Colpo di Raffaele Fitto; rafforzata la "NOI prima di tutto"
La lunga rincorsa della “NOI prima di tutto” a Mino Frasca (ex punta di diamante dell’ UDC, unione dilettantistica calcio, si conclude con l’acquisto del giocatore proprio negli ultimi giorni di mercato.
Le smentite degli ultimi giorni da parte dei dirigenti della società servivano probabilmente solo a mettere pressione all’ UDC che in fondo della sua punta voleva liberarsi, basti pensare che era stato escluso dalla lista champions.
Ed infatti queste le dichiarazioni del prof. Luigi De Leo, portavoce dell’on. Totò Ruggeri:
“L’approdo di Mino Frasca nella terra promessa di Raffaele Fitto, di cui abbiamo appreso la notizia dagli organi di informazione, non ci coglie di sorpresa anche perché del suo perenne travaglio interiore, proprio di un’anima in pena alla ricerca continua di bere alla fonte del potere, ne avevamo colto i segni da tempo”.
Siamo più che convinti, ha continuato, che il suo passaggio non determinerà alcun sconvolgimento di tipo tecnico tattico, non fosse altro perché di tali esempi ne abbiamo già avuti e si sono sempre tramutati in aumento di consensi per l'UDC.”
Come non dare ragione al prof, oggi nel mondo del calcio si sa non esistono più le bandiere e neppure le bandierine da quando cassano le prende a calci, esistono solo i soldi e gli interessi personali; vedi le carriere di grandi giocatori come Ronaldo, Vieri, ecc.
L’accordo è quindi ormai ufficiale e salvo sorprese dell’ultima ora dovrebbero rientrare nei dettagli dell’operazione anche l’intero staff tecnico che ruota attorno al giocatore, composto da ben 5 elementi: De Bitonti Maurizio, Negro Gino, Muci Adriano, Sabato Antonio e Mirella Bianco (per gli amici detta “senza bandiera”).
In casa “NOI prima di tutto” c’è grande soddisfazione per l’arricchimento della rosa con una punta del calibro del neretino, bravo sia in fase offensiva che in fase difensiva e di sicuro secondo fonti molto vicine alla società, il suo apporto di pubblico sarà ossigeno per tutti i compagni, soprattutto in vista delle convocazioni per i prossimi mondiali del 28 e 29 marzo 2010.
Non è tutto rose e fiori però.
La festa a Fitto e Frasca rischia di essere rovinata da alcuni malumori che serpeggiano in casa granata per una frangia ristretta di tifosi che lamenta il fatto di non essere stata interpellata e di dover subire un’imposizione dall’alto che vista la popolarità del soggetto rischia di vedere i riflettori puntati tutti su di se, oscurando il lavoro di altri compagni, ops! AMICI.
La Redazione
venerdì 5 febbraio 2010
La destra finge di essere ambientalista a Bari e diventa ferocemente nemica dell’ambiente a Roma
«La destra che finge di essere ambientalista a Bari diventa ferocemente nemica dell’ambiente a Roma», afferma il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (Sel). Vendola ribadisce che la Puglia «sarà la regione più disobbediente d’Italia e continuerà a dire "no" al nucleare». «Siamo davvero alla caduta della maschera: la destra - afferma Vendola - in Consiglio regionale vota a favore della legge che io ho voluto fortemente per la denuclearizzazione della Puglia, e oggi la destra, il governo di destra impugna dinanzi alla Corte costituzionale la nostra legge».
«Noi cioè, questo ci viene detto, dobbiamo obbedienza, e se il governo vuole fare i propri affari nucleari e radioattivi in Puglia noi - ha aggiunto Vendola - dobbiamo tacere e obbedire. Noi saremo la Regione più disobbediente d’Italia e continueremo a dire no al nucleare». «In Puglia - ha detto Vendola - non vogliamo centrali nucleari, non vogliamo depositi di scorie nucleari, non vogliamo il transito di materiale a ’cavallò tra usi civili e usi militari. E voglio ricordare a tutti che abbiamo condiviso una legge molto forte, molto innovativa che era la nostra risposta a quella terribile legge che il governo aveva fortemente voluto con un decreto poi convertito dal Parlamento, che espropria le Regioni e i territori del potere decisionale sul proprio destino».
Bufera sul Carnevale romano per le scuole con Hitler e il Duce testimonial
Protagonisti del “Carnevale in love”, previsto per il prossimo 14 febbraio, giorno di San Valentino, Hitler ed Eva Braun, Benito Mussolini e Claretta Petacci.
Volantini di invito sono stati distribuiti in tutte le scuole elementari e medie del IX Municipio, e la rivolta, a pochi giorni di distanza dalla giornata della Memoria, non si è fatta attendere: “Come è possibile sdoganare Hitler e Mussolini agli occhi dei bambini?”.
“Il nostro Municipio, informato dai direttori e dai presidi – afferma Fantino – è da sempre impegnato a divulgare una qualità della cultura che ha come obiettivi la crescita sociale, culturale ed etica dei nostri cittadini e non può certamente accettare, neanche per ironia, maschere-modello come Hitler e Mussolini, padri delle leggi razziali e di anni bui della nostra recente storia”.
“A pochi giorni di distanza dalla giornata della Memoria – osserva la Fantino – crediamo di essere davanti ad un’offesa anche nei confronti della comunità ebraica romana. Come è possibile sdoganare Hitler e Mussolini, soprattutto agli occhi dei bambini? Mi sembra evidente che si vogliano normalizzare queste figure, circoscrivendole all’amore e alla relazione che hanno avuto. Ma la loro fama è legata a ben altri fatti”.
da Reset-Italia
Matto da (s)legare
Il caso Morgan dimostra quanto stonato sia il paese del belcanto. Un divo pop che è spesso in tv, presunto drogato, racconta con straordinaria lucidità momenti delicati della sua esistenza. Un intero sistema, presunto nemico della droga, gli rovescia addosso con allucinata ferocia tutto il suo biasimo.
Poche ore dopo il putiferio sull'uso anti-depressivo che il cantante avrebbe fatto della cocaina, con una solerzia che il consiglio di sicurezza dell'Onu se la sogna, la Rai ha deciso di escluderlo dall'imminente Festival di Sanremo.
Inchiodato nel ruolo di cattivo maestro e sciupagiovani da autorevoli membri del governo, il reo-confesso viene invitato a stare a casa o a entrare in comunità. Perché puoi fare tutto, persino concederti una pipa di crack ogni tanto, basta che poi non vai a sbandierarlo in giro. Vabbè, se succede si può ritrattare. Ma se poi non funziona gridi al mondo il tuo pentimento. Così ha fatto in sequenza anche Morgan, come Bertolaso dopo la sparata di Haiti. Solo che lì la mossa frutterà forse una poltrona da ministro, mentre qui Morgan potrà al massimo tornare sul palco di Sanremo per cantare la sua canzone. Dopo beninteso aver letto un breve testo del ministro Meloni in cui si intima ai «milioni di giovani in ascolto» di non farlo, per carità. Gioverà di certo allo share e il festival apparirà per quel che è o può essere: un ottimo programma di recupero.
Pazienza. Era molto meglio il Morgan incasinato e sognatore, come nel film Morgan - Matto da legare, rispetto all'eterno sconfitto Henry Morgan, il pirata ridotto a dare la caccia ai pirati. Chi si droga è complice della mafia, gli ricorda Castelli, perché il problema è l'outing e non l'ideologica ipocrisia delle politiche proibizioniste. Torneremo a fare gran titoli sulla stupefacente percentuale di cocaina che circola nelle nostre reti fognarie. Ma se arriva uno che dice sì, un po' di quella pipì era mia, anziché essere usato per andare oltre il dato che il laboratorio offre al dibattito, chiedersi i come e i perché, viene messo in croce. Persino il Codacons, protettore di ben altri consumatori abituali, plaude alla Rai e aggiunge consigli procedurali: sostituitelo con uno dei cantanti esclusi. Verrebbe da chiedersi e con chi, sennò?, se non fosse che Don Gelmini ha pronta la risposta: mandiamoci uno dei «miei» ragazzi. A quel punto tanto varrà dargli la vittoria a tavolino.
Nel silenzio vigliacco del suo mondo - salvo rare eccezioni - e della presunta sinistra, Morgan arretra, ritratta. Ma l'aveva detta giusta almeno da un punto di vista farmacologico, denunciando i pericoli derivanti dall'abuso degli psicofarmaci...
In un contesto così dissonante, anche la battuta che ieri andava per la maggiore nei bar - facciamo il test anti-doping a tutti i cantanti del festival - è diventata subito imperiosa proposta politica. E al fianco della solita Alessandra Mussolini stavolta c'è Dj Aniceto, celebre non tanto come mischiadischi quanto come membro - squillino le trombe e si aprano le virgolette - della Consulta nazionale degli operatori ed esperti per il Dipartimento per le politiche antidroga che come mischiadischi. «Sono contento per la sua esclusione», ha ghignato, da operatore o esperto, chissà. E sia. Facciamolo questo test, ai cantanti, agli orchestrali, ai giornalisti in sala stampa. Sono categorie sensibili e arischio, come i camionisti e i piloti. Facciamolo agli scrittori prima del Campiello e agli stilisti prima delle sfilate. E pure ai modelli, che modelli lo sono almeno due volte. Facciamolo a tutti. Magari non ai politici, per evidente oltreché legittimo impedimento. Ma non dimentichiamo i bambini delle favelas, dove il crack uccide molto più che nei salotti.
da Il Manifesto
Berlusconi: leggi razziali un’infamia. Analisi di una contraddizione.
Dopo la dichiarazione circa il desiderio che Israele entri nell’Unione europea, a Gerusalemme Silvio Berlusconi si esprime sulle leggi razziali varate durante il ventennio. “Le leggi razziali del 1938 sono un’infamia che ha macchiato l’Italia, dalle quali il popolo italiano è riuscito a riscattarsi grazie alla lotta di liberazione dal nazi-fascismo”, si esprime così il presidente del Consiglio durante il suo intervento alla Knesset, il Parlamento israeliano, alla presenza del presidente dello Stato di Israele Shimon Peres, il presidente della Knesset Reuven Rivlin, del premier Benjamin Netanyahu, del capo dell’opposizione Zipi Livni e dei membri della Knesset.
Berlusconi aggiunge che “nel 1938 l’Italia si macchiò dell’infamia delle leggi razziali, che contraddissero secoli di civiltà cosmopolìta e di rispetto umanistico della persona e della sua dignità” precisando, però, che il popolo italiano riuscì a riscattarsi da questa pesante offesa grazie alla lotta al nazi-fascismo che portò alla nascita della Repubblica italiana.
Tutto giusto, tutto perfettamente ponderato, forse troppo. Berlusconi, infatti, guarda alla storia come a un materiale malleabile e discrezionale, cui attingere in diversi modi a seconda dell’occasione e dell’interlocutore. Se si trova a parlare con il presidente degli Stati uniti, allora l’Italia è stata completamente liberata dagli alleati – verso i quali il debito di riconoscenza risulta inesorabilmente impagabile – glissando totalmente sull’apporto fondamentale della Resistenza italiana. Al Parlamento israeliano, invece, dopo l’ammissione di colpevolezza rispetto alle leggi del 1938, è necessario dire che l’Italia è riuscita attraverso il suo popolo a liberarsi dal giogo fascista, per testimoniarne il coraggio e la volontà di riscatto morale, civile e politico. Inoltre, parlare delle leggi razziali all’interno del Parlamento israeliano – ma questo non è un problema ascrivibile soltanto a Berlusconi – porta a un connubio (ebrei-Stato di Israele) fuorviante. Infatti, quelle leggi non riguardavano lo Stato di Israele, non ancora nato, ma diversi popoli, etnie, culture, tra cui gli ebrei rappresentavano la compagine più numerosa. La mancata elaborazione di questa “sottigliezza” determina un senso di solidarietà con una Nazione che con quelle orrende leggi non aveva nulla a che fare; solidarietà dietro alla quale si costruiscono politiche di sostegno a uno Stato invasore.
Altra nota che stona pesantemente con le ultime dichiarazioni risulta essere, in generale, tutta la politica messa in campo dal Governo italiano in materia di immigrazione. Dalla legge Bossi-Fini agli accordi con la Libia per i respingimenti in mare – che hanno portato l’Unione europea e diverse organizzazioni umanitarie a parlare per l’Italia di violazione dei diritti umani – l’esecutivo dimostra di avere un forte attaccamento alla pagina più cupa della storia italiana. Durante il Fascismo, quelle leggi vennero chiamate razziali per motivi di propaganda, un suggello alla nostra presunta superiorità naturale. Ora la propaganda è cambiata, sostituita da quella che si suole definire “informazione” e che assume la fisionomia del politicamente corretto, ma la sostanza appare la stessa.
Per il Fascismo era questione di sopravvivenza e lotta contro colui che, inferiore, minava il progresso del migliore; per il Nazismo era lo spazio vitale. Al giorno d’oggi la parola d’ordine è “sicurezza”, contro lo straniero non più ricco invasore degli spazi politici ed economici, bensì esclusivamente capro espiatorio degli insuccessi della politica e dei malumori di un popolo, quello italiano, che ora può democraticamente scegliere la sua pochezza politica, specchio inesorabile del suo malanno morale e della sua storia.
da Indymedia
Studiare meno, studiare meglio
di Rita Pani
Ho assistito a gran parte dello spettacolino di varietà della ministra per l’istruzione, accompagnata dal tizio inopportuno del consiglio.
Presentavano lo show “Il miracolo della riforma della scuola” dalla sala del Tiepolo, il quadro famoso per l’impudica tetta fatta coprire dal maniaco sessuale del consiglio. Due o tre gag, devo ammetterlo, sono state davvero degne di ammirazione.
La prima raccontava di un' Europa molto risentita per il fatto che in Italia le ore di studio sono troppe, e quindi lo slogan: “Studiare meno, studiare meglio.”
La seconda è stata quella in cui, la ministra più intelligente degli ultimi 150 anni ha assicurato il favore delle famiglie italiane e degli insegnanti tutti, verso questa storica riforma.
La terza, l’immancabile battuta del buffone del consiglio, che interrompendo in modo brusco e cafone – così come è uso fare – la ministro intenta a presentare l’innovativo liceo musicale, che dovrà tutelare la tradizione dell’Italia, famosa nel mondo non solo per la pizza, la mafia e il baffo nero ma anche il mandolino, rassicurava che non si sarebbero studiate le canzoni del presente del consiglio e del suo parcheggiatore abusivo.
Per orecchie disattente, insomma, poteva sembrare tracciata la strada per il raggiungimento dell’eldorado per tutti i giovani studenti italiani, anche coloro che d’ora in poi a 15 anni, grazie alla fattiva collaborazione di Confindustria, potranno scegliere se andare a lavorare gratis sotto padrone, fino al compimento del diciottesimo anno di età; data in cui, ovviamente, per le logiche del mercato, saranno licenziati per essere sostituiti da altra manovalanza a costo zero.
La ministra ci ha tenuto parecchio a sottolineare che la riforma non era ideologica, ma addirittura memore delle indicazioni dei governi precedenti e non solo dalla nefasta epoca della moratti. È andata ancora più indietro fino ai governi di sinistra, ai quali facilmente si potranno imputare le colpe di questa ennesima devastazione. Certo non è una riforma ideologica, perché per esempio con la mia ideologia sarei portata a rifarmi a ben altri esempi, tipo: “Studiare, studiare, studiare e dopo ancora studiare.” E soprattutto, il fatto di tagliare le ore di lezione non doveva significare che il governo “vuol fare cassa”.
Non essendomi mai fatta fregare dalle telepromozioni, io ho capito un poco quello che accadrà: in Italia a partire da quest’anno scolastico, si avranno due tipi di scuole. Quella per chi può pagare e quella per i poveri. Il tessuto sociale, soprattutto dei piccoli centri, verrà ulteriormente disgregato, creando la ghettizzazione nelle scuole pubbliche per i meno abbienti e gli extracomunitari, destinati a diventare carne da macello per il futuro sfruttamento imprenditoriale. Il resto si dividerà tra scuole private e paritarie, e la strada è già stata tracciata nel quasi totale silenzio, quando a queste sono stati aumentati i contributi di stato, mentre i figli dei comuni mortali, sono costretti a portarsi da casa non solo la carta igienica, ma addirittura il materiale didattico.
Insomma, in parole semplici, l’ennesima riforma della scuola trova un unico motivo d’applicazione: i poveri devono soccombere e sparire
da Indymedia
Ho assistito a gran parte dello spettacolino di varietà della ministra per l’istruzione, accompagnata dal tizio inopportuno del consiglio.
Presentavano lo show “Il miracolo della riforma della scuola” dalla sala del Tiepolo, il quadro famoso per l’impudica tetta fatta coprire dal maniaco sessuale del consiglio. Due o tre gag, devo ammetterlo, sono state davvero degne di ammirazione.
La prima raccontava di un' Europa molto risentita per il fatto che in Italia le ore di studio sono troppe, e quindi lo slogan: “Studiare meno, studiare meglio.”
La seconda è stata quella in cui, la ministra più intelligente degli ultimi 150 anni ha assicurato il favore delle famiglie italiane e degli insegnanti tutti, verso questa storica riforma.
La terza, l’immancabile battuta del buffone del consiglio, che interrompendo in modo brusco e cafone – così come è uso fare – la ministro intenta a presentare l’innovativo liceo musicale, che dovrà tutelare la tradizione dell’Italia, famosa nel mondo non solo per la pizza, la mafia e il baffo nero ma anche il mandolino, rassicurava che non si sarebbero studiate le canzoni del presente del consiglio e del suo parcheggiatore abusivo.
Per orecchie disattente, insomma, poteva sembrare tracciata la strada per il raggiungimento dell’eldorado per tutti i giovani studenti italiani, anche coloro che d’ora in poi a 15 anni, grazie alla fattiva collaborazione di Confindustria, potranno scegliere se andare a lavorare gratis sotto padrone, fino al compimento del diciottesimo anno di età; data in cui, ovviamente, per le logiche del mercato, saranno licenziati per essere sostituiti da altra manovalanza a costo zero.
La ministra ci ha tenuto parecchio a sottolineare che la riforma non era ideologica, ma addirittura memore delle indicazioni dei governi precedenti e non solo dalla nefasta epoca della moratti. È andata ancora più indietro fino ai governi di sinistra, ai quali facilmente si potranno imputare le colpe di questa ennesima devastazione. Certo non è una riforma ideologica, perché per esempio con la mia ideologia sarei portata a rifarmi a ben altri esempi, tipo: “Studiare, studiare, studiare e dopo ancora studiare.” E soprattutto, il fatto di tagliare le ore di lezione non doveva significare che il governo “vuol fare cassa”.
Non essendomi mai fatta fregare dalle telepromozioni, io ho capito un poco quello che accadrà: in Italia a partire da quest’anno scolastico, si avranno due tipi di scuole. Quella per chi può pagare e quella per i poveri. Il tessuto sociale, soprattutto dei piccoli centri, verrà ulteriormente disgregato, creando la ghettizzazione nelle scuole pubbliche per i meno abbienti e gli extracomunitari, destinati a diventare carne da macello per il futuro sfruttamento imprenditoriale. Il resto si dividerà tra scuole private e paritarie, e la strada è già stata tracciata nel quasi totale silenzio, quando a queste sono stati aumentati i contributi di stato, mentre i figli dei comuni mortali, sono costretti a portarsi da casa non solo la carta igienica, ma addirittura il materiale didattico.
Insomma, in parole semplici, l’ennesima riforma della scuola trova un unico motivo d’applicazione: i poveri devono soccombere e sparire
da Indymedia
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