venerdì 18 marzo 2011
SPINELLI NELLE CASE DI RIPOSO: MODERNE TERAPIE CONTRO DEMENZA E PARKINSON
di Domenico Ciardulli
Sembra fantasia ma è reale la notizia, proveniente da una casa di riposo di Kibbutz Naan (Israele), di anziani affetti da demenza e morbo di Parkinson curati con la marijuana a foglia grande (erez) . Canne terapeutiche che non solo sembrano fare miracoli per la salute dei nonnetti ricoverati ma costituiscono un risparmio enorme nel bilancio di spesa della casa di riposo rispetto ai tradizionali psicofarmaci. A Kibbutz Naan le case farmaceutiche, con i loro intrugli chimici, sono state messe all'angolo da dosi regolari di marijuana. Sembrano testimonianze religiose quelle di anziani che da anni non riuscivano più a farsi la barba da soli e che hanno ripreso a radersi gioiosamente, a muovere meglio le mani, le gambe e ad articolare bene le parole. Ma non si tratta di un bagno a Lourdes o di un pellegrinaggio al santuario di Compostela è solo l'effetto benefico su anziani malati di un ciclo di canne a base di marijuiana nella fumeria della casa di riposo.Una rivoluzione di tal genere nel nostro paese avrebbe effetti enormi sulla spesa sanitaria se pensiamo al volume di affari che si produce attraverso l'uso corrente, spesso troppo disinvolto di sedativi, antipsicotici, antidepressivi, neurolettici, antidolorifici, antitutto.... Non sono rari gli eccessi e gli effetti iatrogeni nelle case di cura, nelle residenze sanitarie assistite e nelle case di riposo. Sanitarizzazione di un anziano con demenza può significare l'immissione senza ritorno in un piano terapeutico, autorizzato dal presidio sanitario pubblico, che stabilizza e controlla le anomalie neurologiche e comportamentali attraverso "bombe chimiche".
Tutte medicine che a volte rappresentano la "giusta soluzione" (di comodo ndr) per chi assiste pazienti con demenza istituzionalizzati, ma non sempre rappresentano la giusta soluzione per il paziente in quanto persona. Non sono rari i tristi casi di cronaca di strutture sanitarie carenti, riguardo le classiche terapie riabilitative fisioterapiche e occupazionali, che invece brillano nel fare uso smodato di psicofarmaci per il controllo e la gestione dei ricoverati. Non solo si rischia di annichilire vitalità e creatività ma si rischia anche di danneggiare seriamente il fegato, sangue e sistema nervoso di persone con patologie preesistenti. Con queste riflessioni non si vuole di certo innalzare a modello esemplare la casa di riposo israeliana ma si può rilevare che l'esperienza innovativa di Kibbutz dovrebbe quantomeno schiodare dalla staticità le politiche sanitarie del nostro paese forse condizionate dalle multinazionali del farmaco.
Domenico Ciardulli da Reset-Italia
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