Ospite di Fazio per una trasmissione su «La bellezza e l'inferno», respinge ogni offerta di candidatura
NAPOLI — «Non è la prima volta che mi viene proposto, ma per fare lo scrittore devo essere super partes. Non posso legarmi a nessuno schieramento». Roberto Saviano ringrazia Claudio Fava, ma, nell’intervista a Linea notte, chiude definitivamente la porta all’eventualità di una sua candidatura alla Regione Campania. Caldeggiata da Sinistra e libertà con una lettera aperta a l’Unità, rilanciata da due deputati del Partito democratico, Guglielmo Vaccaro e Eugenio Mazzarella. Ieri si doveva tenere anche un incontro tra l’autore di Gomorra e il segretario regionale del Pd, Enzo Amendola. È saltato, ma i due si rivedranno la prossima settimana.
Anche se, par di capire, non vi fosse l’intenzione, da parte di Amendola, di chiedere a Saviano un impegno diretto in politica. E nella politica campana, soprattutto. Piuttosto, nella fase preelettorale, avere un punto di vista altro, da un osservatore che conosce a fondo il territorio e la piaga della camorra. Che incrocia altre storie, altri drammi, nelle due ore e mezzo di monologo, in parte tratto dal suo spettacolo teatrale, andate in onda nella puntata monotematica di «Chetempochefa». Dall’inferno alla bellezza, un percorso che può avvenire soltanto grazie alla parola. Ecco allora la vicenda delle ragazze uccise a Teheran, di Miriam Makeba e di Castelvolturno dove la cantante africana è morta e dell’eccidio dei nordafricani da parte di un commando di Casalesi, di Anna Politkovskaja, di Varlam Salamov e dello scrittore nigeriano Ken Saro-Wiva, impiccato a Lagos. E la storia della costruzione di Villaggio Coppola. Dove, dice Saviano, Vincenzo e Cristoforo Coppola hanno costruito 12 mila edifici abusivi distruggendo la pineta marittima. Sono le 22 circa. Si vede un frammento di un documentario del 2003, «L’esplosione » di Piperno», in cui ci sono le immagini di Villaggio Coppola agli albori. Quando si stava costruendo. In bianco e nero. Poi la lunga storia. A schermo intero. Saviano è al centro dello studio intorno le otto torri. Che esplodono. Il Ground zero di Castelvolturno. «Oggi al posto delle torri ci sono le macerie. La bonifica consisterà di costruire nel territorio una settantina di appartamenti. A chi va? Ai Coppola ». E lo scrittore racconta come, quel terreno, sia diventato «il paradiso», con il campo da golf, «tra i più belli del mondo». Poi c’è un’altra Castelvolturno, quella dell’eccidio dei nordafricani. E che ha accolto Myriam Makeba. Proprio per onorare quelle vittime e per portare solidarietà a lui, lo scrittore minacciato dalla camorra, dai Casalesi, Miriam Makeba aveva accettato di cantare a Castelvolturno. Finito il concerto, colta da malore morì anche per il ritardo dei soccorsi: «Ho scritto ai familiari — racconta Saviano — perché mi sentivo in colpa che Miriam fosse morta lontano dalla sua terra per la quale si era battuta per tutta la vita. I familiari mi hanno risposto con una lettera: Miriam è morta in Africa ». Quel luogo, Castelvolturno, è diventata la prima città africana d’Europa.
Simona Brandolini
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2009/12-novembre-2009/roberto-saviano-dico-no-partiti-non-posso-legarmi-nessuno--1601998798482.shtml
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