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martedì 2 giugno 2009

2 GIUGNO 1946


Il 2 giugno 1946 in Italia si svolse il primo referendum istituzionale. Gli italiani furono chiamati a scegliere tra repubblica e monarchia.

Il voto fu per la prima volta in Italia a suffragio universale e l'affluenza fu dell'89,1% degli aventi diritto.

La campagna referendaria fu alquanto accesa, ma nelle regioni "rosse" vi fu un clima di intimidazione contro i monarchici. Tutti i partiti di sinistra (PCI, PSI, Pd'A), si espressero apertamente a favore del sistema repubblicano così come il PRI.
Il PLI appoggiò la monarchia, mentre la Democrazia cristiana lasciò libertà di voto, anche se fece proprio il sistema repubblicano. La scelta della DC fu dovuta dalla necessità di non far spostare le masse meridionali, a larghissima maggioranza monarchiche, verso i partiti monarchici o qualunquisti e poter, così, assicurarsi un ampio consenso nelle contestuali elezioni parlamentari[senza fonte].
La scelta della DC risultò vincente. L'Italia, infatti, si divise in due non politicamente, ma geograficamente. Basti pensare a regioni "bianche", dove cioè prevaleva il voto cattolico a favore della DC, come il Veneto, il Trentino, la Calabria e la Basilicata. Nelle prime due, si affermò la DC alle elezioni parlamentari e la repubblica nel referendum, nelle ultime due, invece, prevalsero DC e monarchia.

totale percentuale (%)
Iscritti alle liste 28 005 449
Votanti 24 947 187 89,10 (su n. elettori)
Voti validi 23 437 143 93,95 (su n. votanti)
Voti nulli o schede bianche 1 509 735 6,05 (su n. votanti)
Astenuti 3 058 262 10,90 (su n. iscritti)


Le felpe nere di casa Pound


Si ispirano al poeta americano. Si definiscono i fascisti del terzo Millennio. Vivono fra antichi valori, tradizioni e culto della violenza. E da Roma fanno proseliti in tutta Italia. Un libro li ha fotografati e seguiti per per oltre un anno.

Ezra Pound è il più nobile e il più ambiguo degli intellettuali amati dalla destra. Il valore delle sue poesie è universalmente riconosciuto e fa passare in secondo piano il suo ruolo alla corte di Mussolini fino agli ultimi giorni di Salò, in una militanza mai abiurata.

Opere e omissioni, in un misto volutamente mimetico: proprio questa è la chiave per entrare dentro Casa Pound, la realtà della destra estrema che da Roma si sta radicando in tutta Italia. Mobilitazione sociale e buoni propositi che convivono con ideali mai morti e con un'esplicita attitudine allo scontro fisico.


Eccoli, i giovani fascisti del nuovo millennio, ritratti per la prima volta nella loro quotidianità. I volti delle ragazzine che cercano un'identità nell'impegno politico che una sinistra in decomposizione non offre più. Le schiere paramilitari dei camerati che sembrano usciti da un campo hobbit degli anni Sessanta.

Le foto di Alessandro Cosmelli penetrano nel cuore di questo movimento, portando alla luce l'anima che raramente viene mostrata in pubblico.

La vitalità profonda, ma anche l'urlo violento dei combattimenti a colpi di cinghia e la disciplina marziale delle loro adunanze. Senza più maschere, dal tunnel sotto Monte Mario trasformato in base e dalle nebbie delle colline a nord di Roma i legionari in felpa nera si schierano in una parata fuori dal tempo. Parallelamente leader e gregari si raccontano nel testo di Marco Mathieu, che ne evidenzia ambiguità e contraddizioni, creando il secondo binario di un progetto d'inchiesta che ha pochi precedenti in Italia. ?OltreNero?, questo il titolo del volume edito da Contrasto che sarà in libreria.

Il lavoro è la sintesi di un doppio reportage durato oltre un anno proprio per catturare questo magma che dalla Capitale continua a espandersi nei licei e nelle università della Penisola, occupando con attività concrete spazi sociali abbandonati dalla sinistra: le periferie, i senzacasa, i nuovi poveri, gli anziani. Le prime tre foto del libro sono come le tappe di un percorso di costruzione dell'immagine del movimento. C'è una maschera tetra, che potrebbe apparire carnevalesca: non ispira diffidenza, al massimo ha il sapore dell'antica goliardia universitaria.


Ci sono poi i dirigenti con giacche e cravatte indossate in modo improbabile, da festa paesana: la rinuncia a un volto politico tradizionale, a quella presentabilità parlamentare che ha caratterizzato tutta la destra da Fiuggi in poi. E pensare che molti di loro erano ?camerati? di Gianni Alemanno nella stessa sezione del Fronte della Gioventù.

Infine le ragazze con il saluto romano, che cantano a squarciagola ridendo durante una manifestazione contro gli immigrati: potrebbe sembrare un cinegiornale Luce del 1939, con in sottofondo le note di ?Giovinezza, primavera di bellezza?. Invece è il 2009 nel centro di Roma. E basta voltare pagina per guardare in faccia il vero volto del movimento: nei ranghi serrati di una centuria schierata per addestrarsi allo scontro.

Ancora una volta tornano in mente le parole dell'inno fascista: ? Son rinati i figli tuoi, con la fede nell'ideale, il valore dei tuoi guerrieri, la virtù dei pionieri?. Loro sono pionieri di qualcosa che avanza. Il Blocco studentesco, emanazione di Casa Pound nelle scuole superiori e negli atenei, fa proselitismo ovunque. A piazza Navona a ottobre hanno dimostrato di sapere essere guerrieri. «Gli scontri fisici sono da evitare, ma non inorridiamo di fronte alla violenza.

L'impatto mediatico degli scontri di piazza Navona è stato negativo anche al nostro interno, un po' di ragazzi si sono allontanati dal Blocco su pressione delle famiglie, ma credo che il nostro merito sia stato far avvicinare a noi giovanissimi non ancora schierati: per noi è finito il tempo del ghetto. Ora siamo presenti a Roma nord, zona tradizionalmente borghese, ma anche a sud, nelle periferie». Piazza Navona è stato il momento di svolta, la prova di forza.

Nelle testimonianze quell'assalto viene evocato di continuo: «I compagni continuano a insistere sull'antifascismo, ma i ragazzi sotto i 18 anni non sono cresciuti con il mito di Carlo Giuliani: quelli che fanno la prima superiore oggi, al tempo di Genova avevano sette anni, sono venuti su con Dawson Creek in televisione e Beppe Grillo come negazione della politica. Ma sono innocenti, quei ragazzi: la protesta contro la Gelmini, per esempio, non era politica né faziosa, solo un modo per dire ?esistiamo anche noi e ci siamo?.

Quella protesta ci apparteneva, ci stavamo dentro fin dall'inizio, poi si sa com'è finita: io sono quello in camicia, al centro del gruppo, in piazza Navona». E ancora: «Ormai vivo a Casa Pound, perché la militanza ti porta a fare orari che non torni a casa per cena e quando hai genitori antifascisti, come nel mio caso, è difficile spiegargli che non sei un pazzo che vuol tornare al manganello e all'olio di ricino.
Soprattutto dopo gli scontri in piazza Navona, nell'autunno 2008. Lì è stato un casino: la mia faccia era su tutti i giornali, in televisione, addirittura mi hanno accusato di essere un infiltrato. Il risultato è che da allora sono fuori casa».

Gianluca Iannone, il capo di Casa Pound, ha alle spalle il poster che ricorda Acca Larentia, l'uccisione di due militanti di destra che nel 1978 segnò il momento più cruento della violenza politica a Roma. Un'immagine molto simile al carosello dei Black Block che nel 2001 inaugurò la battaglia di Genova: «No, non è così», replica: «Le giacche dei ragazzi sono mimetiche per simboleggiare lo stato di guerra, quella guerra di cui Acca Larentia per noi è un simbolo permanente.

Indossano i passamontagna a rappresentare l'impersonalità dell'azione. E il tamburo, l'Hitler Jugend. No, noi a Genova per manifestare contro il G8 non c'eravamo. Lo scontro, con le guardie come con i compagni, non è la nostra priorità». La violenza però si respira ovunque. Nelle scelte dei luoghi, nei gesti, nella preparazione al confronto fisico: anche durante i concerti delle loro band il pubblico simula combattimenti.

E tutto è fascismo. Alcuni lo vivono con slogan nostalgici: «Per noi Mussolini è ancora un punto di riferimento, un esempio. Noi oggi siamo la prova dell'attualità di quel periodo storico e politico. La dimostrazione che il fascismo esiste ancora». Altri invece cercano di declinarlo in modo più moderno e mimetico: «Bisogna cambiare il linguaggio, dalla croce celtica siamo arrivati alla tartaruga simbolo di Casa Pound, ma c'è l'urgenza di svecchiare il neo fascismo e il linguaggio è manifesto, è azione, è tutto. Marinetti ce l'ha insegnato».

Loro si sentono vincenti, convinti di non avere più rivali a destra: «Casa Pound è la chiesa di tutte le eresie, perché vogliamo che si torni a immaginare il fascismo come un grande movimento culturale. La Fiamma Tricolore? Sono degli scarti, ormai. Forza Nuova? Un inganno: usano la simbologia della destra radicale per attirare i ragazzi, per noi sono come il Ku Klux Klan. Non abbiamo nulla a che spartire con loro, come con Militia, l'organizzazione di Maurizio Boccacci».

Ma molti dei camerati si fanno meno problemi, non cercano elaborazioni ideologiche. Spiega Pandoro, 35 anni: «Essere fascista per me significa tante cose. Forse è una dottrina, un modo di essere, ma la cosa più bella per me finora è stato l'incontro con Gianluca Iannone : lui è come un fratello maggiore, c'è sempre. Casa Pound per me è tutto. Ecco, ora riesco a risponderti: il fascismo oggi è Casa Pound».

A proposito: ma in Italia la ricostituzione del partito fascista non era vietata?
da L'Espresso di Gianluca Di Feo

Il vero album del regime

C'è un book fotografico sotto gli occhi di tutti che ogni giorno si arricchisce di immagini non sequestrabili dalle procure. È l'album di una luna di miele ormai in crisi: quella di Berlusconi con il paese. La prima foto viene da L'Aquila e testimonia la situazione a due mesi dal terremoto. La ricostruzione «che il mondo ammira» esiste solo nei discorsi del premier e del sottosegretario alle catastrofi. E nei telegiornali. Dall'Abruzzo arriva un'altra storia fatta di sofferenze, disorganizzazione, lentezze, bugie e fregature.C'è ancora un buco nero sulle lacune di stato di fronte al terremoto annunciato. Su quello che è accaduto dopo è calata una cortina di propaganda e interessati appelli a non fare polemica. Ora si vede che non c'è nessuna ricostruzione. Berlusconi ha promesso case nuove per settembre, poi per ottobre, poi per fine novembre, poi di nuovo per settembre ma solo per 3mila persone (su 70mila). I lavori non sono iniziati, dunque quasi tutti quelli che sono in tenda ci resteranno fino all'inizio dell'inverno quando a L'Aquila la temperatura va sotto zero. La scelta dei terreni per i nuovi condomini è stata fatta escludendo le comunità locali e proteggendo altri interessi. La decisione di non intervenire sui centri storici e di blindarli è la premessa alla definitiva espulsione dei residenti che lo hanno capito bene e infatti protestano.
Ecco spiegata la decisione di spostare il G8 a L'Aquila: militarizzare il territorio, impedire ogni manifestazione di dissenso che guasti l'immagine di efficienza. Le parole di ieri del premier non hanno bisogno di interpretazione: «Proteste nella capitale del dolore sarebbero inqualificabili».
La seconda foto dell'album berlusconiano è quella del presidente della regione Sicilia, Raffaele Lombardo. È il simbolo del giocattolo del cavaliere che si rompe. All'ombra del principe i feudatari si accoltellano peggio del centrosinistra ai tempi dell'Unione. Dominio e governo non sono sinonimi e il centrodestra onnipotente sull'isola si sgretola in parallelo con l'esaurimento dei miliardi europei. Berlusconi ovviamente se ne preoccupa e se ne occupa (anche se mente dicendo il contrario) e lo fa a modo suo. Fa preparare una legge ad personam per sfiduciare il governatore di una regione a statuto speciale. Chissà che diranno gli autonomisti della Lega.
Un'altra foto verità è quella del complesso dei dipendenti di Berlusconi che si agitano per dimostrare che il principale non ha niente da nascondere. Nella massa si distingue il direttore di Panorama che solo qualche sera fa in tv ha aggredito Franceschini perché gli aveva ricordato chi gli paga lo stipendio. Questo giornalista tutto d'un pezzo che ha costruito i suoi scoop contro Prodi con le dichiarazioni del conte Igor Marini o del piazzista Scaramella questa volta non si è fidato. Solo che di fronte alle foto di Apicella sull'aereo di stato, Belpietro ha chiamato l'avvocato. Ma non quello del suo giornale, quello di Berlusconi.
Veronica Lario è un'altra foto che non può mancare. Non importano le ragioni (alcune delle quali immediatamente comprensibili) per le quali ha deciso di rendere pubblica la sua separazione. Importano le parole che ha usato. Passano i giorni e nessuno può più negare il peso politico di quella denuncia: davvero «il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore?». Intanto Berlusconi è stato costretto ad affastellare bugie. Passano i giorni ma bisogna ricordare: è andato in tv a dire che a Casoria doveva parlare di candidature con Elio Letizia.
L'avvocato Mills è anche lui una figurina dell'album. Berlusconi lo ha corrotto per uscire indenne da due processi. È scritto in una sentenza che però non ha conseguenze per lui grazie al lodo Alfano. Il lodo potrebbe essere dichiarato incostituzionale - dovrebbe - ma troppo tardi per dare fastidio al presidente del Consiglio. Adesso il cavaliere dice che nel '94 è stata riscritta la storia per colpa di quell'avviso di garanzia che lo raggiunse durante il G7 di Napoli. È vero il contrario: se Mills non fosse stato corrotto Berlusconi sarebbe stato condannato e non sarebbe a palazzo Chigi. L'offensiva sempre più violenta contro la magistratura è un'altra cortina fumogena. Che fa scuola: il sottosegretario alle catastrofi ha lanciato un avvertimento a quei pm della procura di Napoli che vogliono capire com'è andata la storia della spazzatura sparita in pochi giorni. In Campania, per decreto, sui rifiuti può indagare un solo ufficio altrimenti si intralcia il governo. Ma nemmeno questo basta più a Bertolaso e Berlusconi.
Nel reality book berlusconiano non ci stanno male i tifosi del Milan che contestano il cavaliere e la figurina di Kaka che potrebbe andarsene in Spagna. E la stampa estera che torna a occuparsi dell'anomalia italiana e dell'anomalo presidente. Il Financial Times ci ha anche spiegato perché in patria ce ne accorgiamo poco: perché sono deboli e indecisi i giornali, l'opposizione politica e le istituzioni. Potremmo aggiungere la preoccupante tendenza a schierare la polizia e l'esercito contro le contestazioni. Per concludere, di fronte alle immagini che raccontano la fine della luna di miele, che l'oppressione del dissenso e la pressione sui poteri di controllo non sono un corollario del regime berlusconiano. Non sono un effetto collaterale del governo del fare che piace tanto alla grande stampa borghese. Ma sono un elemento costitutivo del regime e forse la sua ragione di sopravvivenza.
da Il Manifesto di Andrea Fabozzi

L'Aquila. "Noi non dimentichiamo". La protesta dei cittadini


Il bilancio del terremoto del 6 aprile scorso a L'Aquila conta decine di vittime estratte dalle macerie di edifici crollati come cartapesta, ma soprattutto migliaia di sopravvissuti scampati a una catastrofe naturale dove nella maggior parte dei casi hanno perso praticamente tutto. Adesso anche la speranza. Sono migliaia gli sfollati, tra uomini donne e bambini che da quasi 60 giorni sono costretti a vivere in condizioni precarie, dentro le tende o in accampamenti di fortuna dove anche le giornate afose o il freddo gelido diventano nemici da combattere.

A loro, oltre ai drammatici ricordi, non resta quasi nulla, se non le parole di cordoglio e solidarietà espresse dai vari esponenti del governo e le tante promesse ad oggi mai mantenute.
Mercoledì alle 16 ci sarà un'altra manifestazione nel capoluogo abruzzese, proprio alla vigilia della discussione alla Camera del decreto che riguarda le zone colpite dal sisma, già approvato al Senato.

Il governo, secondo i cittadini, ha preferito differire la conversione in legge del decreto a dopo le elezioni solo ed esclusivamente per evitare che polemiche e discussioni potessero influire in qualche modo sul voto. Così la protesta rimane alta.
I cittadini vogliono partecipare alla ricostruzione e chiedono maggiore trasparenza sulla gestione dei fondi e sugli appalti che verranno assegnati. Protestano anche i 49 comuni esclusi formalmente dagli aiuti per la ricostruzione. Luoghi che rischiano di rimanere abbandonati a se stessi diventando il simbolo delle scellerate politiche di questo governo. Sono già state annunciate delle forme di protesta eclatanti come la restituzione dei certificati elettorali per il rinnovo del Parlamento Europeo, ed è stata avviata una petizione popolare per chiedere il passaggio del centro Abruzzo alla provincia di Pescara.

Una manifestazione che si è svolta l’altro ieri ha posto un problema di fondo: si deve ricostruire partendo dal centro storico. E i terremotati hanno chiesto di poter accedere alle strade del centro per rivedere abitazioni, uffici, negozi cui non hanno potuto far più ritorno, neppure per uno sguardo. Insomma si pone con forza il problema di ricostruire l’identità dell’Aquila,problema che è stato posto con forza al sindaco, al presidente della provincia, altrimenti c’è il rischio che si faccia nascere un insieme di case, chissà dove, chissà come. Insomma un insieme di abitazioni senza anima, senza un’identità.

Insomma gli abruzzesi sono stufi delle parole, adesso vogliono i fatti. "Noi vogliamo che le promesse siano mantenute e vogliamo sapere con esattezza dove sono andati i soldi stanziati in questi mesi, visto che al Comune dell'Aquila non sono rimasti nemmeno gli spiccioli per pagare i propri dipendenti."

E' un grido di rabbia e disperazione quello che oggi trasuda da questa terra che continua a tremare.
I segnali di esasperazione sono presenti in tutta la provincia, in tutti quei luoghi, pur piccoli che siano, dove le cicatrici profonde del sisma hanno lasciato un segno indelebile. Roberto Gnoli, originario di Bazzano, una piccola frazione aquilana completamente rasa al suolo, vive assieme ad altre 35 persone in alcune strutture mobili in un campeggio a Torino di Sangro, vicino a Chieti.
"Siamo stati condotti qui il 9 aprile scorso - ci racconta - e da quel giorno non abbiamo più avuto nessuna informazione, nè dal comune ospitante nè tanto meno dalla protezione Civile. Insomma ci hanno parcheggiati in questo luogo, dove tra l'altro in questi giorni c'è stato un alto rischio di esondazioni per le forti precipitazioni e non ci hanno detto più nulla. Abbandonati a noi stessi viviamo nell'incertezza assoluta. Sappiamo solo che resteremo qui fino al 31 giugno e poi non si sa.
Per fare un esempio abbiamo saputo del tutto casualmente dell'obbligatorietà degli sfollati di rientrare nella propria abitazione se classificata di tipo A, cioè agibile. Ma come si può parlare di case agibili e sicure quando manca il gas e spesso anche l'acqua potabile? Poi c'è da considerare il clima di paura in cui vive ancora la gente mentre la terra continua a tremare sotto i loro piedi. Ieri ci sono state ben sette scosse, una delle quali ha raggiunto il quarto grado della scala Richter".

Anche le speranze di essere trasferiti in un alloggio adeguato sembrano essere sempre più lontane.
"Ci avevano assicurato - ci sottolinea Roberto - che avrebbero consegnato per il 30 giugno 3mila casette prefabbricate in legno, e una volta costruite delle abitazioni permanenti, queste sarebbero diventate gli alloggi per gli studenti universitari. Ma la data è stata prima posticipata al 30 luglio, poi al 30 settembre e adesso si parla di novembre.

Alloggi che, conti alla mano, sarebbero comunque insufficienti per far fronte al numero totale degli sfollati che non potranno più rientrare nelle proprie case. E sono tante le case nelle quali al momento non si consosce neppure il grado di agibilità, perchè sono pochissime le persone impiegate nelle perizie.

Diversa è invece la situazione per quanto concerne la preparazione del G8 di luglio.
Per il vertice è stato addirittura ripristinato un vecchio aeroporto in disuso da anni e per l'occasione è già in costruzione anche una superstrada che partirà dallo scalo e arriverà direttamente alla sede delle Guardia di Finanza. Si tagliano alberi si piantano aiuole e fiori colorati, mentre noi siamo come dei vagabondi senza fissa dimora. Eppure le chiese dopo soli 15 giorni dal sisma erano state messe in sicurezza.
Insomma, qui gli sfollati, donne uomini vecchi e bambini, hanno un peso specifico equivalente a zero. Il presidente del Consiglio davanti alle tombe dei nostri connazionali aveva fatto delle promesse che a tutt'oggi non si sono avverate .
E questo noi non lo dimenticheremo mai."

vita dura per Borghezio a Orbassano

Ieri sera a Orbassano un gruppetto di antirazzisti ha impedito all'ignobile grassone di prender parola al comizio di chiusura della campagna elettorale leghista per il parlamento europeo.

Ben prima del comizio con altoparlanti e bandiere spiegate due vetture dei leghisti hanno girato per il paese scandendo slogan contro gli immigrati e i campi nomadi e invitando a votare lega "la soluzione giusta" , non facendo però i conti con piccoli gruppetti di residenti che li hanno accolti a male parole e sputi.

Gli antirazzisti sono dunque entrati nel centro culturale affiggendo uno striscione con su scritto "il razzismo non è una riforma economica" tra le minacce di una/ due persone che insisteva nel volerli cacciare a calci in culo. Le forze dell'ordine locali con la divisa delle grandi occasioni presidiava la situazione insieme a uno sparuto gruppetto di digos/ros.
Nel momento in cui toccava a Borghezio prender parola una parte del pubblico ha cominciato a fischiare e scandire slogan.
Poco baccano ma sufficiente a far sospendere gli inutili sproloqui di cui la cittadinanza non sentiva sinceramente il bisogno, poi tra le minacce e le gomitate di qualche leghista furioso gli antirazzisti sono usciti lasciando la sala inesorabilmente vuota, anche perchè di fatto le poche nostalgiche camicie verdi si sono dirette al di fuori seguendo e minacciando gli antirazzisti.
C'è stato un breve scambio di battute in cui gli ultimi hanno dimostrato una conoscenza del dialetto locale molto meglio di chi inesorabilmente li definisce terroni e in cui i carabinieri nuovamente hanno invitato ad esprimere in Cina le proprie opinioni rivolgendosi soprattutto ai manifestanti locali ben conosciuti evidentemente perchè chiamati per nome e cognome.
Gli antirazzisti hanno proseguito verso la piazza dove è stato appeso lo striscione sotto il palazzo comunale (immediatamente sequestrato dalla digos) e colloquiato con la popolazione spiegando il perchè era giusto intervenire e dimostrare il giusto sdegno e spiegando chi effettivamente fosse Borghezio .
da Indymedia