"Nardò è una bomboniera barocca della Puglia e del Sud, le sue bellezze e la costa sono sempre oggetto degli appettiti speculativi"
Vi proponiamo un'intervista al Governatore Vendola sul post-elezioni nella quale si parla anche della situazione Neretina.
di BEPI MARTELLOTTA
Gonfia i muscoli Nichi Vendola, un altro assist per il centrosinistra è venuto fuori dalle urne di Milano e Napoli: Sel è una realtà, ha le sue precentuali alle urne e i suoi candidati forti. E in Puglia i sondaggi pre-elettorali gli assegnano un buon 55,6% di gradimento, tra i piani alti dei governatori d’Italia. Il tempo della corsa forsennata alla premiership, contro le barricate dei dalemiani e casiniani, è finito: ora è tempo di andare all’incasso dell’alleanza, sarà il «vento buono» dell’anti - berlusconismo a trascinare tutti, da Nord a Sud, verso le primarie.
Presidente, a Milano sbanca il «suo» Pisapia; a Napoli, invece, l’outsider dell’Idv, De Magistris, sbaraglia il campo dai veti del Pd. Si vedrà ai ballottaggi, ma chi ha vinto e chi ha perso - per ora - dentro il centrosinistra?
Non ho un rendiconto polemico col Pd, la lezione di queste amministrative vale per tutti. Abbiamo due doveri: costruire la più larga unità e mettere in campo la più forte innovazione e il ricambio della classe dirigente. La vecchia politica, ostaggio delle nomenclature, fatta di autoreferenzialità e politicismo, è stata battuta sia nelle primarie che nelle urne. A Milano regnava lo sconfittismo di sinistra, l’opposizione al berlusconismo rampante era distesa sul lettino dello psicoanalista. Ci siamo alzati da quel lettino, migliaia di giovani milanesi hanno costituito un’onda di emozioni, razionalità, aspirazioni che ci ha portato a vincere. A Napoli, nonostante le divisioni, non abbiamo fatto vincere il dispiegamento di forze della destra: vince il candidato più forte in termini di discontinuità e la partita non solo è aperta, ma si concluderà con la vittoria.
Sì, però lei ha scelto l’alleanza col Pd su Morcone invece del sostegno, pure prevedibile, a De Magistris.
Volevo evitare divisioni, la scelta era difficile perché Morcone è una grande servitore dello Stato. Hanno deciso gli iscritti di Sel a Napoli: non sono un boss e neanche un Bossi che tutto decide e comanda. Sono un leader, ho fatto una campagna per sostenere lealmente Morcone, ma dicendo che la cosa più importante all’indomani del voto era riunificare un grande centrosinistra sul candidato con più consensi. Sarò al fianco di De Magistris per la chiusura della sua campagna.
Il fronte del centrosinistra, pur rinvigorito, non sembra ancora compatto. Se cade il governo siete davvero pronti?
Il popolo sta molto più avanti degli stati maggiori di questa coalizione e la domanda di cambiamento investe tutti i protagonisti di questa coalizione, Pd, Sel e Idv. Queste tre forze hanno il dovere di aprire un cantiere, di scrivere un’agenda sull’Italia che vogliamo. Le carte bisogna rimescolarle: non voglio più disputare su quello che dicevamo ieri, sulle biografie ideologiche: io sono di sinistra ma vivo in una storia nuova, in un tempo nuovo, e chiedo agli altri di costruire un’interlocuzione col popolo che ci chiede il cambiamento. C’è uno tsunami politico-culturale nel Paese, è cambiata l’Italia e sono cambiate le categorie della politica: moderati, antagoniiti, riformisti, estremisti.... Quel mondo è morto. Qualcuno si è accorto che il capo della cosiddetta coalizione moderata è Berlusconi e il suo candidato moderato a Milano è la Moratti?
Il Nord sembra cambiato: Berlusconi cala nella sua cittè e la Lega perde consensi nella sua patria. Che sta accadendo?
Per quanto riguarda la Lega, ruggire come leoni in periferia e belare come pecore in Parlamento ha prodotto effetti evidenti. È come se questo voto segnasse u n’ipoteca esistenziale sulla Lega, perché anche la base ha percepito che è entrato in corto circuito il modello «di lotta e di governo». La Lega è stritolata dalle proprie contraddizioni: l’essere stati cavalieri serventi di Berlusconi e «ribelli» sul Po, ha prodotto uno scandalo nella gente. Quanto a Berlusconi, siamo alla deflagrazione finale del centrodestra. I suoi ministri, a cominciare da Tremonti, si comportano sempre come turisti per caso pur governando da 15 anni. La lezione che trae il centrodestra da questa tornata elettorale, poi, è imbarazzante: abbiamo dato poco al Nord e di più al Sud, dicono. È un capovolgimento della realtà, è il segno della deflagrazione.
E Casini? Vi scambiate parole gentili, ma l’allargamento del centrosinistra ai centristi, dopo questa tornata elettorale, sembra più lontano. O no?
Il Terzo polo deve fare i conti con una grande disillusione: avevano coltivato ambizioni elettorali che sono state frustrate da un risultato assai modesto ed ora rischiano la residualità. Quello che non funziona, lo dico con affetto a Casini, è lo schema di gioco: prescindere completamente da un’interlocuzione sul merito delle questioni e mantenersi equidistanti dal centrodetsra e dal centrosinistra rischia di non voler dire nulla. L’Udc vive prigioniera del gioco dei quattro cantoni - «mai con te piuttosto con quello» - cercando soluzioni salvifiche. Ma l’idea che il Pd si congedi dal rapporto con Sel e Idv per andare con il Terzo Polo è sbagliata perché per i Democratici sarebbe un suicidio: il popolo del centrosinistra non può concepire che Bersani vada da un lato e Vendola e Di Pietro dall’altro. Piuttosto, mi dica Casini se i soggetti sociali che lui vuole difendere, le famiglie, sono state impoverite dal gay pride o dalle leggi di Tremonti. E il popolo delle partite iva da chi è stato preso a cazzotti, dagli antinuclearisti o dal governo che ha incitato alla rivolta fiscale e contemporaneamente ha aumentato la pressione fiscale?
Eppure con l’Udc ci sta provando ad avere un dialogo in Puglia: ora sono all’opposizione, ma ci resteranno ancora?
Il dialogo con l’Udc non può essere strumentale, non può avere come finalità quello di avere un supplemento di ossigeno quando andiamo in apnea in consiglio regionale. I numeri risicati della maggioranza sono frutto di una ingiustizia che ci ha colpito, perchè noi non disponiamo di quel premio di governabilità, ma la maggioranza dev'essere in grado così com'è di dimostrare la propria autosufficienza politica, culturale e anche numerica. Con l’Udc parlo da sempre, ho inteso prendere in seria considerazione le loro proposte, la loro sensibililità non è mai stata snobbata nè dall’attività di governo nè dalla vita consiliare. Io credo che il centrosinistra debba, nel merito delle cose, rendere sempre più fitta l’interlocuzione anche con i centristi, senza che si metta il carro davanti ai buoi. Non penso di dover forzare nè la mia maggioranza nè l’Udc, tantomeno ipotizzare rimpasti di giunta. Piuttosto, dobbiamo intensificare ancor di più il dialogo.
Il dato elettorale pugliese è ancora troppo parziale ma racconta di grandi frammentazioni a sinistra. È così?
Abbiamo pagato le divisioni in tante realtà: il centrosinistra perde dove ha il 60-70% dei voti, come a Trinitapoli, ma voglio ricordare che sono state smentite clamorosamente tante previsioni. Ho potuto impegnarmi solo per Barletta, ma abbiamo avuto risultati positivi ovunque. A fronte, pure, di errori di percorso, come a Triggiano, abbiamo vinto al primo turno e non va dimenticato che questo voto arriva all’indo - mani di una stagione aspra per noi, qual è quella del piano di rientro e delle chiusure degli ospedali. Il Pd è primo partito di Puglia e il gradimento verso il governatore aumenta: vuol dire che la gente, nonostante i problemi e gli inciampi che abbiamo avuto, percepisce la buona fede e l’impe - gno che stiamo mettendo.
A Nardò c’è una piccola Napoli: Sel che va con Udc e la Poli Bortone e il Pd che si divide, perdendo il suo candidato per il ballottaggio. Che accadrà? Intanto spero che tutti convergano sul nostro candidato: Nardò è una bomboniera barocca della Puglia e del Sud, le sue bellezze e la costa sono sempre oggetto degli appettiti speculativi e se vincesse il centrodestra Nardò sarebbe in pericolo. La sperimentazione di quest’alleanza è nelle dinamiche locali, l’impor tante è mettere in campo una buona politica.
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