lunedì 5 aprile 2010
Se la comicità inciampa nel sessismo
di Paolo Bonazzi, Ida Dominijanni
Care compagne/i, rivolgo questa lettera in particolare alle donne del manifesto per avere un conforto.Durante la diretta di Raiperunanotte io e la mia compagna ci siamo sbellicati dalle risate per il monologo di Daniele Luttazzi, che personalmente ritengo il più grande comico satirico in Italia. Scopro poi che tale monologo ha sollevato parecchie ire e critiche da parte di molte donne per il noto riferimento alla pratica di sesso anale quale analogia con l'Italia di ieri e di oggi: 1. Berlusconi forza l'opinione pubblica usando tutta la sua potenza mediatica; 2. Berlusconi penetra il consenso trovando una mediocre e condiscendente opposizione; 3. il popolo penetrato gode. La pratica di sesso anale, insomma, è puro sessismo e parlarne, anche come metafora comica, è da machisti. Non mi sto a concentrare sul fatto che sia anche un atto omosessuale maschile, e che d'altronde gli esempi riportati da Luttazzi all'acme del monologo riguardavano solo uomini (Saccà), i più servili e sottomessi in questa metafora.
Io l'ho trovata esilarante, ben conoscendo il linguaggio forte ed i ritmi incalzanti dell'attore che ha cercato sempre di farci ridere sui nostri disagi e tabù sessuali. Ritengo che la sottomissione della donna nella società moderna ed in questo nostro paese non vada cercata nelle camere da letto, dove agiscono altre dinamiche e desideri. Credo sia sessista la comicità di certi innocui monologhi di Zelig, in cui la donna è dipinta come una scassapalle che pensa solo a far shopping e a torturare il marito rientrato da una faticosa - solo per lui - giornata lavorativa. E che dire dei balletti chemettono in scena un lesbismo che è ovviamente quello che abita i nostri desideri onanistici maschili? E le pubblicità e i video musicali? Gli esempi sono infiniti. Fate caso a quante volte non viene rappresentato il sesso, ma una pura violenza. Uno stupro che la donna agogna dal suo padrone. Luttazzi non ha parlato di questo.
Personalmente porto avanti, insieme alla mia compagna, un rapporto basato sulla totale uguaglianza, frutto non già di concessioni, ma di reciproche responsabilità, riconosciute e condivise, rivendicate, quando serve. Mi piace che questo aspetto della mia vita sia coerente con lemie idee politiche di uguaglianza e libertà, e mi piace che questa dinamica mi dia piacere. Non sono un forzato dell'uguaglianza. Ora, ho profondo rispetto per chiunque si sia sentita offesa e mi sto ponendo delle domande. Vorrei però chiedere a chi c'era, Norma Rangeri, o anche a chi ha sempre parlato di questi argomenti, Ida Dominijanni, o a voi del manifesto se di tali risate mi devo vergognare. Tengo in enorme conto le vostre opinioni e saprò farne tesoro. Ma mi chiedo: davvero la sottomissione, l'ineguaglianza di genere ed il sessismo derivano dalle pratiche sessuali - anche estreme - e queste pratiche ne sono una perversa estensione in camera da letto? Non sono invece indice di un potere e di uno sfruttamento che ha mercificato l'oggetto del desiderio come conseguenza del suo essere socialmente inferiore?
Davvero è colpa del sesso e del piacere che può derivare da pratiche di sottomissione che sono tante, intersessiste e di infinita fantasia?
Paolo Bonazzi, Bologna
Risponde Ida Dominijanni
Caro Paolo,
il confine fra pratiche sessuali, immaginario sessuale e ruoli sessuali è molto poroso: è vero che bisogna sforzarsi di tenerli distinti, ma è falso che possiamo separarli con un taglio netto. Sono del tutto d'accordo con te che le pratiche sessuali vanno tenute distinte dal sessismo sociale, e che se il secondo va combattuto alle prime va lasciata la massima libertà; ma è pur vero, d'altra parte, che da un anno combattiamo contro un certo uso sessista, o certe ricadute sociali sessiste, di un certo immaginario sessuale, berlusconiano ed evidentemente non solo berlusconiano. A questo si aggiunge, nel caso che tu poni, il modo in cui tutto questo viene messo in scena, e la necessità di garantire da una parte la libertà d'espressione di un artista, dall'altra la libertà di critica del pubblico (due libertà ugualmente sacrosante).
Personalmente non ho niente contro l'idea di mettere in scena il rapporto sociale sadomasochista con un monologo sul sesso anale; mi domando però come mai in quel monologo il sesso anale venisse rappresentato naturalmente come atto sessuale di un uomo violento sul corpo di una donna sottomessa.
Come tu stesso dici, c'erano altre rappresentazioni possibili, e non credo che questa sia stata scelta a caso. Ma se la rappresentazione del rapporto sociale sadomasochista prende naturalmente la forma di un rapporto violento di un uomo su una donna, io non mi diverto affatto e ci trovo, sì, la doppia traccia della normatività eterosessuale e del sessismo.
Ma si tratta, ovviamente, di valutazioni personali.
da Il Manifesto
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secondo me la descrizione minuziosa del grande luttazzi e la scelta di quei soggetti aveva solo la pretesa di rendere piu' efficace possibile la dinamica del subire consapevolmente quasi masochisticamente e quella era la descrizione che rendeva meglio e la piu' veritiera dato che molte donne lo fanno piu' per accontentare il partner che per se stesse....quindi si capisce la metafora del subire e sottostare.riguardo poi alle donne rimaste male vorrei dire che in molte parole e azioni nella ns cultura le vere maschiliste sono loro...e lo si capisce anche da queste critiche a luttazzi.
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