“Sono convinto che nell’agenda rossa vi sia la chiave dei suoi ultimi giorni e nei suoi ultimi giorni vi sia la chiave di quella strage”.
Esordisce con quest’affermazione il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia nel corso della trasmissione “L’agenda rossa” andata in onda ieri sera su Rainews24.
Paolo Borsellino da quell’agenda non si separava mai – ha detto Ingroia - la teneva sempre sulla scrivania. Però "nell’ultimo periodo quando venne in possesso sicuramente di verità difficili e imbarazzanti, come risulta da varie testimonianze, cominciò ad utilizzarla per mettere le annotazioni più riservate".
Uno scenario quello che fa da cornice alla strage di Via D’Amelio e che secondo il magistrato “è frutto di precise indagini e risultanze processuali e che dimostra che Cosa Nostra alla vigilia della stagione stragista aveva pensato di mettere in campo un vero e proprio golpe. Queste stragi probabilmente si inquadravano in quel progetto che Cosa Nostra aveva elaborato”.
“Queste sono alcune risultanze delle indagini della procura di Palermo, di Caltanissetta e di Firenze - ha aggiunto Ingroia - che delineano come dietro quelle stragi non vi sia stata solo Cosa Nostra ma anche entità e poteri oscuri che elaborarono con Cosa Nostra un grande progetto criminale nell'ambito del quale maturarono le stragi”.
Alla domanda della giornalista Emanuela Bonchino che ha chiesto in che termini si parlava di golpe il magistrato palermitano ha spiegato: “In un quadro di difficoltà che Cosa Nostra improvvisamente attraversò per ragioni sia internazionali che di politiche locali venne messo in crisi anche il rapporto tradizionale che Cosa Nostra ebbe con la politica. Cosa Nostra aveva bisogno di dare un pugno forte sul tavolo per dimostrare di essere un potere capace di contrastare con un altro potere e le stragi a mio parere furono lo strumento perché Cosa Nostra tornasse protagonista della storia italiana e a incidere sul corso degli eventi”.
Sul progetto di golpe separatista Ingroia ha poi voluto precisare che “Cosa Nostra ad un certo punto coltivò un progetto di golpe separatista, che puntava ad accelerare un processo di spiccata autonomia della Sicilia dal resto dell’Italia. Furono fondati anche dei movimenti indipendentisti e furono accertate anche presenze mafiose. Ma quel che accadde è che questo progetto di golpe era una minaccia di golpe che aveva un secondo obbiettivo: la trattativa, cioè eliminare ogni ostacolo lungo la trattativa per potere poi ricontrattare nuovi rapporti di convivenza e di compenetrazione fra sistema criminale e pezzi deviati delle istituzioni”.
Quando dallo studio Emanuela Bonchino gli ha chiesto se c’era qualcuno che depistava sulla morte di Borsellino, Ingroia ha risposto che è di competenza della procura di Caltanissetta indagare sulla strage di Via D’Amelio e anche sui depistaggi, ma “non c’è dubbio però che negli ultimi mesi sono emerse risultanze nuove che stanno aprendo spiragli di luce promettenti. E che dimostrano che vi furono depistaggi, alte cortine fumogene che hanno fatto sì che la strage di via d’Amelio sia stata, fra tutte le stragi di quella stagione, quella sulla quale sappiamo meno e sulla quale abbiamo più forte la sensazione di interessi anche esterni a Cosa Nostra a non fare emergere tutta la verità”.
A chiusa della trasmissione la giornalista ha chiesto al procuratore Ingroia come è possibile che ci siano tutti questi dubbi sulla strage. Ingroia ha spiegato: “La verità è che la storia d’Italia e la storia della Sicilia in particolare non è solo una storia di sangue di tanti uomini servitori dello Stato, e non, che sono stati uccisi, ma è una storia di molte verità negate, di depistaggi che sono cresciuti ogni qualvolta che questi omicidi non sono stati solo omicidi di mafia ma omicidi che hanno coinvolto pezzi di potere extramafioso che con la mafia hanno colluso. Credo che da questo punto di vista la strage di Via D’Amelio costituisca un po’ un buco nero dove è sprofondata la prima Repubblica e sulla quale è sorta la seconda. Quella trattativa che ancora oggi costituisce oggetto di indagine forse ha avuto anche un ruolo sulla fine della prima e la nascita della seconda”. Solo “Quando si avrà piena verità e giustizia su questa stagione buia – ha concluso - la nostra democrazia potrà diventare davvero perfetta”.
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