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martedì 2 giugno 2009

L'Aquila. "Noi non dimentichiamo". La protesta dei cittadini


Il bilancio del terremoto del 6 aprile scorso a L'Aquila conta decine di vittime estratte dalle macerie di edifici crollati come cartapesta, ma soprattutto migliaia di sopravvissuti scampati a una catastrofe naturale dove nella maggior parte dei casi hanno perso praticamente tutto. Adesso anche la speranza. Sono migliaia gli sfollati, tra uomini donne e bambini che da quasi 60 giorni sono costretti a vivere in condizioni precarie, dentro le tende o in accampamenti di fortuna dove anche le giornate afose o il freddo gelido diventano nemici da combattere.

A loro, oltre ai drammatici ricordi, non resta quasi nulla, se non le parole di cordoglio e solidarietà espresse dai vari esponenti del governo e le tante promesse ad oggi mai mantenute.
Mercoledì alle 16 ci sarà un'altra manifestazione nel capoluogo abruzzese, proprio alla vigilia della discussione alla Camera del decreto che riguarda le zone colpite dal sisma, già approvato al Senato.

Il governo, secondo i cittadini, ha preferito differire la conversione in legge del decreto a dopo le elezioni solo ed esclusivamente per evitare che polemiche e discussioni potessero influire in qualche modo sul voto. Così la protesta rimane alta.
I cittadini vogliono partecipare alla ricostruzione e chiedono maggiore trasparenza sulla gestione dei fondi e sugli appalti che verranno assegnati. Protestano anche i 49 comuni esclusi formalmente dagli aiuti per la ricostruzione. Luoghi che rischiano di rimanere abbandonati a se stessi diventando il simbolo delle scellerate politiche di questo governo. Sono già state annunciate delle forme di protesta eclatanti come la restituzione dei certificati elettorali per il rinnovo del Parlamento Europeo, ed è stata avviata una petizione popolare per chiedere il passaggio del centro Abruzzo alla provincia di Pescara.

Una manifestazione che si è svolta l’altro ieri ha posto un problema di fondo: si deve ricostruire partendo dal centro storico. E i terremotati hanno chiesto di poter accedere alle strade del centro per rivedere abitazioni, uffici, negozi cui non hanno potuto far più ritorno, neppure per uno sguardo. Insomma si pone con forza il problema di ricostruire l’identità dell’Aquila,problema che è stato posto con forza al sindaco, al presidente della provincia, altrimenti c’è il rischio che si faccia nascere un insieme di case, chissà dove, chissà come. Insomma un insieme di abitazioni senza anima, senza un’identità.

Insomma gli abruzzesi sono stufi delle parole, adesso vogliono i fatti. "Noi vogliamo che le promesse siano mantenute e vogliamo sapere con esattezza dove sono andati i soldi stanziati in questi mesi, visto che al Comune dell'Aquila non sono rimasti nemmeno gli spiccioli per pagare i propri dipendenti."

E' un grido di rabbia e disperazione quello che oggi trasuda da questa terra che continua a tremare.
I segnali di esasperazione sono presenti in tutta la provincia, in tutti quei luoghi, pur piccoli che siano, dove le cicatrici profonde del sisma hanno lasciato un segno indelebile. Roberto Gnoli, originario di Bazzano, una piccola frazione aquilana completamente rasa al suolo, vive assieme ad altre 35 persone in alcune strutture mobili in un campeggio a Torino di Sangro, vicino a Chieti.
"Siamo stati condotti qui il 9 aprile scorso - ci racconta - e da quel giorno non abbiamo più avuto nessuna informazione, nè dal comune ospitante nè tanto meno dalla protezione Civile. Insomma ci hanno parcheggiati in questo luogo, dove tra l'altro in questi giorni c'è stato un alto rischio di esondazioni per le forti precipitazioni e non ci hanno detto più nulla. Abbandonati a noi stessi viviamo nell'incertezza assoluta. Sappiamo solo che resteremo qui fino al 31 giugno e poi non si sa.
Per fare un esempio abbiamo saputo del tutto casualmente dell'obbligatorietà degli sfollati di rientrare nella propria abitazione se classificata di tipo A, cioè agibile. Ma come si può parlare di case agibili e sicure quando manca il gas e spesso anche l'acqua potabile? Poi c'è da considerare il clima di paura in cui vive ancora la gente mentre la terra continua a tremare sotto i loro piedi. Ieri ci sono state ben sette scosse, una delle quali ha raggiunto il quarto grado della scala Richter".

Anche le speranze di essere trasferiti in un alloggio adeguato sembrano essere sempre più lontane.
"Ci avevano assicurato - ci sottolinea Roberto - che avrebbero consegnato per il 30 giugno 3mila casette prefabbricate in legno, e una volta costruite delle abitazioni permanenti, queste sarebbero diventate gli alloggi per gli studenti universitari. Ma la data è stata prima posticipata al 30 luglio, poi al 30 settembre e adesso si parla di novembre.

Alloggi che, conti alla mano, sarebbero comunque insufficienti per far fronte al numero totale degli sfollati che non potranno più rientrare nelle proprie case. E sono tante le case nelle quali al momento non si consosce neppure il grado di agibilità, perchè sono pochissime le persone impiegate nelle perizie.

Diversa è invece la situazione per quanto concerne la preparazione del G8 di luglio.
Per il vertice è stato addirittura ripristinato un vecchio aeroporto in disuso da anni e per l'occasione è già in costruzione anche una superstrada che partirà dallo scalo e arriverà direttamente alla sede delle Guardia di Finanza. Si tagliano alberi si piantano aiuole e fiori colorati, mentre noi siamo come dei vagabondi senza fissa dimora. Eppure le chiese dopo soli 15 giorni dal sisma erano state messe in sicurezza.
Insomma, qui gli sfollati, donne uomini vecchi e bambini, hanno un peso specifico equivalente a zero. Il presidente del Consiglio davanti alle tombe dei nostri connazionali aveva fatto delle promesse che a tutt'oggi non si sono avverate .
E questo noi non lo dimenticheremo mai."

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