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lunedì 23 novembre 2009

Saviano scrive al Ministro Sandro Bondi

Caro ministro Sandro Bondi, la ringrazio per la sua lettera e per l'attenzione data al mio lavoro: ho apprezzato il suo tono rispettoso e dialogante non scontato di questi tempi e quindi con lo stesso tono e attitudine al dialogo le voglio rispondere. Come credo sappia, ho spesso ribadito che certe questioni non possono né devono essere considerate appannaggio di una parte politica. Ho anche sempre inteso la mia battaglia come qualcosa di diverso da una certa idea di militanza che si riconosce integralmente in uno schieramento.

Ho sempre creduto che debbano appartenere a tutti i principi che anche lei nomina - la libertà, la giustizia, la dignità dell'uomo e io aggiungo anche il diritto alla felicità in qualsiasi tipo di società si trovi a vivere. E per questo ho sempre odiato la prevaricazione del potere, che esso assuma la forma di un sistema totalitario di qualsiasi colore, o, come ho potuto sperimentare sin da adolescente, sotto la forma del sistema camorristico.

Anch'io auspico che in Italia possa tornare un clima più civile e ho più volte teso la mano oltre gli steccati politici perché sono convinto che una divisione da contrada per cui reciprocamente ci si denigra e delegittima a blocchi, sia qualcosa che faccia male.
Eppure oggi il clima in questo paese è di tensione perché ognuno sa che, a seconda della posizione che intende assumere nei confronti del governo, potrà vedere la propria vita diffamata, potrà vedere ogni tipo di denigrazione avvenire nei confronti dei propri cari, potrà vedere ostacolate le proprie possibilità lavorative.

Qualche giorno fa la Germania mi ha onorato del premio Scholl, alla memoria dei due studenti dell'organizzazione cristiana Rosa Bianca, fratello e sorella, giustiziati dai nazisti con la decapitazione per la loro opposizione pacifica, per aver solo scritto dei volantini e aver invitato i tedeschi a non farsi imbavagliare.

Tutte le persone che ho incontrato lì alla premiazione, all'Università di Monaco, erano preoccupate per quanto accade oggi in Italia nel campo della libertà di stampa e del diritto. Non era un premio di pericolosi sovversivi o di chissà quali cospiratori anti-italiani. Tutt'altro. Raccoglieva cristiani tedeschi bavaresi che commemorano i loro martiri. Tutti seriamente preoccupati quello che sta accadendo in Italia e tutti pronti a chiedermi come faccio a tenere alla libertà d'espressione eppure a continuare a lavorare in Italia.
Non è un buon segnale e, in quanto scrittore non posso che raccogliere l'imbarazzo di essere accolto come una sorta di intellettuale di un paese dove la libertà d'espressione subisce un'eccezione. Il programma da lei apprezzato ha mostrato, in prima serata, il terrore causato dal regime comunista russo, e persecuzioni castriste agli scrittori cubani e l'inferno nell'Iran di Ahmedinejad.

Tutto andato in onda in una trasmissione come "Che tempo che fa", su una rete come RaiTre, così spesso tacciata di essere faziosa, ideologizzata, asservita alla sinistra che persino un boss come Sandokan si compiaceva di chiamarla "Telekabul". Questo a dimostrare, Ministro, quanto siano spesso pretestuose e false le accuse che vengono fatte contro chi invece si prefigge il compito di raccontare per bisogno - o dovere - di verità.

Però sono altrettanto convinto che a volte, proprio per semplice senso civile, non si possa stare zitti. Che bisogna prendere posizione al costo di schierarsi. E schierarsi non significa ideologicamente. La paura che questa legge possa colpire il paese sia per i suoi effetti pratici, sia per l'ingiustizia che ratifica, in me è assolutamente reale e per niente pretestuosa.
In questi anni, ossia da quando vivo sotto scorta, ho avuto modo di poter approfondire cosa significhi, tradotto nel funzionamento di uno stato democratico, il concetto di giustizia. Ho potuto capire che non tocca solo la difesa della legalità, ma che ciò che più lo sostiene e lo rende funzionante è la salvaguardia del diritto e dello stato di diritto.

Ho deciso di pubblicare quell'appello perché la legge sul processo breve mi pare un attacco pesante - non il primo, ma quello che ritengo essere finora il più incisivo - ai danni di un bene fondamentale per tutti i cittadini italiani, di destra o di sinistra, come ho scritto e come credo veramente. E le assicuro che lo rifarei domani, senza timore di essere ascritto a una parte e di poterne pagare le conseguenze.
Non vi è nulla in quel gesto che non corrisponda a ogni altra cosa che ho fatto o detto. Le mie posizioni sono queste e del resto non potrei comportarmi diversamente. Ciò che mi spinge a raccontare, in prima serata, dei truci omicidi di due giovani donne, la cui colpa era stata unicamente l'aver manifestato in piazza, in maniera pacifica.

Ciò che mi spinge a raccontare dei crimini del comunismo in Russia e dei soprusi delle multinazionali in Africa non è un "farsi impadronire dal demone della politicizzazione e della partitizzazione della cultura" bensì un altro demone. Quello che ha lo scopo di raccontare le verità o almeno provarci. Un'informazione scomoda per chi la da e per chi l'ascolta, la osserva, la legge. In Italia la deriva che lo stato di diritto sta prendendo è pericolosa perché ha tutte le caratteristiche dell'irreversibilità. È per questo che agisco in questo modo, perché è l'unico modo che conosco per essere scrittore, è questo l'unico modo che conosco di essere uomo.

La saluto con cordialità

http://www.robertosaviano.it/documenti/10064

Il Pd pugliese conferma Vendola alle Regionali 2010

BARI – Il Partito democratico pugliese conferma la propria scelta per la candidatura di Nichi Vendola per il centrosinistra alle elezioni regionali del prossimo marzo. La decisione è stata presa nel corso di una riunione della segreteria del partito allargata ai consiglieri regionali e ai parlamentari, svoltasi nel pomeriggio a Bari e conclusasi in serata.

Quella di Vendola – è stato detto a conclusione della riunione – è una scelta che giunge naturale, lungo il percorso tracciato dal partito nella recente fase congressuale. Vendola viene così proposto dal Pd e offerto al tavolo dell’alleanza del centrosinistra e dell’Alleanza meridionalista. Stasera stessa sarà convocato il tavolo politico del centrosinistra allargato all’Udc e si valuteranno i programmi condivisi e anche le proposte di candidatura.


Il presidente regionale del partito e sindaco di Bari, Michele Emiliano, in proposito ha detto che l'Udc deve chiarire il motivo del proprio veto su Vendola, perchè se questo ci deve essere – ha affermato – deve essere politico e sui programmi. Ma l’impegno congiunto di Emiliano e del segretario regionale, Sergio Blasi, è di fare in modo che la candidatura di Vendola possa essere accolta dall’Udc e anche dall’Idv. Anche il partito di Di Pietro, infatti, nei giorni scorsi aveva dichiarato la propria contrarietà a correre per le regionali in una lista che vedesse Vendola candidato presidente.

La scelta di confermare Vendola – è stato precisato – è stata fatta considerando che il presidente uscente è la figura più rilevante del centrosinistra pugliese e che su di essa è stata incentrata la campagna elettorale congressuale del Pd in Puglia, che vedeva concordi tutti i candidati delle diverse mozioni. Bocciare Vendola – è stato il ragionamento – avrebbe comportato bocciare il lavoro del centrosinistra.

Da subito, quindi, il Pd avvierà il confronto politico e programmatico con le altre forze, l’Udc e l’Idv. Del partito di Di Pietro – è stato rilevato – si condividono punti del manifesto programmatico che comprende tra l’altro un no al nucleare e un no alla privatizzazione dell’acqua. «Il lavoro e la fatica della politica – ha detto Blasi – dovrà portare a confrontarci con tutte le forze che hanno a cuore gli interessi del Mezzogiorno».

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=286794&IDCategoria=1

Un pensiero per Carlo


Sono passati ormai tanti lunghi anni, e tu rimani sempre nella memoria, non solo di chi ha avuto la fortuna di conoscerti, ma anche di moltissimi altri che quella fortuna non la hanno mai avuta.
Tu, un ragazzo come tanti altri, con i tuoi tempi, con i tuoi modi, alla ricerca di passioni possibili, ma senza nessuna fretta, come son usi fare, nel nuovo secolo, i tuoi coetanei.
Giovani con i piedi ben piantati per terra, poco inclini a scorciatoie di altri tempi, e proprio per questo ben più solidi nelle proprie motivazioni.
Dovevi andare al mare, un giorno come tanti altri, e in famiglia cosi' pensavano, ma decidesti di esserci anche tu, di andare a manifestare contro i potenti della terra.
Con le loro squallide ed inutili zone rosse, con il loro sfarzo organizzativo dilapidante somme di danaro senza problema alcuno, con un clima provocatorio creato ad arte, per difendere i loro egoistici privilegi creati con un sistema ingiusto, che chiamano, ironia della sorte, libero mercato capitalistico.
Dove per libero, si intende ben altro.
Come sia andata ,è inutile ricordarlo raccontandolo, ma alcune cose non si può ometterle, pena l'oblio.
Non ricercavi il gesto eclatante, non eri pronto all'assalto finale, ma non credesti giusto vedere cariche scriteriate e lanciate a casaccio.
La rabbia di fronte al vedere l'ingiusto ,ti portò al difendere il pezzo di corteo nel quale eri collocato, raccogliesti l'estintore trovato per terra per lanciarlo su un mezzo delle forze dell'ordine, da te e non solo, percepite, come forze del disordine.
Il colpo che ti colpi', vide seguire urla ed imprecazioni, e di converso, uno squallido tentativo di depistaggio.
La memoria va al tentativo di dire che ti colpi' un sasso, con annessa individuazione del colpevole lanciatore, o al colpo deviato da un altro sasso e altre tragiche montature, con cui per mesi l'informazione asservita al potere, ha cercato di ingannare al meglio.
Il tuo assassino però dovette essere individuato lo stesso e tanto altro segui'.
Processo, processi, in cui la giustizia ingiusta condannò a secoli gli "sfasciatori di vetrine" e a pene risibili i veri violenti di quelle tragiche giornate, in cui esponenti politici di destra frequentavano le stanze di regia degli avvenimenti che si succedettero.
Stessi politici che candidarono alle comunali il tuo assassino,elezioni comunali di Catanzaro, lista di Alleanza Nazionale, stessi politici che dicono di ispirarsi a Dio ,Patria e Famiglia.
Non gli bastava minimizzare, cercavano di capovolgere i fatti concreti.
Ed ora che, lo stesso Placanica è indagato per violenza su minore per seguenti fatti avvenuti nel 2007, sai bene che faran finta di nulla.
Tanto, ma tanto tanto, gli devono al Placanica ed alle sue versioni di casualità dei fatti di allora.
Poco importa loro che una bambina oggi si vergogni di quel che le è capitato, che voglia rimuoverlo annullandolo,che veda la sua vita con ben altri occhi.
Ora i "difensori" dei valori, i promotori dei Family Day, non chineranno la testa, sentono lo stesso la loro coscienza "pulita".
Vedi Carlo, sembrebbe che cosi' sia tutto a posto, tutto finisca a tarallucci e vino, ma cosi' non è, tu giovane ragazzo fatto passare per teppista criminale non vivi più, l'altro , bravo ragazzo con reazione "legittima" continua a crear disastri.
E si permette anche di non affrontare i giudici, mandando il suo avvocato all'interrogatorio della sua nuova giovane vittima.
E allora in momenti come questi, il pensiero non può che andare a te, Carlo Giuliani ragazzo, al tuo slancio di vita, al tuo ribellarti all'ingiusto, al tuo sogno per un altro mondo possibile.
Di fronte, ai nuovi fatti che coinvolgono chi ti ha sparato, il pensiero non può che andare a te, sapendoti ben altra cosa , ben altra persona, con differente umanità, vorrei abbracciarti, ma tu non ci sei purtroppo più.
Ci hai dovuto lasciare soli, ma con un messaggio di lotta e di speranza, che ci fa sentire soli un poco meno.
Convinti di averti al nostro fianco anche i deboli diventano forti, e questo nonostante tutto l'ingiusto possibile, ci riporta ad acennare ad un sorriso, forse un poco amaro, ma sempre di sorriso si tratta.
Un sorriso che il " povero Mario " non potrà forse mai capire, nè lui e nè i suoi burattinai, con annessi fili, ormai diventati marci e non più utilizzabi

Enrico Biso
da Indymedia

Una petizione per parlare

Gioacchino Basile in un’intervista controcorrente

di Enrico Natoli
C’è una petizione da lei lanciata su internet che richiede il sostegno dei cittadini affinché lei venga ascoltato dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Ci può dire per sommi capi i motivi di questa richiesta?
Il 3 settembre us. ho scritto e spedito a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno la richiesta d’audizione in Commissione Antimafia, che troverete pubblicata anche sù Google.it, alla quale potrò dimostrare, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la strage di via D’Amelio, fù l’unica soluzione possibile, che consentì all’odierno procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, di salvare dall’olocausti giudiziario Fincantieri è tutto il corollario politico-affaristico e criminale, fotografato dal dossier dei ROS – Mafia e Appalti – al quale aveva posto la giusta attenzione Paolo Borsellino per arrivare ai mandanti della strage di Capaci.
L’idea della petizione è stata del medico personale di Bruno Contrada, D.ssa Agnese Pozzi, che pur consapevole di quelle mie ragioni che non aiutano Bruno Contrada, ha apprezzato l’onestà intellettuale e morale delle mie battaglie contro l’esercizio della calunnia mafiosa e di quella
antimafiosa, è da persona libera – seppure ferma sù alcuni suoi convincimenti – non ha esitato ad offrirmi la sua amicizia ed a regalarmi questa iniziativa, che per altro è stata condivisa con grande dignità anche dalla sorella di Bruno Contrada; la signora Ida.
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2) Dove si può firmare la petizione? Che tipo di impegno comporta la firma?
Questo è il linck: HYPERLINK “http://www.petitiononline.com/nov2009/petition.html” http://www.petitiononline.com/nov2009/petition.html
La firma non comporta alcun impegno. Esercita un pressione democratica nei confronti dei politici distratti e di quelli che hanno l’interesse a far delle Commissione Antimafia una passerella di sciacalli, che depistano la verità ed uccidono la speranza di verità e giustizia.
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3) Sono legate in qualche modo diretto la sua vicenda personale, la presenza asfissiante di Cosa Nostra nei Cantieri Navali di Palermo, con la strage che portò alla morte di Paolo Borsellino?
Nella mia battaglia esistenziale contro “cosa nostra” non c’è mai stata alcuna vicenda di tipo personale; l’accozzaglia criminale associata in “cosa nostra” prima del mio schierarmi a muso duro nella trincea della libertà, non mi aveva mai dato alcun disturbo. “Cosa nostra” dentro lo stabilimento navale di Palermo, grazie alla sua potente capacità intimidatrice, svolgeva un ruolo fondamentale; regolava e garantiva tutti i patti – da quelli più meschini a quelli molto più importanti – degli appalti, ed il silenzio assoluto sullo scandalo sociale che vedeva migliaia di lavoratori in nero che operavano senza alcuna minima tutela economica e normativa.
Per darvi un’idea dell’infame efficienza del grumo sociale, politico, criminale e imprenditoriale che per circa un vent’ennio s’impose dentro lo stabilimento di Fincantieri a Palermo, grazie alle indegne omissioni della Procura di Palermo, vi notifico che nello stabilimento navale di Palermo furono spenti ben 3000 posti di lavoro senza alcuna opposizione sociale e nel silenzio assoluto.
Il grumo mafioso espresso dalla mafia politica, sindacale e istituzionale, attraverso la politica del tanto peggio tanto meglio, che saziava anche gl’interessi meschini dei singoli, riuscì a fare d’un grave problema sociale, una potente risorsa politico-clientelare che unitamente alla capacità intimidatrice di “cosa nostra” garantiva la tombale omertà ambientale.
Se volevate sapere cos’è la mafia… ecco, vi ho servito un classico da scuola!!!
Se andrò in Commissione Antimafia dimostrerò, non solo che Vittorio Teresi e pezzi importanti di quella Procura di Palermo non avrebbero mai potuto mettere in atto le indegne omissioni che riguardano il momento topico di questo classico da scuola; ma molto di più!!!
I Ciancimino, ed i “pentiti” di circostanza non sono fonte di verità; troppe volte sono soggetti che trattano la salvezza delle loro vite perdute, dopo essersi saziati con il vissuto criminale è distrutto le vite degli onesti, utilizzando la morte come garanzia ai loro interessi .
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4) Cosa è cambiato a Palermo dagli anni ‘80? Gli arresti di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, Giuffrè, Aglieri e gli altri capimafia, la nascita del movimento Addiopizzo e dell’associazione antiracket sono segnali di un cambiamento reale o soltanto la misura di un arretramento di Cosa Nostra sul piano militare?
A Palermo, così come nel sud del nostro Paese non è cambiato nulla, se non il fatto che lo Stato – quel potere esecutivo dell’anno 1992 – dopo l’urgente è quindi non pianificata strage di via D’Amelio, fù costretto a tradire quei suoi sgherri che per circa 13 anni aveva utilizzato in funzione militare contro gli uomini onesti delle Istituzioni. La reazione degli infami criminali si realizzò con le stragi del 1993, ma ciò ha segnato la disarticolazione e la fine delle funzioni socio – politiche di “cosa nostra” anche se ancora oggi, la profusa illegalità determinata dalla sopravvivenza alla povertà, partorisce sempre nuovi infami protagonisti criminali che vogliono emergere da quel nulla, dove la dignità umana vale quasi niente.
Nel mese di giugno del 1999, insieme ad altri ho costituito l’Associazione Antirackt di cui sono stato Presidente fino all’anno 2002. Poi decisi di mollare perchè da quelle parti circola troppa gente inaffidabile, a partire proprio da Tano Grasso. Quando la giustizia assume il volto politico è si mettono valori di civiltà, politica e danaro nello stesso contenitore va sempre male..
In qualità di Presidente dell’Associazione Antiracket e di Consulente del Sindaco di Palermo partecipavo ai comitati per l’ordine e la sicurezza in Prefettura ed in ordine al cosiddetto racket del “pizzo” se la cosa non fosse tragica, ci sarebbe da sconquassarsi dal ridere!!!
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5) Perché una spaccatura così profonda con il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore? Possibile che le persone non riescano a dire cose diverse, a volta anche in contrasto, sentendo però di andare in una direzione comune, che sarebbe quella della ricerca di una verità condivisa?
Quando nell’anno 2002 mi resi conto che il movente della strage di via D’Amelio, aveva il volto delle indegne omissioni della Procura di Palermo, cominciai a cercare di mettermi in contatto con i familiari di Paolo Borsellino per sollecitare la Procura di Caltanissetta ad agire con la dovuta attenzione, ma non fui molto fortunato, anche se Manfredi Borsellino fù disponibile ad un amichevole colloquio, che fisso una conferma importantissima al mio solido movente.
Il 29 aprile del 2002, per avere l’opportunità d’interrogare il dottor Vittorio Teresi e costringerlo a dire la verità in qualità di persona offesa sotto giuramento, pubblicai provocatoriamente un comunicato stampa che se non fosse stato formulato con la strategica intenzione di farmi
querelare, poteva tranquillamente definirsi opera d’uno scemo impazzito.
Quella volta centrai l’obbiettivo: Vittorio Teresi mi querelò, è poi fù costretto a mentire sotto giuramento sui fatti che si legano solidamente al mio movente.
Poi – per evitare che con le testimonianze a mia difesa e l’adeguata documentazione che potevo produrre, squarciassero i veli della strage di via D’Amelio – propose il ritiro della querela, che accettai perchè in ogni caso quel Giudice al di là d’ogni ragione opposta al querelante, sarebbe stata costretta a condannarmi per le offese contenute nel comunicato stampa contro il Teresi.
Fornito di sempre più granitiche ragioni, continuai la mia battaglia, seppur consapevole del ruolo inadeguato dei media, di certa magistratura e della politica. Mi restava ancora la speranza che da qualche parte esisteva quel fratello di Paolo Borsellino, che pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio, avevo incontrato nelle vicinanze della Cappella che ospitava i resti del nostro Eroe al quale poco prima avevo portato una rosa rossa.
Quella volta -Salvatore mi ha detto di non ricordarsi – incontrai quei suoi occhi che scavavano dentro i miei. Quegli occhi esprimevano tenerezza e gratitudine per l’affettuoso riconoscimento che mi aveva visto fare nei confronti di suo fratello.
La commozione quel pomeriggio m’impedì di abbracciarlo ed esprimergli tutta la solidarietà.
Quel giorno avrei potuto parlargli dei miei dubbi, della maledetta sfortuna che aveva colpito le mie ragioni di uomo libero e la speranza di migliaia di lavorotari e cittadini, che da un decennio insieme a me si battevano contro “cosa nostra” e contro le indegne omissioni della Procura di Palermo; ma oggi grazie al cielo sò che è stato meglio non averlo fatto.
Nei primi giorni del luglio 2007, grazie ad un comune amico, contattai Salvatore Borsellino, è con costui – il prof. Enzo Guidotto – mi recai a Milano per incontrarlo e convincerlo a battersi per la speranza di ottenere Verità e Giustizia per suo fratello.
Quella volta, Salvatore deridendomi, mi disse:<< Ma ancora non ti basta quello che hai subito per aver creduto di poter sconfiggere la mafiosità dello Stato?!! >>
Poi come a volermi fare un favore, dopo 10 anni di silenzio, il 16 luglio del 2007 ”tornò in trincea” con una lettera aperta che citava lo scrivente. Quando gli feci rilevare che tutta la stampa – dal livello locale a quello nazionale – in quella lettera aperta eliminò la parte in cui mi citava, mi rispose:<< Questa è la conferma che tu sei troppo pericoloso per questo sistema, ma non preoccuparti io sono con te, anche se lotteremo contro i mulini a vento!!!>>
CIRCA 15 GIORNI DOPO, GRAZIE AL L’INTERVISTA AD UNA TV PRIVATA QUI ALLEGATA IN LINK PUBBLICATA SU “YOU TUBE” IL 2 AGOSTO 2007: HYPERLINK “http://it.youtube.com/watch?v=T1ISKLJS1RA” http://it.youtube.com/watch?v=T1ISKLJS1RA COMPRESI CHE FORSE NON ERO IN ADEGUATA COMPAGNIA: VEDERE IL FRATELLO DEL MIO EROE CHE NASCONDEVA IL VISO, MI AVVILì MOLTISSIMO E MI FECE COMPRENDERE CHE ANCORA UNA VOLTA IN QUESTA DURA BATTAGLIA DI LIBERTA, ERO SOLO.
Infatti, poco tempo dopo, Salvatore dovette fare i conti con quella sua sorella, che qualche mese dopo la morte di Paolo, aveva comprato due appartamenti da un costruttore, notoriamente amico dei mafiosi, per il valore di 700 milioni (in lire) di cui circa 350 milioni, alla faccia della legalità di cui dopo la morte di Paolo si era fatta paladina (sic.) furono pagati in nero.
Stiamo parlando di quella sua sorella che si è candidata con quelli che, con Paolo Borsellino vivo, avrebbero avuto ben altre candidature; di quella sua sorella che con Paolo Borsellino vivo non sarebbe andata a fare da stendardo di onestà con quei Magistrati che necessitarono della morte di Paolo Borsellino per porre in atto le indegne omissioni di circostanza, che salvarono le Partecipazioni Statali ed i loro compagni di merenda dall’olocausto giudiziario.
Ma, quella sua sorella che se stava dietro il bancone della sua farmacia, avrebbe dato un grande contributo alla speranza di Verità e Giustizia per il nostro Eroe, non fù l’unica “debolezza umana” che azzoppò la sua voglia di volare alto verso gl’ideali di Giustizia e Libertà!
Chi scrive, non è stato certamente più fortunato di Paolo Borsellino, anzi.
Due miei fratelli per ben due volte per paura testimoniarono contro di me, nei processi contro “cosa nostra” è successivamente sono stati oggetto di pregiudizio giudiziario per le loro indegne scelte esistenziali, di cui hanno pagato le amare e giuste conseguenze.
Ma, mai è poi mai, loro oseranno ricavare profitto morale o di altra natura dai duri prezzi esistenziali pagati ai valori di civiltà dalla mia vita e dalla mia favolosa famiglia.
Dentro la coscienza di Salvatore la speranza era già morta da anni, è quando per motivi parentali fù costretto a non disturbare la convenienza politica di sua sorella, la seppellì definitivamente e fece largo nell’animo suo alla vanità degli uomini senza qualità.
Salvatore ha dei profondi limiti; soffre della piena consapevolezza di non essere all’altezza di Paolo. Vorrebbe volare alto come l’aquila che fù suo fratello, ma poi cade giù come un merlo azzoppato per sua stupidità. Indica nello Stato, i mandanti della strage di via D’Amelio, ma poi per sfuggire alla verità, di cui a mio avviso ha paura, spruzza il fango dell’infamia stragista sù Dell’Utri e sul suo padrone Berlusconi, che utilizzarono la capacità intimidatrice di “cosa nostra” così come, in quegli anni avevano fatto tutti gli attori del circuito imprenditoriale in Sicilia ed al sud più in generale, per tutelare la loro sicurezza ed i propri interessi sul territorio.
Sà benissimo, ma fà finta di non capire che lo Stato in quel momento storico – 1992- aveva il volto di quel potere esecutivo, della “sua opposizione” e di quella Magistratura, di cui Silvio Berlusconi, era solo un ”compagno di merenda” ben collegato alle logiche consociative.
Salvatore sà benissimo che il tradimento contro suo fratello si è raggrumato dentro la Procura di Palermo, ma volge il dito contro quei Carabinieri di cui suo fratello si fidava.
Lui teorizza la “trattativa” (sic.) e telefona “al professionista delle teorie” Massimo Ciancimino che insieme a suo padre, ai Riina ed ai Provenzano ha danzato indegnamente tutta una vita sulle vite, sulle risorse e sulle speranze dei siciliani onesti e sui cadaveri dei nostri Eroi, ed ancora oggi ne vuole godere gl’infami profitti è dare dignità all’infame mafioso che fù suo padre che poi da confidente o aspirante “pentito” voleva darsi una dignità contrattuale!!! (sic.)
Dà patenti d’eroismo a Magistrati che s’avvitano sù comiche teorie dettate dai soliti noti, o forse suggerite da eminenze grige, pur avendo avuto conferma che il mio movente non è mai stato smentito da quei “suoi eroi” che hanno il potere ed il dovere di sbattere in galera i calunniatori.
Salvatore fà domande a Carlo Vizzini, ma poi non pretende risposte; indica Nicola Mancino, ma s’avvinghia “alla munnezzà” del “pentito” (sic.) Gaspare Mutolo: fà come quelli che vogliono la scena per darsi una considerazione, ma poi non ha la statura ed il coraggio di affrontare a muso duro quella verità, che lui ben conosce è che lo aveva costretto alla resa alla fine degli anni 90.
Però c’è una cosa che Salvatore Borsellino sembra saper fare benissimo: quella di farsi scudo della grande statura Eroica di suo fratello Paolo per uccidere quella verità con la quale che Lui avrebbe difficoltà a convivere.
Per questo isola Gioacchino Basile e le granitiche ragioni, che portano dritto dentro lo scenario politico- Istituzionale che godette l’immediato vantaggio giudiziario della morte di suo fratello.
Nel mese di giugno dello scorso anno, è dopo aver atteso per ben 3 mesi una rettifica sulle sue false e diffamatorie affermazioni in risposta alla mia dura lettera aperta, è nel solo interesse di salvaguardare la speranza di Verità e Giustizia per suo fratello fui costretto a querelarlo.
Dovetti fare quella querela perchè non potevo permettere ad un inadeguato fratello di un Eroe, che vive di quella opaca luce riflessa, di uccidere quella mia solida speranza di Verità, che non rende solo Giustizia a suo fratello, ma anche alla mia vita rubata ed alla mia famiglia.
Lui invece di vergognarsi per avermi costretto a tanto, con grande piacere degli utili idioti, dei sciacalli e degli assassini di suo fratello, facendo la vittima ha consapevolmente e ulteriormente costruito il mio isolamento; Lui sfugge con il silenzio a quel confronto diretto che vorrei avere con lui e con quelli che lo spalleggiano per miserabile convenienza…
Lui sfugge ai fatti perché non saprebbe reggerli: Lui alla mafia politico-istituzionale ed ai criminali che hanno ucciso suo fratello per inadeguatezza umana ha fatto il più grande dei favori: isolare il mio sogno di verità e giustizia…
Lui, lo dicono i fatti, non vuole la verità: vuole la vuota scena del teatro della vanità …
V’invito a chiedervi: perchè Salvatore, sempre attento ai “pentiti” ai Ciancimino ed agli squallidi che lo utilizzano per meschini fini politici, invece di agire miseramente dietro le quinte fingendosi vittima delle mie critiche e della mia querela, non firma la petizione della D.ssa Agnese Pozzi, medico personale di Bruno Contrada, che chiede con forza la mia audizione in Commissione Antimafia, pur sapendo che sul “ suo protetto” abbiamo posizioni opposte!!!
V’invito a chiedervi: << perché la signora Ida Contrada, – sorella di Bruno – ha firmato la petizione che mi vuole in Commissione Antimafia e Salvatore Borsellino e comp. invece mi isolano?!!! (sic.) A seguito di questa umana ed onorevole circostanza è senza per questo voler ledere la dignità di alcuno, vi chiedo:<< cosa sarebbe accaduto agli infami che tradirono Paolo Borsellino, se il nostro Eroe avesse avuto la fortuna d’avere una sorella come la signora Ida?!!!
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6) Lei ritiene che l’attuale situazione politica favorisca il
contrasto ai gruppi mafiosi, non solo in Sicilia ma in tutto il paese?
Il re è ormai nudo, le vuote parole dello sciacallaggio antimafioso non ubriaca più la gente del nostro Paese, anche sé attraverso le verità reinterpretate, riescono ancora ad ingannare i giovani e la gente onesta che s’affida pregiudizialmente all’informazione dettata dai “protobugiardi”.
Dopo la strage di via D’Amelio, lo Stato – quel governo e la sua “opposizione” dovette necessariamente rompere i rapporti con “cosa nostra”, ma per quel governo e quelli successivi s’apriva uno scenario sociale difficile da gestire: la pacifica convivenza fra ricchezza e povertà.
Per scaricare le responsabilità di questo ingestibile fenomeno, hanno dovuto fare largo alle comiche e tragiche “teorie” (sic.) di Tano Grasso, alle storie lacrimevoli ed i fautori della delazione premiata, attraverso l’equivoco del vittimismo imprenditoriale, riuscendo perfino a presentare Confindustria come paladina dell’antimafia!!!!!
Oggi, l’evidenza dell’equivoco – inganno è ormai palese: la povertà è sempre più costretta ad aggrapparsi all’illegalità più meschina che consente a milioni di cittadini del sud Italia di resistere ai bisogni più elementari, è la ricchezza diventa sempre più parassitaria e criminale.
La politica dei ricatti, instaurata dopo le stragi del 1992, ha innescato l’attuale fenomeno socio-economico di cui la condizione criminosa e criminale non si esaurirà mai, fino a quando non si ricostruiranno i plinti sui quali poggiare i pilastri, dei valori patriottici della nostra Costituzione.
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7) Da chi dipende maggiormente la confusione e la diversità di punti
di vista su alcuni temi riguardanti la lotta alla mafia (alcuni
esempi: il ruolo di alcune persone come Bruno Contrada o Corrado
Carnevale; l’arresto di Totò Riina; le dichiarazioni del figlio di
Vito Ciancimino; la presunta trattativa tra Stato e mafia)? Dalle
istituzioni? Dalle forze dell’ordine? Dai mezzi d’informazione?
Dall’antimafia?

Non c’è confusione, c’è soltanto una ruvida è arrogante strategia di sopravvivenza politica, che grazie ai noti servi dell’informazione – Oscar Wilde, li definirebbe PROTOBUGIARDI – costruisce storie fantastiche che s’avvitano sulle vuote parole delle presunzioni, dettate dalla feccia “pentitistica” e raccolte da Magistrati troppe volte inadeguati o interessati al depistaggio.
Lo scrivente può provare al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la Magistratura è in grado di nascondere anche la verità più rozza ed infame: a Palermo lo ha fatto per circa 20 anni.
Bruno Contrada non è un servo dei criminali; è stato un fedele servitore di quei governi e di quelle opposizioni, che ingannarono e tradirono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri uomini delle Istituzioni. Bruno Contrada è innocente dal capo d’imputazione che lo condanna.
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In ultimo, considerata la difficoltà di proporre un’intervista
scritta, le chiedo di aggiungere, se vuole, qualcosa se pensa che
manchino delle domande importanti.
Credo che per questa intervista, che spero pubblicherete può bastare quanto fin qui detto, anche se mi piace cogliere l’occasione per confermare, che la durezza delle mie parole è rivolta alle responsabilità delle persone citate e non alla loro dignità, è per ribadire ai consapevoli traditori della nostra Costituzione che forse il mio sogno di libertà è impossibile ma la mia patriottica determinazione è fatto certo, che si esaurirà solo dopo che li avrò costretti ad arrestarmi per dichiararmi loro prigioniero politico, o dopo finalmente morto e fuggito via dalle loro viltà.
 Gioacchino Basile
Quella che segue è un’intervista effettuata per posta elettronica, i mezzi attuali di Cuntrastamu non ci permettono più di questo. Gioacchino Basile, sindacalista che negli anni più difficili di Palermo denunciò gli interessi mafiosi nei Cantieri Navali, ha mandato a Cuntrastamu e ad altri l’invito a firmare una petizione per essere ascoltato dalla Commissione Antimafia in merito alle stragi del ‘92. Ho colto dunque l’occasione per rivolgere a Basile delle domande più generali. Pubblico l’intervista integralmente anche se non condivido né il tono né i contenuti di alcuni passaggi dei quali Gioacchino Basile si assume la totale responsabilità.

C’è una petizione da lei lanciata su internet che richiede il sostegno dei cittadini affinché lei venga ascoltato dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Ci può descrivere per sommi capi i motivi di questa richiesta?

Il 3 settembre us. ho scritto e spedito a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno la richiesta d’audizione in Commissione Antimafia, che troverete pubblicata anche sù Google.it, alla quale potrò dimostrare, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la strage di via D’Amelio, fu l’unica soluzione possibile che consentì all’odierno procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, di salvare dall’olocausto giudiziario Fincantieri e tutto il corollario politico-affaristico e criminale, fotografato dal dossier dei ROS – Mafia e Appalti – al quale aveva posto la giusta attenzione Paolo Borsellino per arrivare ai mandanti della strage di Capaci.
L’idea della petizione è stata del medico personale di Bruno Contrada, D.ssa Agnese Pozzi, che pur consapevole di quelle mie ragioni che non aiutano Bruno Contrada, ha apprezzato l’onestà intellettuale e morale delle mie battaglie contro l’esercizio della calunnia mafiosa e di quella
antimafiosa, e da persona libera – seppure ferma su alcuni suoi convincimenti – non ha esitato ad offrirmi la sua amicizia ed a regalarmi questa iniziativa, che per altro è stata condivisa con grande dignità anche dalla sorella di Bruno Contrada, la signora Ida.

Dove si può firmare la petizione? Che tipo di impegno comporta la firma?

Questo è il link: http://www.petitiononline.com/nov2009/petition.html. La firma non comporta alcun impegno. Esercita una pressione democratica nei confronti dei politici distratti e di quelli che hanno l’interesse a far della Commissione Antimafia una passerella di sciacalli, che depistano la verità ed uccidono la speranza di verità e giustizia.

Sono legate in qualche modo diretto la sua vicenda personale, la presenza asfissiante di Cosa Nostra nei Cantieri Navali di Palermo, con la strage che portò alla morte di Paolo Borsellino?

Nella mia battaglia esistenziale contro “cosa nostra” non c’è mai stata alcuna vicenda di tipo personale; l’accozzaglia criminale associata in “cosa nostra” prima del mio schierarmi a muso duro nella trincea della libertà, non mi aveva mai dato alcun disturbo. “Cosa nostra” dentro lo stabilimento navale di Palermo, grazie alla sua potente capacità intimidatrice, svolgeva un ruolo fondamentale; regolava e garantiva tutti i patti – da quelli più meschini a quelli molto più importanti degli appalti, ed il silenzio assoluto sullo scandalo sociale che vedeva migliaia di lavoratori in nero che operavano senza alcuna minima tutela economica e normativa.
Per darvi un’idea dell’infame efficienza del grumo sociale, politico, criminale e imprenditoriale che per circa un ventennio s’impose dentro lo stabilimento di Fincantieri a Palermo, grazie alle indegne omissioni della Procura di Palermo, vi notifico che nello stabilimento navale di Palermo furono spenti ben 3000 posti di lavoro senza alcuna opposizione sociale e nel silenzio assoluto.
Il grumo mafioso espresso dalla mafia politica, sindacale e istituzionale, attraverso la politica del tanto peggio tanto meglio, che saziava anche gl’interessi meschini dei singoli, riuscì a fare d’un grave problema sociale, una potente risorsa politico-clientelare che unitamente alla capacità intimidatrice di “cosa nostra” garantiva la tombale omertà ambientale.
Se volevate sapere cos’è la mafia… ecco, vi ho servito un classico da scuola!!!
Se andrò in Commissione Antimafia dimostrerò, non solo che Vittorio Teresi e pezzi importanti di quella Procura di Palermo non avrebbero mai potuto mettere in atto le indegne omissioni che riguardano il momento topico di questo classico da scuola, ma molto di più!!!
I Ciancimino, ed i “pentiti” di circostanza non sono fonte di verità; troppe volte sono soggetti che trattano la salvezza delle loro vite perdute, dopo essersi saziati con il vissuto criminale è distrutto le vite degli onesti, utilizzando la morte come garanzia ai loro interessi.

Cosa è cambiato a Palermo dagli anni ‘80? Gli arresti di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, Giuffrè, Aglieri e gli altri capimafia, la nascita del movimento Addiopizzo e dell’associazione antiracket sono segnali di un cambiamento reale o soltanto la misura di un arretramento di Cosa Nostra sul piano militare?
A Palermo, così come nel sud del nostro Paese, non è cambiato nulla, se non il fatto che lo Stato – quel potere esecutivo dell’anno 1992 – dopo l’urgente e quindi non pianificata strage di via D’Amelio, fu costretto a tradire quei suoi sgherri che per circa 13 anni aveva utilizzato in funzione militare contro gli uomini onesti delle Istituzioni. La reazione degli infami criminali si realizzò con le stragi del 1993, ma ciò ha segnato la disarticolazione e la fine delle funzioni socio – politiche di “cosa nostra” anche se ancora oggi, la profusa illegalità determinata dalla sopravvivenza alla povertà, partorisce sempre nuovi infami protagonisti criminali che vogliono emergere da quel nulla, dove la dignità umana vale quasi niente.
Nel mese di giugno del 1999, insieme ad altri ho costituito l’Associazione Antiracket di cui sono stato Presidente fino all’anno 2002. Poi decisi di mollare perchè da quelle parti circola troppa gente inaffidabile, a partire proprio da Tano Grasso. Quando la giustizia assume il volto politico è si mettono valori di civiltà, politica e danaro nello stesso contenitore va sempre male.
In qualità di Presidente dell’Associazione Antiracket e di Consulente del Sindaco di Palermo partecipavo ai comitati per l’ordine e la sicurezza in Prefettura ed in ordine al cosiddetto racket del “pizzo” se la cosa non fosse tragica, ci sarebbe da sconquassarsi dal ridere!!!

Perché una spaccatura così profonda con il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore? Possibile che le persone non riescano a dire cose diverse, a volta anche in contrasto, sentendo però di andare in una direzione comune, che sarebbe quella della ricerca di una verità condivisa?
Quando nell’anno 2002 mi resi conto che il movente della strage di via D’Amelio aveva il volto delle indegne omissioni della Procura di Palermo, cominciai a cercare di mettermi in contatto con i familiari di Paolo Borsellino per sollecitare la Procura di Caltanissetta ad agire con la dovuta attenzione, ma non fui molto fortunato, anche se Manfredi Borsellino fu disponibile ad un amichevole colloquio, che fissò una conferma importantissima al mio solido movente.
Il 29 aprile del 2002, per avere l’opportunità d’interrogare il dottor Vittorio Teresi e costringerlo a dire la verità in qualità di persona offesa sotto giuramento, pubblicai provocatoriamente un comunicato stampa che se non fosse stato formulato con la strategica intenzione di farmi
querelare, poteva tranquillamente definirsi opera d’uno scemo impazzito.
Quella volta centrai l’obbiettivo: Vittorio Teresi mi querelò, e poi fu costretto a mentire sotto giuramento sui fatti che si legano solidamente al mio movente.
Poi – per evitare che con le testimonianze a mia difesa e l’adeguata documentazione che potevo produrre, squarciassero i veli della strage di via D’Amelio – propose il ritiro della querela, che accettai perchè in ogni caso quel Giudice al di là d’ogni ragione opposta al querelante, sarebbe stata costretta a condannarmi per le offese contenute nel comunicato stampa contro il Teresi.
Fornito di sempre più granitiche ragioni, continuai la mia battaglia, seppur consapevole del ruolo inadeguato dei media, di certa magistratura e della politica. Mi restava ancora la speranza che da qualche parte esisteva quel fratello di Paolo Borsellino, che pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio, avevo incontrato nelle vicinanze della Cappella che ospitava i resti del nostro Eroe al quale poco prima avevo portato una rosa rossa.
Quella volta – Salvatore mi ha detto di non ricordarsi – incontrai quei suoi occhi che scavavano dentro i miei. Quegli occhi esprimevano tenerezza e gratitudine per l’affettuoso riconoscimento che mi aveva visto fare nei confronti di suo fratello.
La commozione quel pomeriggio m’impedì di abbracciarlo ed esprimergli tutta la solidarietà.
Quel giorno avrei potuto parlargli dei miei dubbi, della maledetta sfortuna che aveva colpito le mie ragioni di uomo libero e la speranza di migliaia di lavoratori e cittadini, che da un decennio insieme a me si battevano contro “cosa nostra” e contro le indegne omissioni della Procura di Palermo; ma oggi grazie al cielo so che è stato meglio non averlo fatto.
Nei primi giorni del luglio 2007, grazie ad un comune amico, contattai Salvatore Borsellino, e con costui – il prof. Enzo Guidotto – mi recai a Milano per incontrarlo e convincerlo a battersi per la speranza di ottenere Verità e Giustizia per suo fratello.
Quella volta, Salvatore deridendomi, mi disse: “Ma ancora non ti basta quello che hai subito per aver creduto di poter sconfiggere la mafiosità dello Stato?!! “.
Poi come a volermi fare un favore, dopo 10 anni di silenzio, il 16 luglio del 2007 ”tornò in trincea” con una lettera aperta che citava lo scrivente. Quando gli feci rilevare che tutta la stampa – dal livello locale a quello nazionale – in quella lettera aperta eliminò la parte in cui mi citava, mi rispose: ” Questa è la conferma che tu sei troppo pericoloso per questo sistema, ma non preoccuparti io sono con te, anche se lotteremo contro i mulini a vento!!!”.
Circa quindici giorni dopo, grazie all’intervista ad una tv privata pubblicata su youtube il 2 agosto 2007 compresi che forse non ero in adeguata compagnia: vedere il fratello del mio eroe che nascondeva il viso mi avvilì moltissimo e mi fece comprendere che ancora una volta in questa dura battaglia di libertà ero solo.
Infatti, poco tempo dopo, Salvatore dovette fare i conti con quella sua sorella che, qualche mese dopo la morte di Paolo, aveva comprato due appartamenti da un costruttore, notoriamente amico dei mafiosi, per il valore di 700 milioni (in lire) di cui circa 350 milioni – alla faccia della legalità di cui dopo la morte di Paolo si era fatta paladina (sic.) – furono pagati in nero.
Stiamo parlando di quella sua sorella che si è candidata con quelli che, con Paolo Borsellino vivo, avrebbero avuto ben altre candidature; di quella sua sorella che con Paolo Borsellino vivo non sarebbe andata a fare da stendardo di onestà con quei Magistrati che necessitarono della morte di Paolo Borsellino per porre in atto le indegne omissioni di circostanza, che salvarono le Partecipazioni Statali ed i loro compagni di merenda dall’olocausto giudiziario.
Ma quella sua sorella che se stava dietro il bancone della sua farmacia avrebbe dato un grande contributo alla speranza di Verità e Giustizia per il nostro Eroe, non fu l’unica “debolezza umana” che azzoppò la sua voglia di volare alto verso gl’ideali di Giustizia e Libertà!
Chi scrive, non è stato certamente più fortunato di Paolo Borsellino, anzi.
Due miei fratelli per ben due volte per paura testimoniarono contro di me, nei processi contro “cosa nostra” e successivamente sono stati oggetto di pregiudizio giudiziario per le loro indegne scelte esistenziali, di cui hanno pagato le amare e giuste conseguenze.
Ma mai e poi mai, loro oseranno ricavare profitto morale o di altra natura dai duri prezzi esistenziali pagati ai valori di civiltà dalla mia vita e dalla mia favolosa famiglia.
Dentro la coscienza di Salvatore la speranza era già morta da anni, e quando per motivi parentali fu costretto a non disturbare la convenienza politica di sua sorella, la seppellì definitivamente e fece largo nell’animo suo alla vanità degli uomini senza qualità.
Salvatore ha dei profondi limiti; soffre della piena consapevolezza di non essere all’altezza di Paolo. Vorrebbe volare alto come l’aquila che fu suo fratello, ma poi cade giù come un merlo azzoppato per sua stupidità. Indica nello Stato i mandanti della strage di via D’Amelio, ma poi per sfuggire alla verità, di cui a mio avviso ha paura, spruzza il fango dell’infamia stragista su Dell’Utri e sul suo padrone Berlusconi, che utilizzarono la capacità intimidatrice di “cosa nostra” così come in quegli anni avevano fatto tutti gli attori del circuito imprenditoriale in Sicilia ed al sud più in generale, per tutelare la loro sicurezza ed i propri interessi sul territorio.
Sa benissimo, ma fa finta di non capire, che lo Stato in quel momento storico – 1992- aveva il volto di quel potere esecutivo, della “sua opposizione” e di quella Magistratura, di cui Silvio Berlusconi, era solo un ”compagno di merenda” ben collegato alle logiche consociative.
Salvatore sa benissimo che il tradimento contro suo fratello si è raggrumato dentro la Procura di Palermo, ma volge il dito contro quei Carabinieri di cui suo fratello si fidava.
Lui teorizza la “trattativa” (sic.) e telefona “al professionista delle teorie” Massimo Ciancimino che insieme a suo padre, ai Riina ed ai Provenzano ha danzato indegnamente tutta una vita sulle vite, sulle risorse e sulle speranze dei siciliani onesti e sui cadaveri dei nostri Eroi, ed ancora oggi ne vuole godere gl’infami profitti e dare dignità all’infame mafioso che fu suo padre che poi da confidente o aspirante “pentito” voleva darsi una dignità contrattuale!!! (sic.)
Dà patenti d’eroismo a Magistrati che s’avvitano su comiche teorie dettate dai soliti noti, o forse suggerite da eminenze grige, pur avendo avuto conferma che il mio movente non è mai stato smentito da quei “suoi eroi” che hanno il potere ed il dovere di sbattere in galera i calunniatori.
Salvatore fa domande a Carlo Vizzini, ma poi non pretende risposte; indica Nicola Mancino, ma s’avvinghia “alla munnezza” del “pentito” (sic.) Gaspare Mutolo: fa come quelli che vogliono la scena per darsi una considerazione, ma poi non ha la statura ed il coraggio di affrontare a muso duro quella verità, che lui ben conosce e che lo aveva costretto alla resa alla fine degli anni 90.
Però c’è una cosa che Salvatore Borsellino sembra saper fare benissimo: quella di farsi scudo della grande statura Eroica di suo fratello Paolo per uccidere quella verità con la quale che Lui avrebbe difficoltà a convivere.
Per questo isola Gioacchino Basile e le granitiche ragioni, che portano dritto dentro lo scenario politico- Istituzionale che godette l’immediato vantaggio giudiziario della morte di suo fratello.
Nel mese di giugno dello scorso anno, e dopo aver atteso per ben 3 mesi una rettifica sulle sue false e diffamatorie affermazioni in risposta alla mia dura lettera aperta, è nel solo interesse di salvaguardare la speranza di Verità e Giustizia per suo fratello fui costretto a querelarlo.
Dovetti fare quella querela perchè non potevo permettere ad un inadeguato fratello di un Eroe, che vive di quella opaca luce riflessa, di uccidere quella mia solida speranza di Verità, che non rende solo Giustizia a suo fratello, ma anche alla mia vita rubata ed alla mia famiglia.
Lui invece di vergognarsi per avermi costretto a tanto, con grande piacere degli utili idioti, dei sciacalli e degli assassini di suo fratello, facendo la vittima ha consapevolmente e ulteriormente costruito il mio isolamento; Lui sfugge con il silenzio a quel confronto diretto che vorrei avere con lui e con quelli che lo spalleggiano per miserabile convenienza…
Lui sfugge ai fatti perché non saprebbe reggerli: Lui alla mafia politico-istituzionale ed ai criminali che hanno ucciso suo fratello per inadeguatezza umana ha fatto il più grande dei favori: isolare il mio sogno di verità e giustizia…
Lui, lo dicono i fatti, non vuole la verità: vuole la vuota scena del teatro della vanità…
V’invito a chiedervi: perchè Salvatore, sempre attento ai “pentiti” ai Ciancimino ed agli squallidi che lo utilizzano per meschini fini politici, invece di agire miseramente dietro le quinte fingendosi vittima delle mie critiche e della mia querela, non firma la petizione della D.ssa Agnese Pozzi, medico personale di Bruno Contrada, che chiede con forza la mia audizione in Commissione Antimafia, pur sapendo che sul “ suo protetto” abbiamo posizioni opposte!!!
V’invito a chiedervi: perché la signora Ida Contrada, – sorella di Bruno – ha firmato la petizione che mi vuole in Commissione Antimafia e Salvatore Borsellino e compagnia invece mi isolano?!!! (sic.) A seguito di questa umana ed onorevole circostanza e senza per questo voler ledere la dignità di alcuno, vi chiedo: cosa sarebbe accaduto agli infami che tradirono Paolo Borsellino, se il nostro Eroe avesse avuto la fortuna d’avere una sorella come la signora Ida?!!!

Lei ritiene che l’attuale situazione politica favorisca il
contrasto ai gruppi mafiosi, non solo in Sicilia ma in tutto il paese?
Il re è ormai nudo, le vuote parole dello sciacallaggio antimafioso non ubriaca più la gente del nostro Paese, anche se attraverso le verità reinterpretate, riescono ancora ad ingannare i giovani e la gente onesta che s’affida pregiudizialmente all’informazione dettata dai “protobugiardi”.
Dopo la strage di via D’Amelio, lo Stato – quel governo e la sua “opposizione” dovette necessariamente rompere i rapporti con “cosa nostra”, ma per quel governo e quelli successivi s’apriva uno scenario sociale difficile da gestire: la pacifica convivenza fra ricchezza e povertà.
Per scaricare le responsabilità di questo ingestibile fenomeno, hanno dovuto fare largo alle comiche e tragiche “teorie” (sic.) di Tano Grasso, alle storie lacrimevoli ed i fautori della delazione premiata, attraverso l’equivoco del vittimismo imprenditoriale, riuscendo perfino a presentare Confindustria come paladina dell’antimafia!!!!!
Oggi, l’evidenza dell’equivoco – inganno è ormai palese: la povertà è sempre più costretta ad aggrapparsi all’illegalità più meschina che consente a milioni di cittadini del sud Italia di resistere ai bisogni più elementari e la ricchezza diventa sempre più parassitaria e criminale.
La politica dei ricatti, instaurata dopo le stragi del 1992, ha innescato l’attuale fenomeno socio-economico in cui la condizione criminosa e criminale non si esaurirà mai, fino a quando non si ricostruiranno i plinti sui quali poggiare i pilastri dei valori patriottici della nostra Costituzione.

Da chi dipende maggiormente la confusione e la diversità di punti
di vista su alcuni temi riguardanti la lotta alla mafia (alcuni
esempi: il ruolo di alcune persone come Bruno Contrada o Corrado
Carnevale; l’arresto di Totò Riina; le dichiarazioni del figlio di
Vito Ciancimino; la presunta trattativa tra Stato e mafia)? Dalle
istituzioni? Dalle forze dell’ordine? Dai mezzi d’informazione?
Dall’antimafia?
Non c’è confusione, c’è soltanto una ruvida e arrogante strategia di sopravvivenza politica, che grazie ai noti servi dell’informazione – Oscar Wilde, li definirebbe protobugiardi – costruisce storie fantastiche che s’avvitano sulle vuote parole delle presunzioni, dettate dalla feccia “pentitistica” e raccolte da Magistrati troppe volte inadeguati o interessati al depistaggio.
Lo scrivente può provare al di là d’ogni ragionevole dubbio, che la Magistratura è in grado di nascondere anche la verità più rozza ed infame: a Palermo lo ha fatto per circa 20 anni.
Bruno Contrada non è un servo dei criminali: è stato un fedele servitore di quei governi e di quelle opposizioni che ingannarono e tradirono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri uomini delle Istituzioni. Bruno Contrada è innocente dal capo d’imputazione che lo condanna.

In ultimo, considerata la difficoltà di proporre un’intervista
scritta, le chiedo di aggiungere, se vuole, qualcosa se pensa che
manchino delle domande importanti.
Credo che per questa intervista, che spero pubblicherete, può bastare quanto fin qui detto, anche se mi piace cogliere l’occasione per confermare che la durezza delle mie parole è rivolta alle responsabilità delle persone citate e non alla loro dignità, e per ribadire ai consapevoli traditori della nostra Costituzione che forse il mio sogno di libertà è impossibile ma la mia patriottica determinazione è fatto certo, che si esaurirà solo dopo che li avrò costretti ad arrestarmi per dichiararmi loro prigioniero politico, o dopo finalmente morto e fuggito via dalle loro viltà.

Sinistra e Libertà, progetto in crisi?

di Aldo Garzia
Il punto È dimezzata la coalizione di Sinistra e libertà (3,1% alle ultime elezioni europee). Il Partito socialista guidato dal segretario Riccardo Nencini ha deciso, dopo un tira e molla durato alcune settimane, di abbandonare il tavolo delle trattative con gli altri partner

I primi a uscire dalla coalizione erano stati i Verdi che hanno eletto Angelo Bonelli presidente nel loro ultimo Congresso con il proposito di rilanciare l'idea di una costituente ecologista. La decisione del Ps è stata presa all'indomani di un incontro tra Pierluigi Bersani, segretario del Pd, e una delegazione socialista guidata dal segretario Nencini (quest'ultimo sarà candidato alle regionali in Toscana in accordo con il Pd).

"L'incontro è andato molto bene - aveva commentato a questo proposito Nencini - abbiamo parlato delle regionali, del Congresso del Partito del socialismo europeo e di molte altre cose. Sulle prossime elezioni regionali abbiamo deciso di tenere aperte le relazioni su alcune situazioni che vanno monitorate periodicamente. Ma soprattutto c'è un clima mutato nelle nostre relazioni".

Dopo la decisione di una settimana fa di oscurare il sito ufficiale di Sinistra e libertà a causa di una querelle sulla reale interpretazione dei deliberati del Coordinamento nazionale, arriva ora la notizia che i socialisti non si sentono più parte di un comune progetto. L'oggetto del contendere era da tempo lo scioglimento delle organizzazioni di origine (Sinistra democratica, Movimento per la sinistra, Ps e componente dei Verdi che non si riconosce nelle proposte di Bonelli) per dare vita a un unico soggetto politico. Questa prospettiva non aveva mai trovato l'accordo dei socialisti.

Al fine di un definitivo chiarimento era stata convocata un'assemblea nazionale per il 19 e 20 dicembre che doveva servire a stabilire le modalità di presentazione alle elezioni regionali e accelerare eventualmente i tempi della costruzione di un unico partito della sinistra. Ora a questa assemblea vi parteciperanno solo Sinistra democratica (il movimento che fa capo a Fabio Mussi e a Claudio Fava), gli ex di Rifondazione che hanno formato il Movimento per la sinistra guidato da Nichi Vendola e i Verdi che non sono d'accordo con Bonelli (Grazia Francescato, Paolo Cento, Loredana De Petris) e alcuni ex Pdci (Katia Bellillo, Umberto Guidoni).

A questo punto potrebbero sorgere dei problemi anche per quanto riguarda l'utilizzo del simbolo nella campagna elettorale alle porte, anche se di recente è stata aggiunta la parola "ecologia" al logo depositato in origine dai contraenti del patto elettorale. Gennaro Migliore, ex capogruppo di Rifondazione alla Camera, dichiara all'Asca: "Il progetto di Sinistra e libertà va avanti con chi ci sta. Come convenuto con gli altri partner, faremo il congresso di fondazione del nuovo partito dopo le elezioni regionali e non prima". E sulla presentazione alle elezioni regionali? "Ci presenteremo autonomamente, salvo qualche eccezione che potrà essere proposta a livello dei territori".
In un comunicato di Sinistra democratica si legge intanto: "Il nostro movimento non ha mai immaginato che il percorso necessario e difficile di Sinistra e libertà potesse tramutarsi in poche settimane in un nuovo partito politico, il partito della sinistra italiana. E' tuttavia evidente che nelle ultime settimane il dibattito interno ha subito una involuzione politicista a scapito dei contenuti e si sono manifestate opinioni diverse sul percorso da seguire".
Ha creato polemica anche un comunicato del Coordinamento nazionale di Sinistra ecologia e libertà con il quale si aderisce alla manifestazione contro il governo Berlusconi promossa inizialmente da Idv e Rifondazione. "Siamo convinti - si legge nella nota - che l'opposizione a Berlusconi deve essere innanzitutto opposizione sociale alle scelte economiche e ambientali che questo governo ha fatto".

Nencini si dissocia da questa decisione: "Sinistra e libertà, come ha spiegato Antonello Falomi dai microfoni di Radio radicale, non c'è più e quindi non può certo annunciare l'adesione alla manifestazione del 5 dicembre contro Berlusconi. Ogni adesione è evidentemente a carattere personale".
Aggiunge il segretario socialista: "Quella del 5 dicembre è una protesta che serve solo a scaldare i cuori e non porta un voto in più. E meglio lasciare a Di Pietro e al massimalismo di sinistra la politica muscolare, quella delle piazze piene e rumorose che di solito, come diceva Nenni, poi lasciano le urne vuote".

da Aprileonline.ifo

Dal 2000 a oggi, 6200 minori palestinesi rapiti e incarcerati dalle forze israeliane.

Sono 6200 i minori palestinesi rapiti e imprigionati dalle forze di occupazione israeliane dal 2000 (seconda Intifada) a oggi. 337 sono ancora in carcere.

Lo ha rivelato un rapporto del ministero per gli Affari dei Prigionieri del governo di Ramallah, presentato durante l'incontro dei delegati del Consiglio permanente della Lega Araba, avvenuto sabato 14 novembre.

Il ministro Issa Qaraqe ha spiegato ai partecipanti che le autorità di occupazione israeliane "privano i minori detenuti dei diritti basilari garantiti dalle convenzioni internazionali: diritto a conoscere le motivazione dell'arresto, diritto alla difesa, il diritto delle famiglia di essere informate sull'arresto e sul luogo di prigionia del congiunto minorenne, il diritto a comparire di fronte a un giudice, il diritto a contestare l'imputazione e a fare appello contro di essa, il diritto a comunicare con il mondo esterno, il dirito a un trattamento umano che preservi la dignità del minore".
Il rapporto denuncia le "violazioni dei diritti dei bambini" (secondo al Convenzione per i Diritti del Fanciullo, e secondo la definizione utilizzata dalle Nazioni Unite, "bambino" è il minore fino al compimento del 18° anno di età, ndr) nelle carceri israeliane. Essi vengono infatti trattati come "potenziali sovversivi", come pericolosi criminali, e sottoposti a torture e trattamenti disumani - tra cui, percosse, deprivazione del sonno, fame, abusi sessuali, deprivazione delle visite dei familiari, e altro ancora. Inoltre, le forze di occupazione applicano metodi psicologici e fisici brutali, atti a estorcere confessioni.

http://www.middleeastmonitor.org.uk/news/middle-east/255-israeli-army-kidnapped-6200-children-since-2000
da infopal

Lettera del padre di Aldo Bianzino

Gentilissimo Direttore,

Il caso recente di Stefano Cucchi e, quello ancor più recente, di Giuseppe Saladino a Parma (Il Manifesto dell'11 novembre), hanno richiamato l'attenzione sui casi di Marcello Lanzi e di mio figlio Aldo Bianzino, anch'essi morti in carcere in circostanze tutte da chiarire (chissà quando e sopratutto se). Ora, volendo esaminare il caso di Aldo, bisogna precisare alcune cose.

Il P.M. dott. Giuseppe Petrazzini, che aveva fatto arrestare Aldo e la sua compagna la sera del venerdì 12 ottobre 2007, è lo stesso magistrato che ha in carico le indagini sul suo successivo decesso avvenuto nella notte tra il 13 e il 14, Aldo era stato messo in cella di isolamento nel carcere "Capanne" di Perugia. Era stato visto da un medico, che l'aveva riscontrato sano e da un avvocato d'ufficio, col quale aveva parlato verso le 17 di sabato.
Non sono disponibili registrazioni di telecamere su ciò che è avvenuto successivamente, né, dopo il decesso, la cella risulta sia stata isolata e sigillata, né che siano stati chiamati per un intervento i reparti speciali di indagine dei carabinieri. A detta degli altri detenuti del reparto, durante la notte Aldo aveva suonato più volte il campanello d'allarme ed aveva invocato l'assistenza di un medico, sentendosi anche, pare, mandare al diavolo dall'assistente del corridoio, la guardia carceraria Gian Luca Cantore, attualmente indagato. Fatto sta che verso le 8 del mattino di domenica le due dottoresse di turno, arrivate a svolgere il loro turno di servizio, trovarono il corpo di Aldo, con indosso solo un indumento intimo (e siamo a metà ottobre, non ad agosto). I suoi vestiti si trovavano nella cella, accuratamente ripiegati (cosa che Aldo, in 44 anni, non aveva fatto mai). Le due dottoresse provarono di tutto per rianimarlo, ma alla fine dovettero desistere: Aldo era morto. L'autopsia, svoltasi il giorno dopo, diede risultati controversi: si parlò prima di due vertebre poi di due costole, rotte, poi tutto fu negato. Di certo ci fu un'emorragia celebrale e un'altra di 200 ml., al fegato. Segni esterni di percosse o violenze, nessuno (i professionisti sanno come si fa C.I.A. insegna). Ora, l'emorragia cerebrale è stata amputata ad un aneurisma, quella epatica ad un maldestro tentativo di respirazione artificiale, che le due dottoresse respingono nel modo più assoluto (e ci mancherebbe, si tratta di medici, mica di personale non qualificato), ma nessun altro ha affermato d'aver fatto tentativi in tal senso. Ora, può accadere quando si è nelle mani delle "forze dell'ordine", lo abbiamo purtroppo visto in molti casi, basterebbe pensare al G8 di Genova, e magari al colloquio recentemente intercettato nel carcere di Teramo (i detenuti non si massacrano in reparto, ma sotto!). L'emorragia cerebrale potrebbe benissimo essere stata la conseguenza di uno stress per colpi ricevuti in altre parti del corpo, immaginatevi l'angoscia e il terrore di una persona in quelle condizioni. In ogni caso credo proprio di poter dire in tutta coscienza che Aldo è stato assassinato in un ambiente violento e omertoso, del quale non si riesce neppure a sapere i nomi del personale presente quella notte nel carcere. Quanto al dott. Petrazzini, mi sembra che dignità gli imporrebbe di passare ad altri il suo incarico, date le omissioni, invece di insistere come sta facendo, per ottenere l'archiviazione del caso.

Ma i veri assassini sono coloro che hanno voluto ed ottenuto una legge sulle "droghe" come l'attuale, persone che nella loro profonda ignoranza, considerano in modo globale, senza distinzioni. Una legge fascista e clericale, da stato etico e peggio, da stato che manda in galera (con le conseguenze che si sono viste) il poveraccio che coltiva per uso personale qualche pianta di cannabis, mentre, se la droga (quella pesante, cocaina o altre sostanze) circola nei festini dei potenti, non succede nulla. Vorrei dire comunque che un paese che considera delitto la detenzione e l'uso di droghe, magari solo marijuana, o l'essere "clandestino", pur non avendo colpe e quasi sempre per sfuggire a condizioni di vita impossibili, uno stato che avendo preso in custodia delle persone, è responsabile a tutti gli effetti delle loro vite e della loro salute, uno stato che non riconosce come reato gravissimo la tortura, uno stato che difende i forti e i potenti e non i deboli, è uno stato che non può ritenersi civile e non può chiedere ai suoi cittadini (o sudditi?) di amare la propria patria.

In fede
Giuseppe Bianzino
Vercelli, 16 novembre 2009

da veritàperaldo

PORTA UN FIORE AD AURO

... e ho da farti un duro racconto, hanno bussato alla mia porta di
mattina presto
e ho saputo quello che era successo nella notte al Corto, quando ero lì
ho visto
un inferno un incendio un inferno di lamiere e sotto le macerie un fiore
alcuni piangono altri non parlano... /

Assalti Frontali - terra di nessuno 1992

Il 19 maggio 1991 al centro sociale Corto Circuito, in una notte come molte altre, un rogo illuminò il cielo e un fumo denso riempì l'aria, quella notte fu assassinato Auro Bruni. Aveva 19 anni. Ancora oggi questo omicidio non ha colpevoli.

Quella notte Auro era rimasto a dormire al Corto, gli aggressori
attesero che tutti i compagni andassero via per eseguire l'attentato contro il centro sociale, forse la sua presenza non era prevista o forse si, fatto sta che quando lo trovarono all'interno decisero di neutralizzarlo con un colpo alla testa, cosparsero il corpo e i locali del centro di benzina. L'incendio distrusse completamente il Centro Sociale e rese irriconoscibile il corpo di Auro.
Immediatamente i compagni individuarono la matrice fascista
dell'aggressione, ma le forze dell'ordine e la magistratura decisero di non prendere in considerazione gli ambienti dell'estrema destra indirizzando al contrario le indagini contro gli stessi frequentatori del Centro Sociale, fermando ed interrogando per ore alcuni coetanei di Auro cercando, così, di avallare la tesi di una lite interna.
Il giorno successivo i "disoccupati italiani nazionalisti", sigla
riconducibile ad ambienti di estrema destra, rivendicarono l'omicidio con una telefonata al TG3. Ma né questa rivendicazione né gli attentati subiti nei mesi precedenti da altri centri sociali persuasero la magistratura.


A 14 anni di distanza la situazione non è cambiata, siamo davanti ad uno nuovo rigurgito fascista, la destra è tornata ad alzare la testa.
Gli eventi degli ultimi anni hanno permesso nuova agibilità politica
alle sigle dell'estrema destra, agibilità garantita da un riconoscimento istituzionale e da un tentativo di revisione della storia del nostro paese tesa a mistificare il valore della lotta contro il nazi-fascismo e a mettere sullo stesso piano quest'ultimo con le idee e le politiche che in realtà lo hanno combattuto, concedendo alle destre di riemergere dall'ombra nella quale la storia li aveva chiusi per tornare ad operare alla luce del sole.


Questa libertà d'azione sfocia nelle "nuove" aggressioni, violente e omicide, che negli ultimi 2 anni ci hanno colpito, a cominciare
dall'omicidio di Dax a Milano per continuare con le aggressioni ai
centri sociali in tutta Italia fino agli attacchi subiti dalle
occupazioni di case a Roma.
Per questo la nostra voce deve levarsi alta e forte: perché noi siamo i portatori di quella memoria storica che il presente vuole cancellare, perché è nostra responsabilità far vivere l'antifascismo in ogni lotta quotidiana, perché è nostro compito impedire in ogni modo che il fascismo torni ad essere tollerato
Ricordare oggi Auro significa ribadire la nostra opposizione forte a
tutte le forme di fascismo razzismo e ad ogni forma di esclusione sociale.
Per questo Auro e tutti gli altri non vanno dimenticati.


NO AL FASCISMO NO AL RAZZISMO
LE COMPAGNE ED I COMPAGNI DEL C.S.O.A. CORTO CIRCUITO


Fonte:
http://italy.indymedia.org/news/2005/05/793275.php

da Rete-Invisibili