lei si parla sui giornali e soprattutto è stata vista in tv, dunque esiste. Arma segreta di riserva t-shirt rossa, con la scritta «Pelizza da Gattedo», diciamo un Quarto stato profondamente rivisto cent'anni dopo o giù di lì. Ore 15.25, l'ufficio promozione si arrende: l'Arancione è finita, scene da mercato ai tempi prima della crisi, la maglietta è andata a ruba. Rimane soltanto quella rossa, un bambino di nove anni davanti a noi accenna a un piagnucolio, voleva quella di Guantanamo, si accontenta del Gattedo doc.
Compagni, abbiamo sbagliato la tiratura, limitata come le griffe. Chiediamo venia. Rilanceremo. Vi faremo sapere. Magari ci scappa il bis, come i grandi del rock. Cliccate per sapere www.ilmanifesto.it. Meglio ancora, comprate il giornale tutti i giorni, sennò che gattocomunisti siete? Certo è che Piazza del Popolo è piccola per tutti, è grande per il suo obiettivo, e il manifesto ne è un bel pezzo, noi che giornale libero lo siamo dalla nascita. Anomalo, cooperativo, corsaro.
Ci tirano per la camicia, ehi ce l'avete la maglietta dei gatti arancioni? Macché, musi lunghi, facciamo un giro e puntiamo una distinta signora che l'indossa, magari ne ha comprate tante e trattiamo. «Bella, eh?». «La vuoi? 20 euro!». Ma costa 10 euro! Stiamo per dirle qualcosa tipo lei non sa chi sono io, ci limitiamo: di dove è? «Trento», ammazza l'affarista.
Sul palco intanto parlano, suonano, la piazza è diventata come il passante di Mestre in un giorno di agosto, non si entra e non si esce. Meno male che lo striscione de il manifesto è bello in alto, sul muro opposto al palco, ragazzi si affollano sul cornicione, chi non ha l'età si accontenta dei sanpietrini, la stanchezza butta molti giù per terra. Al gazebo del giornale nel frattempo tirano il fiato, l'assalto frontale si placa, il nostro ufficio promozione non riesce a moltiplicare i pani e i pesci, e allora si arrangia con i soli pesci, le magliette rosse. Che comunque stracciano quelle con il Che del banchetto a fianco. Questo sì un miracolo.
di Francesco Paternò da IlManifesto
Intimidazioni fasciste a Viterbo contro l'Arci e Ascanio Celestini
E' una notizia di qualche giorno fa però mi sembrava giusto divulgarla.
Dichiarazione di Paolo Beni, presidente nazionale Arci,
e Marco Trulli, presidente Arci Viterbo
Questa notte sono comparse in tutta Viterbo scritte intimidatorie e offensive nei confronti dell'Arci e di Ascanio Celestini, che stasera debutterà in città con lo spettacolo "Il razzismo è una brutta storia".
Lo spettacolo è il contributo che l'artista ha messo a disposizione della campagna nazionale contro il razzismo promossa dall'associazione in tutta Italia e che presenterà, dopo la prima di Viterbo, in altre dieci città.
I militanti di Casa Pound, che hanno firmato le scritte, si sono anche presi la briga di ricoprire le mura dei palazzi cittadini di volantini che se la prendono con migranti e rifugiati, probabilmente per rispondere all'iniziativa assunta dalla rete provinciale IO ACCOLGO che ha promosso un punto di informazione e sensibilizzazione su questi temi molto partecipato.
Nonostante le intimidazioni, questa sera il cine-teatro Il genio sarà tutto esaurito per lo spettacolo di Ascanio Celestini. I biglietti sono esauriti da giorni a dimostrazione dell'interesse che suscitano occasioni culturali impegnate come questa.
A chi vuole seminare razzismo e paura risponderemo anche con l'assemblea pubblica della rete IO ACCOLGO che si terrà domani 25 settembre alle ore 17.30 presso la Sala del Consiglio della Provincia di Viterbo.
Siamo infatti convinti che il più efficace antidoto all'intolleranza siano una corretta informazione e la creazione di spazi di partecipazione.
da ArciRoma
Dichiarazione di Paolo Beni, presidente nazionale Arci,
e Marco Trulli, presidente Arci Viterbo
Questa notte sono comparse in tutta Viterbo scritte intimidatorie e offensive nei confronti dell'Arci e di Ascanio Celestini, che stasera debutterà in città con lo spettacolo "Il razzismo è una brutta storia".
Lo spettacolo è il contributo che l'artista ha messo a disposizione della campagna nazionale contro il razzismo promossa dall'associazione in tutta Italia e che presenterà, dopo la prima di Viterbo, in altre dieci città.
I militanti di Casa Pound, che hanno firmato le scritte, si sono anche presi la briga di ricoprire le mura dei palazzi cittadini di volantini che se la prendono con migranti e rifugiati, probabilmente per rispondere all'iniziativa assunta dalla rete provinciale IO ACCOLGO che ha promosso un punto di informazione e sensibilizzazione su questi temi molto partecipato.
Nonostante le intimidazioni, questa sera il cine-teatro Il genio sarà tutto esaurito per lo spettacolo di Ascanio Celestini. I biglietti sono esauriti da giorni a dimostrazione dell'interesse che suscitano occasioni culturali impegnate come questa.
A chi vuole seminare razzismo e paura risponderemo anche con l'assemblea pubblica della rete IO ACCOLGO che si terrà domani 25 settembre alle ore 17.30 presso la Sala del Consiglio della Provincia di Viterbo.
Siamo infatti convinti che il più efficace antidoto all'intolleranza siano una corretta informazione e la creazione di spazi di partecipazione.
da ArciRoma
ROMA - ONLUS Fascista ed eversiva "Popoli", impediamo il definitivo sdoganamento di questi ratti mercenari
Dopo aver praticamente ma non in toto gettato la maschera la destra continua con il suo processo lento e paziente di infiltrazione e legittimazione a tutto campo. E dopo aver finanziato i CSOA di estrema destra come Casa Pound e Gens Romana, aver apposto il logo capitolino a iniziative sedicenti onlus a cui viene destinato anche l'otto per mille, fra cui quella patrocinata da Mambro & c. dal nome accattivante SPQR per i bambini più disagiati, il Comune di Roma nella persona di Alemanno e la Provincia in quella di Zingaretti dovrebbero rispondere sulla legalità di quel progetto umanitario "Popoli" ormai presente anche nelle nostre piazze, abituato a mimetizzarsi dietro frasi d'effetto e attività filantropiche non a fini di lucro. Ma da definirsi truffa morale a danno della gente che le si avvicina magari ignara di tutto questo retroscena inquietante e fuori ogni contesto di legalità.
Dovremmo chiedere spiegazioni visto che dietro queste onlus si nascondono ma né fanno gran mistero personaggi dal curriculum eversivo di estrema destra, indiziati di golpismo fascista in Paesi stranieri, come le Comore, la Birmania e il Congo, in un'internazionale nera che vede reclutare mercnari in una guerra che di umanitario, come sempre in questi casi non ha niente.
A titolo di cronaca ed informativo si illustrano alcuni dettagli ed articoli sull'organizzazione fascista ed evesriva POPOLI:
Da carpe-diem, così, a caso:
In Paradiso, nel Whaalla, con gli Dei, insieme a tutti i Martiri e i Caduti per l'Onore d'Italia
I Camerati
Segue elenco di neofascisti morti ammazzati.
Possiamo trovare, tra le tante, immagini “né di destra né di sinistra” di:
mussolini, bandiera di combattimento della RSI, legione straniera spagnola, jose antonio primo de rivera (fondatore della falange spagnola)
Possiamo ascoltare anche buona musica, tra cui:
preghiera del legionario, inno dei giovani fascisti italiani, giovinezza, decima!, sangue e onore
Oppure dilettarci nella lettura di testi. Ad esempio:
la dottrina del fascismo di tal benito mussolini, considerazioni sulla tradizione, breve storia della folgore, Evola, Leon Degrelle
Verona ospita la base dei signori della guerra da esportazione per poi sviluppare investimenti turistici in un piccolo paradiso naturale che è anche un inferno di povertà.
E il veronese Franco Nerozzi, 40 anni, giornalista free lance, volontario dell’associazione «Popoli» e da ieri agli arresti domiciliari, è considerato dalla polizia uno specialista in colpi di stato attraverso il reclutamento di mercenari. Punta i riflettori su questo oscuro mondo d’affari e di morte l’inchiesta della Procura che ieri è approdata ad una quindicina di perquisizioni in tutta Italia (la maggior parte a Verona) e all’arresto, oltre che di Nerozzi, anche di un cittadino di origini croate, Fabio Leva, 42 anni, nato a Lussimpiccolo e abitante a Muggia in provincia di Trieste.
Sullo sfondo di un imponente lavoro di intercettazioni telefoniche, di pedinamenti e di controlli con i contatti francesi, c’è la preparazione di un golpe alle isole Comore, a largo del Mozambico, un Paese poverissimo nel quale, negli ultimi venticinque anni, sono stati tentati o portati a termine diciannove colpi di stato. Tra i registi di questo progetto, gli investigatori della Digos che hanno condotto l’indagine, coordinata dal procuratore Guido Papalia, individuano un altro personaggio del romanzesco e violento mondo dei mercenari: l’uomo d’affari francese Bob Denard, considerato il mandante per l’operazione Comore perché in quel Paese lui ha una serie di investimenti bloccata dall’attuale governo del presidente Azzali Assoumani, in sella dal 1999 nonostante uno dei numerosi gruppi avversari abbiano tentato ancora una volta di roversciarlo nella primavera scorsa.
I controlli hanno portato gli investigatori della Digos anche a casa di Carlo Nerozzi, fratello di Franco, presidente della Veronamercato e imprenditore di successo, personaggio pubblico molto conosciuto. Nell’indagine entrano sette veronesi e nella lista degli indagati c’è Giulio Spiazzi, figlio del generale Amos, anche lui vicino all’associazione «Popoli». Cadono tutti dalle nuvole, c’è chi dice che l’attività svolta è solo umanitaria o di studio per la realizzazione di reportage. Ma la Procura non la pensa così, anche se non ritiene che tutti gli associati di «Popoli» vadano considerati collusi con queste operazioni militari. Per esempio, l’indagine sta accertando quale sia stato uno degli scopi della recente missione in Birmania nei primi giorni dello scorso settembre, quando il gruppo di una decina di volontari fu arrestato. In quell’occasione, gli otto medici al seguito di Franco Nerozzi non sapevano nulla di contatti con i guerriglieri e si dedicarono solo alle cure degli ammalati o dei feriti della popolazione Karen, da anni in forte contrapposizione con il governo birmano.
Ed anche su questa missione, ieri, gli investigatori della Digos hanno raccolto documentazione fotografica nelle case degli indagati. In alcuni scatti Nerozzi è vicino a mitragliatori, poi ci sono le fotografie di granate e mortai ed anche di campi d’addestramento di guerriglieri. È tutto materiale che solitamente un giornalista conserva dopo i viaggi in Paesi martoriati dai conflitti, ma l’indagine riserva altri atti, per il momento ancora coperti dal segreto istruttorio, tra i quali si consolida la convinzione della Procura e del giudice per le indagini preliminari Stefano Sernia che ha emesso le ordinanze di custodia cautelare.
A Franco Nerozzi e a Fabio Leva è contestato il fatto di aver costituito un’associazione con lo scopo di violare la legge che punisce il terrorismo internazionale e il sovvertimento degli ordinamenti democratici e la norma sul divieto di reclutare mercenari per combattimenti all’estero. Il primo reato è lo stesso contestato agli organizzatori degli attentati dell’11 settembre perché introdotta proprio dopo gli attacchi a New York e Washington.
Bob Denard invece non è nella lista degli indagati dalla Procura di Verona e su di lui, recentemente assolto a Parigi dall’accusa di essere il mandante dell’uccisione del penultimo presidente delle Comore, pende una procedura di rogatoria internazionale.
Il prossimo passo dell’inchiesta sarà verso i finanziamenti ricevuti da Franco Nerozzi per le sue missioni. Se lo scopo di certi viaggi era preparare il terreno per un golpe che a sua volta avrebbe spianato la strada a floridi affari, chi ha consegnato soldi per queste operazioni non dormirà sonni tranquilli. Gli investigatori credono che la barriera corallina delle Comore, il clima e la possibilità di far arrivare il turismo di massa anche in quell’angolo di mondo politicamente instabile sia un motivo più che sufficiente per scatenare l’ennesimo massacro di povera gente.
Franco Nerozzi sarà interrogato nei prossimi giorni dal giudice Sernia. Ieri ha nominato come suo difensore l’avvocato Paolo Tebaldi. Anche altri indagati hanno scelto i legali. L’avvocato Roberto Bussinello assiste Giulio Spiazzi, Enrico Bastianello è stato invece nominato difensore da un giovane che vive in Valpolicella e che partecipò ad alcune missioni di «Popoli».
L’inchiesta è nata l’anno scorso quasi per caso. Durante alcuni controlli sui possibili autori di scritte antisemite davanti alla Sinagoga, un’intercettazione telefonica portò il dirigente Fernando Malfatti e gli investigatori della Digos sulla pista del reclutamento di mercenari. Ieri, il dottor Alessandro Meneghini, nominato recentemente a capo della Digos, ha spiegato che il fascicolo dell’inchiesta è pieno di documenti.
Le guerre del pensionato Leva in un articolo del 1968
E il maggiore disse al soldato «Avrò ancora bisogno di te»
di Luigi Grimaldi
Nel 1968 lasciò l’«Armée congolaise» perché voleva dedicarsi alla tenuta in Spagna comprata con i soldi guadagnati durante le guerre africane con i salari da mercenario. Ma il suo capo, il maggiore Schramme, gli disse: «Non è finita qui. Avremo ancora bisogno di te». È un pezzo della storia di Fabio Leva, anche lui agli arresti domiciliari per l’inchiesta sul progetto di golpe alle Comore. La sua vita fino al 1968 è riportata in un articolo del quotidiano Il piccolo di Trieste che lo descrisse come un soldato di ventura. È un pezzo giornalistico indicato negli atti dell’inchiesta del procuratore Guido Papalia.
In quell’articolo si parla di Fabio Leva e degli anni tra il 1965 e il 1968 trascorsi in Congo, Paese raggiunto con un volo da Bruxelles come un normale turista che invece andò poi ad affollare le truppe del maggiore Schramme. Sua moglie, Josephine Mukabutera, immortalata con lui in una foto sul giornale, era una ragazza ruandese conosciuta nel 1967 in una missione cattolica. Decise di sposarlo e di seguirlo fino nelle trincee. E, durante un attacco nemico, la donna fu anche ferita.
Sommozzatore, paracadutista e mercenario, Fabio Leva trovò un posto come impiegato all’Ente Porto di Trieste e lì lavorò per oltre vent’anni. Oggi è un pensionato e vive in un appartamento in via Commerciale, dove l’altro ieri gli investigatori della Digos gli hanno perquisito la casa per sequestrare tutto il materiale che potrà essere utile all’inchiesta. Computer, dischetti, agende e numeri di telefono che saranno esaminati per cercare di capire qual è stato il ruolo di Leva nell’affare del tentato golpe alle Comore.
Dalla sua storia passata, documentata sempre dall’articolo de Il Piccolo, emerge che anche all’epoca il mercenario non era un soldato qualunque che, disperato, si arruolava nella legione straniera. C’è scritto: «Fra breve i coniugi Leva si trasferiranno in Spagna dove, per gli uffici di una banca, il denaro che veniva regolarmente depositato, è stato saggiamente amministrato ed investito in beni immobili: oggi, infatti, Fabio Leva è diventato proprietario di una bella tenuta dove, con ogni probabilità, si dedicherà all’allevamento del bestiame».
Il giornale non diede per certa la conclusione della carriera del mercenario, sollevando ipotesi sul possibile ritorno di Leva nel continente nero per un «mal d’Africa» e per un inguaribile spirito di avventura.
Forza Nuova: «Sono innocenti»
Solidarietà al volontario da un noto inviato in zone di guerra
«Assoluta ed incondizionata solidarietà» arriva da Forza Nuova agli indagati e
all’associazione «Popoli» per l’inchiesta sul reclutamento di mercenari. «È un’incredibile azione giudiziaria», è riportato in un documento del movimento di estrema destra, e senza entrare nel merito della vicenda strettamente processuale, che peraltro presenta allo stato lati poco chiari (uno su tutti, indice della spettacolarità dell’azione, la stampa avvertita dell’arresto di un indagato ore prima dell’esecuzione dell’ordinanza), Forza Nuova ritiene che la presente operazione sia l’ennesimo tentativo della Procura di Verona destinato a colpire organizzazioni non incanalate nella logica perversa della globalizzazione e del mondialismo». Il movimento difende anche le iniziative dell’associazione «Popoli» ritenendo che siano state orientate «alla difesa a favore delle genti o delle etnie che lottano per il mantenimento della propria identità».
«Forza Nuova» conclude il documento, «è assolutamente convinta dell’estraneità degli indagati ai fatti ed auspica che, quanto prima, venga accertata la verità, dimostrando l’assoluta inconsistenza del teorema accusatorio, così come è già avvenuto in altri processi veronesi relativi alla repressione delle idee e dei pensieri, attuata con l’uso indiscriminato del cosiddetto decreto Mancino».
Solidarietà personale a Franco Nerozzi è invece espressa da Ugo Tramballi, inviato speciale per gli affari internazionali del quotidiano Sole 24 Ore, con una lettera a L’Arena . «Per quanto possa essere inutile», scrive il giornalista, «vorrei esprimere la mia solidarietà personale a Franco Nerozzi. Niente mi lega a lui, dalle convinzioni politiche opposte a quelle calcistiche, ad eccezione di una profonda amicizia. Un legame costruito sul campo esercitando il nostro mestiere di giornalisti, sulle montagne afghane o nelle township nere sudafricane. Qui posso testimoniare che Franco è stato un giornalista appassionato, scrupoloso, solidale. Trovo curioso», continua Tramballi, «che ora sia indagato per i suoi viaggi a scopo umanitario in Birmania insieme ad altre sette persone che erano con lui. In quel gruppo avrei dovuto esserci anch’io: solo la crisi in Medio Oriente mi ha costretto a cambiare destinazione. E sono convinto che se fossi andato con Franco avrei esercitato solo il mio diritto-dovere d’informare».
Anche Giovanni Perez della Fiamma Tricolore esprime solidarietà all’associazione «Popoli» e critica le notizie per «sbattere ancora una volta i mostri in prima pagina».
Infine, scrive anche il presidente dell’associazione «Popoli» Pietro Caruana. «Tengo a precisare che le donazioni ricevute dagli associati o da semplici cittadini interessati alla nostra attività di volontariato, sono correttamente iscritte nel bilancio dell’associazione e vengono utilizzate esclusivamente per gli scopi previsti dallo statuto. Tutte le spese sostenute per le missioni umanitarie vengono registrate nel medesimo bilancio che è a disposizione degli associati». Caruana contesta una frase di un articolo pubblicato su L’Arena che, comunque, non si riferiva ai soldi versati legittimamente per le missioni umanitarie legittime, ma agli eventuali finanziamenti per presunte operazioni illegali teorizzate dall’accusa e ancora da provare davanti ad un tribunale.
La legge 270 per colpire il terrorismo internazionale è entrata in vigore dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 a New York e Washington. Il procuratore Guido Papalia contesta la violazione di questa norma ai due indagati arrestati durante l’inchiesta sul tentato golpe alle Comore, mentre gli altri indagati sono sospettati di aver violato un’altra legge speciale che proibisce di reclutare mercenari per combattimenti all’estero. Questa legge è la numero 210 del 12 maggio 1995 che ratificava una convenzione internazionale adottata all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 4 dicembre 1989. La legge prevede la condanna da due a sette anni per chi, dietro compenso, promessa o altra utilità, combatte un conflitto armato nel territorio controllato da uno Stato estero di cui non ne sia cittadino stabilmente residente. Nel caso di questa inchiesta è stato applicato il comma che punisce «chi recluta, finanzia o istruisce persone con lo scopo» di combattere in un territorio straniero.
DA INDYMEDIA ITALIA
Dovremmo chiedere spiegazioni visto che dietro queste onlus si nascondono ma né fanno gran mistero personaggi dal curriculum eversivo di estrema destra, indiziati di golpismo fascista in Paesi stranieri, come le Comore, la Birmania e il Congo, in un'internazionale nera che vede reclutare mercnari in una guerra che di umanitario, come sempre in questi casi non ha niente.
A titolo di cronaca ed informativo si illustrano alcuni dettagli ed articoli sull'organizzazione fascista ed evesriva POPOLI:
Da carpe-diem, così, a caso:
In Paradiso, nel Whaalla, con gli Dei, insieme a tutti i Martiri e i Caduti per l'Onore d'Italia
I Camerati
Segue elenco di neofascisti morti ammazzati.
Possiamo trovare, tra le tante, immagini “né di destra né di sinistra” di:
mussolini, bandiera di combattimento della RSI, legione straniera spagnola, jose antonio primo de rivera (fondatore della falange spagnola)
Possiamo ascoltare anche buona musica, tra cui:
preghiera del legionario, inno dei giovani fascisti italiani, giovinezza, decima!, sangue e onore
Oppure dilettarci nella lettura di testi. Ad esempio:
la dottrina del fascismo di tal benito mussolini, considerazioni sulla tradizione, breve storia della folgore, Evola, Leon Degrelle
Verona ospita la base dei signori della guerra da esportazione per poi sviluppare investimenti turistici in un piccolo paradiso naturale che è anche un inferno di povertà.
E il veronese Franco Nerozzi, 40 anni, giornalista free lance, volontario dell’associazione «Popoli» e da ieri agli arresti domiciliari, è considerato dalla polizia uno specialista in colpi di stato attraverso il reclutamento di mercenari. Punta i riflettori su questo oscuro mondo d’affari e di morte l’inchiesta della Procura che ieri è approdata ad una quindicina di perquisizioni in tutta Italia (la maggior parte a Verona) e all’arresto, oltre che di Nerozzi, anche di un cittadino di origini croate, Fabio Leva, 42 anni, nato a Lussimpiccolo e abitante a Muggia in provincia di Trieste.
Sullo sfondo di un imponente lavoro di intercettazioni telefoniche, di pedinamenti e di controlli con i contatti francesi, c’è la preparazione di un golpe alle isole Comore, a largo del Mozambico, un Paese poverissimo nel quale, negli ultimi venticinque anni, sono stati tentati o portati a termine diciannove colpi di stato. Tra i registi di questo progetto, gli investigatori della Digos che hanno condotto l’indagine, coordinata dal procuratore Guido Papalia, individuano un altro personaggio del romanzesco e violento mondo dei mercenari: l’uomo d’affari francese Bob Denard, considerato il mandante per l’operazione Comore perché in quel Paese lui ha una serie di investimenti bloccata dall’attuale governo del presidente Azzali Assoumani, in sella dal 1999 nonostante uno dei numerosi gruppi avversari abbiano tentato ancora una volta di roversciarlo nella primavera scorsa.
I controlli hanno portato gli investigatori della Digos anche a casa di Carlo Nerozzi, fratello di Franco, presidente della Veronamercato e imprenditore di successo, personaggio pubblico molto conosciuto. Nell’indagine entrano sette veronesi e nella lista degli indagati c’è Giulio Spiazzi, figlio del generale Amos, anche lui vicino all’associazione «Popoli». Cadono tutti dalle nuvole, c’è chi dice che l’attività svolta è solo umanitaria o di studio per la realizzazione di reportage. Ma la Procura non la pensa così, anche se non ritiene che tutti gli associati di «Popoli» vadano considerati collusi con queste operazioni militari. Per esempio, l’indagine sta accertando quale sia stato uno degli scopi della recente missione in Birmania nei primi giorni dello scorso settembre, quando il gruppo di una decina di volontari fu arrestato. In quell’occasione, gli otto medici al seguito di Franco Nerozzi non sapevano nulla di contatti con i guerriglieri e si dedicarono solo alle cure degli ammalati o dei feriti della popolazione Karen, da anni in forte contrapposizione con il governo birmano.
Ed anche su questa missione, ieri, gli investigatori della Digos hanno raccolto documentazione fotografica nelle case degli indagati. In alcuni scatti Nerozzi è vicino a mitragliatori, poi ci sono le fotografie di granate e mortai ed anche di campi d’addestramento di guerriglieri. È tutto materiale che solitamente un giornalista conserva dopo i viaggi in Paesi martoriati dai conflitti, ma l’indagine riserva altri atti, per il momento ancora coperti dal segreto istruttorio, tra i quali si consolida la convinzione della Procura e del giudice per le indagini preliminari Stefano Sernia che ha emesso le ordinanze di custodia cautelare.
A Franco Nerozzi e a Fabio Leva è contestato il fatto di aver costituito un’associazione con lo scopo di violare la legge che punisce il terrorismo internazionale e il sovvertimento degli ordinamenti democratici e la norma sul divieto di reclutare mercenari per combattimenti all’estero. Il primo reato è lo stesso contestato agli organizzatori degli attentati dell’11 settembre perché introdotta proprio dopo gli attacchi a New York e Washington.
Bob Denard invece non è nella lista degli indagati dalla Procura di Verona e su di lui, recentemente assolto a Parigi dall’accusa di essere il mandante dell’uccisione del penultimo presidente delle Comore, pende una procedura di rogatoria internazionale.
Il prossimo passo dell’inchiesta sarà verso i finanziamenti ricevuti da Franco Nerozzi per le sue missioni. Se lo scopo di certi viaggi era preparare il terreno per un golpe che a sua volta avrebbe spianato la strada a floridi affari, chi ha consegnato soldi per queste operazioni non dormirà sonni tranquilli. Gli investigatori credono che la barriera corallina delle Comore, il clima e la possibilità di far arrivare il turismo di massa anche in quell’angolo di mondo politicamente instabile sia un motivo più che sufficiente per scatenare l’ennesimo massacro di povera gente.
Franco Nerozzi sarà interrogato nei prossimi giorni dal giudice Sernia. Ieri ha nominato come suo difensore l’avvocato Paolo Tebaldi. Anche altri indagati hanno scelto i legali. L’avvocato Roberto Bussinello assiste Giulio Spiazzi, Enrico Bastianello è stato invece nominato difensore da un giovane che vive in Valpolicella e che partecipò ad alcune missioni di «Popoli».
L’inchiesta è nata l’anno scorso quasi per caso. Durante alcuni controlli sui possibili autori di scritte antisemite davanti alla Sinagoga, un’intercettazione telefonica portò il dirigente Fernando Malfatti e gli investigatori della Digos sulla pista del reclutamento di mercenari. Ieri, il dottor Alessandro Meneghini, nominato recentemente a capo della Digos, ha spiegato che il fascicolo dell’inchiesta è pieno di documenti.
Le guerre del pensionato Leva in un articolo del 1968
E il maggiore disse al soldato «Avrò ancora bisogno di te»
di Luigi Grimaldi
Nel 1968 lasciò l’«Armée congolaise» perché voleva dedicarsi alla tenuta in Spagna comprata con i soldi guadagnati durante le guerre africane con i salari da mercenario. Ma il suo capo, il maggiore Schramme, gli disse: «Non è finita qui. Avremo ancora bisogno di te». È un pezzo della storia di Fabio Leva, anche lui agli arresti domiciliari per l’inchiesta sul progetto di golpe alle Comore. La sua vita fino al 1968 è riportata in un articolo del quotidiano Il piccolo di Trieste che lo descrisse come un soldato di ventura. È un pezzo giornalistico indicato negli atti dell’inchiesta del procuratore Guido Papalia.
In quell’articolo si parla di Fabio Leva e degli anni tra il 1965 e il 1968 trascorsi in Congo, Paese raggiunto con un volo da Bruxelles come un normale turista che invece andò poi ad affollare le truppe del maggiore Schramme. Sua moglie, Josephine Mukabutera, immortalata con lui in una foto sul giornale, era una ragazza ruandese conosciuta nel 1967 in una missione cattolica. Decise di sposarlo e di seguirlo fino nelle trincee. E, durante un attacco nemico, la donna fu anche ferita.
Sommozzatore, paracadutista e mercenario, Fabio Leva trovò un posto come impiegato all’Ente Porto di Trieste e lì lavorò per oltre vent’anni. Oggi è un pensionato e vive in un appartamento in via Commerciale, dove l’altro ieri gli investigatori della Digos gli hanno perquisito la casa per sequestrare tutto il materiale che potrà essere utile all’inchiesta. Computer, dischetti, agende e numeri di telefono che saranno esaminati per cercare di capire qual è stato il ruolo di Leva nell’affare del tentato golpe alle Comore.
Dalla sua storia passata, documentata sempre dall’articolo de Il Piccolo, emerge che anche all’epoca il mercenario non era un soldato qualunque che, disperato, si arruolava nella legione straniera. C’è scritto: «Fra breve i coniugi Leva si trasferiranno in Spagna dove, per gli uffici di una banca, il denaro che veniva regolarmente depositato, è stato saggiamente amministrato ed investito in beni immobili: oggi, infatti, Fabio Leva è diventato proprietario di una bella tenuta dove, con ogni probabilità, si dedicherà all’allevamento del bestiame».
Il giornale non diede per certa la conclusione della carriera del mercenario, sollevando ipotesi sul possibile ritorno di Leva nel continente nero per un «mal d’Africa» e per un inguaribile spirito di avventura.
Forza Nuova: «Sono innocenti»
Solidarietà al volontario da un noto inviato in zone di guerra
«Assoluta ed incondizionata solidarietà» arriva da Forza Nuova agli indagati e
all’associazione «Popoli» per l’inchiesta sul reclutamento di mercenari. «È un’incredibile azione giudiziaria», è riportato in un documento del movimento di estrema destra, e senza entrare nel merito della vicenda strettamente processuale, che peraltro presenta allo stato lati poco chiari (uno su tutti, indice della spettacolarità dell’azione, la stampa avvertita dell’arresto di un indagato ore prima dell’esecuzione dell’ordinanza), Forza Nuova ritiene che la presente operazione sia l’ennesimo tentativo della Procura di Verona destinato a colpire organizzazioni non incanalate nella logica perversa della globalizzazione e del mondialismo». Il movimento difende anche le iniziative dell’associazione «Popoli» ritenendo che siano state orientate «alla difesa a favore delle genti o delle etnie che lottano per il mantenimento della propria identità».
«Forza Nuova» conclude il documento, «è assolutamente convinta dell’estraneità degli indagati ai fatti ed auspica che, quanto prima, venga accertata la verità, dimostrando l’assoluta inconsistenza del teorema accusatorio, così come è già avvenuto in altri processi veronesi relativi alla repressione delle idee e dei pensieri, attuata con l’uso indiscriminato del cosiddetto decreto Mancino».
Solidarietà personale a Franco Nerozzi è invece espressa da Ugo Tramballi, inviato speciale per gli affari internazionali del quotidiano Sole 24 Ore, con una lettera a L’Arena . «Per quanto possa essere inutile», scrive il giornalista, «vorrei esprimere la mia solidarietà personale a Franco Nerozzi. Niente mi lega a lui, dalle convinzioni politiche opposte a quelle calcistiche, ad eccezione di una profonda amicizia. Un legame costruito sul campo esercitando il nostro mestiere di giornalisti, sulle montagne afghane o nelle township nere sudafricane. Qui posso testimoniare che Franco è stato un giornalista appassionato, scrupoloso, solidale. Trovo curioso», continua Tramballi, «che ora sia indagato per i suoi viaggi a scopo umanitario in Birmania insieme ad altre sette persone che erano con lui. In quel gruppo avrei dovuto esserci anch’io: solo la crisi in Medio Oriente mi ha costretto a cambiare destinazione. E sono convinto che se fossi andato con Franco avrei esercitato solo il mio diritto-dovere d’informare».
Anche Giovanni Perez della Fiamma Tricolore esprime solidarietà all’associazione «Popoli» e critica le notizie per «sbattere ancora una volta i mostri in prima pagina».
Infine, scrive anche il presidente dell’associazione «Popoli» Pietro Caruana. «Tengo a precisare che le donazioni ricevute dagli associati o da semplici cittadini interessati alla nostra attività di volontariato, sono correttamente iscritte nel bilancio dell’associazione e vengono utilizzate esclusivamente per gli scopi previsti dallo statuto. Tutte le spese sostenute per le missioni umanitarie vengono registrate nel medesimo bilancio che è a disposizione degli associati». Caruana contesta una frase di un articolo pubblicato su L’Arena che, comunque, non si riferiva ai soldi versati legittimamente per le missioni umanitarie legittime, ma agli eventuali finanziamenti per presunte operazioni illegali teorizzate dall’accusa e ancora da provare davanti ad un tribunale.
La legge 270 per colpire il terrorismo internazionale è entrata in vigore dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 a New York e Washington. Il procuratore Guido Papalia contesta la violazione di questa norma ai due indagati arrestati durante l’inchiesta sul tentato golpe alle Comore, mentre gli altri indagati sono sospettati di aver violato un’altra legge speciale che proibisce di reclutare mercenari per combattimenti all’estero. Questa legge è la numero 210 del 12 maggio 1995 che ratificava una convenzione internazionale adottata all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 4 dicembre 1989. La legge prevede la condanna da due a sette anni per chi, dietro compenso, promessa o altra utilità, combatte un conflitto armato nel territorio controllato da uno Stato estero di cui non ne sia cittadino stabilmente residente. Nel caso di questa inchiesta è stato applicato il comma che punisce «chi recluta, finanzia o istruisce persone con lo scopo» di combattere in un territorio straniero.
DA INDYMEDIA ITALIA
Lettera aperta al Magistrato di Sorveglianza di Torino
Non liberabili
Nel numero 37 del 19 settembre 2009 di “Guida al Diritto”, nell’editoriale di Fabio Fiorentini, magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Torino, leggo:
“(…) I detenuti si dividono in due grandi categorie. La prima è costituita da soggetti pericolosi e “non liberabili” …
Un’affermazione molto grave perché oltretutto arriva da un magistrato di sorveglianza che dovrebbe essere il garante della Costituzione nei carceri.
Forse è il caso di ricordare che l’articolo 27 della Costituzione recita che la pena ha una “funzione rieducativa” e si pensa che sia per tutti, quindi anche per il peggiore criminale che, se non viene messo a morte, ha diritto al futuro.
Non ci dovrebbero essere “soggetti non liberabili” o soggetti cattivi e colpevoli per sempre.
Emile Durkheim affermava:
-Non bisogna dire che un atto urta la coscienza comune perché è criminale, ma che è criminale perché urta la coscienza comune.
Signor magistrato di sorveglianza non ci sono criminali non liberabili, piuttosto ci sono magistrati di sorveglianza che pensano che ci sono criminali cattivi per sempre.
Signor magistrato non dovrei essere io a ricordarle che la durata delle limitazioni della libertà deve essere proporzionale alle necessità di recupero, piuttosto che alla gravità della violazione.
Molti di noi sono stati criminali perché spinti fin da bambini all’illegalità da uno Stato ingiusto e assente.
Che fare?
Ecco la proposta.
Non il carcere, il male, la sofferenza, ma il risarcimento.
No al male della giustizia cieca e vendicativa, perché pure per le vittime il risarcimento è più utile della punizione.
Che fare?
Perché invece di progettare altri carceri, di legiferare indulti e di parlare di detenuti non liberabili, non si cerca di fare uscire quei detenuti che sono dentro da venti anni e più per mandarli fuori a lavorare ed eventualmente per risarcire le vittime dei reati?
A che serve continuare a tenerli dentro senza fare nulla?
Non serve a nulla!
Serve alle forze politiche che pensano come lei che esistono detenuti non liberabili e serve pure a noi per darci un esempio e un motivo per continuare a essere criminali.
Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto Settembre 2009
Nel numero 37 del 19 settembre 2009 di “Guida al Diritto”, nell’editoriale di Fabio Fiorentini, magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Torino, leggo:
“(…) I detenuti si dividono in due grandi categorie. La prima è costituita da soggetti pericolosi e “non liberabili” …
Un’affermazione molto grave perché oltretutto arriva da un magistrato di sorveglianza che dovrebbe essere il garante della Costituzione nei carceri.
Forse è il caso di ricordare che l’articolo 27 della Costituzione recita che la pena ha una “funzione rieducativa” e si pensa che sia per tutti, quindi anche per il peggiore criminale che, se non viene messo a morte, ha diritto al futuro.
Non ci dovrebbero essere “soggetti non liberabili” o soggetti cattivi e colpevoli per sempre.
Emile Durkheim affermava:
-Non bisogna dire che un atto urta la coscienza comune perché è criminale, ma che è criminale perché urta la coscienza comune.
Signor magistrato di sorveglianza non ci sono criminali non liberabili, piuttosto ci sono magistrati di sorveglianza che pensano che ci sono criminali cattivi per sempre.
Signor magistrato non dovrei essere io a ricordarle che la durata delle limitazioni della libertà deve essere proporzionale alle necessità di recupero, piuttosto che alla gravità della violazione.
Molti di noi sono stati criminali perché spinti fin da bambini all’illegalità da uno Stato ingiusto e assente.
Che fare?
Ecco la proposta.
Non il carcere, il male, la sofferenza, ma il risarcimento.
No al male della giustizia cieca e vendicativa, perché pure per le vittime il risarcimento è più utile della punizione.
Che fare?
Perché invece di progettare altri carceri, di legiferare indulti e di parlare di detenuti non liberabili, non si cerca di fare uscire quei detenuti che sono dentro da venti anni e più per mandarli fuori a lavorare ed eventualmente per risarcire le vittime dei reati?
A che serve continuare a tenerli dentro senza fare nulla?
Non serve a nulla!
Serve alle forze politiche che pensano come lei che esistono detenuti non liberabili e serve pure a noi per darci un esempio e un motivo per continuare a essere criminali.
Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto Settembre 2009
FOGGIA, MAROCCHINO FERITO, ARRESTATO L’AUTORE
UN GIOVANE MAROCCHINO, RACHID FOUAD, DI 28 ANNI, È STATO FERITO QUESTO POMERIGGIO A FOGGIA, RAGGIUNTO DI STRISCIO DA UN COLPO DI PISTOLA.
LE SUE CONDIZIONI NON SONO GRAVI.
IL FERIMENTO SI È VERIFICATO NON LONTANO DAL MERCATO RIONALE DI VIA LUIGI PINTO.
SECONDO LE INDAGINI DELLA SQUADRA MOBILE, CHE HA SENTITO ALCUNI TESTIMONI, A SPARARE SAREBBE STATO UN GIOVANE FRUTTIVENDOLO FOGGIANO, CARMINE CORVINO, DI 20 ANNI.
AVREBBE LITIGATO CON IL MAROCCHINO PERCHÉ QUEST'ULTIMO PRETENDEVA IL PAGAMENTO DI ALCUNE GIORNATE LAVORATIVE, CHE EGLI INVECE NON AVREBBE INTESO RICONOSCERGLI.
IL LITIGIO È DEGENERATO, E IL FRUTTIVENDOLO AVREBBE FATTO FUOCO CONTRO IL MAROCCHINO CON UNA PISTOLA CALIBRO 9.
CORVINO, CHE È INCENSURATO, È STATO RINTRACCIATO ED ARRESTATO CON L' ACCUSA DI TENTATO OMICIDIO.
da Telenorba.it
LE SUE CONDIZIONI NON SONO GRAVI.
IL FERIMENTO SI È VERIFICATO NON LONTANO DAL MERCATO RIONALE DI VIA LUIGI PINTO.
SECONDO LE INDAGINI DELLA SQUADRA MOBILE, CHE HA SENTITO ALCUNI TESTIMONI, A SPARARE SAREBBE STATO UN GIOVANE FRUTTIVENDOLO FOGGIANO, CARMINE CORVINO, DI 20 ANNI.
AVREBBE LITIGATO CON IL MAROCCHINO PERCHÉ QUEST'ULTIMO PRETENDEVA IL PAGAMENTO DI ALCUNE GIORNATE LAVORATIVE, CHE EGLI INVECE NON AVREBBE INTESO RICONOSCERGLI.
IL LITIGIO È DEGENERATO, E IL FRUTTIVENDOLO AVREBBE FATTO FUOCO CONTRO IL MAROCCHINO CON UNA PISTOLA CALIBRO 9.
CORVINO, CHE È INCENSURATO, È STATO RINTRACCIATO ED ARRESTATO CON L' ACCUSA DI TENTATO OMICIDIO.
da Telenorba.it
Iscriviti a:
Post (Atom)