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mercoledì 18 novembre 2009

Nel Cie di Ponte Galeria tra diritti negati e lo spettro dell'influenza A


di Anna Pizzo
Il tam tam si era diffuso nel pomeriggio di domenica: un recluso nel Cie di Ponte Galeria sarebbe morto in seguito a un infarto e un altro sarebbe in gravi condizioni a causa dell’influenza A. Entrare nel Cie non è semplice: possono farlo solo i parlamentari nazionali e quelli regionali e comunque sempre previa autorizzazione da parte del Prefetto. Nel mio caso, in quanto consigliera regionale debbo anche avere la richiesta controfirmata dal Presidente del Consiglio. Fortunatamente avevo già l’appuntamento, preso la scorsa settimana dopo aver letto le dichiarazioni del garante dei detenuti sulle difficili condizioni in cui versavano i reclusi a causa del mal o non funzionamento del riscaldamento.
Arrivo alle dieci del mattino e non trovo il nuovo direttore, che si è semi insediato da poche settimane. C’è il vice, che invece è al Cie dal 1998 ed è a lui che rivolgo tutte le domande che nei giorni seguenti si sono accumulate. È vero che è morta una persona di infarto e un’altra è grave perché contagiata dal virus HiN1? Mi risponde che una persona con ischemia cerebrale è stata portata giovedì scorso al San Camillo ed è ancora lì in osservazione; le sue condizioni non sarebbero gravi. Che una seconda persona è stata portata domenica all’ospedale Grassi per sospetta influenza A ma che il Grassi lo avrebbe inviato allo Spallanzani per far svolgere gli accertamenti. Che l’esito del tampone non è ancora pervenuto e che, comunque, il malato era poco malato dal momento che si è allontanato dall’ospedale e ha fatto perdere le proprie tracce.
È vero, chiedo ancora, che i reclusi sono senza riscaldamento e con poche coperte? Risponde che è vero, che loro hanno fatto presente la cosa alla Prefettura che a sua volta ha fatto presente la cosa al demanio il quale non ha aocnroa provveduto a un sopralluogo per valutare l’entità dei lavori e i costi. È altresì vero che ciascuno ha una coperta ma non ce ne sono abbastanza per darne due a tutti. Ed è anche vero che oltre al riscaldamento non funzionante, non funzionano neppure i bagni così alcuni reparti, soprattutto al femminile, sono stati chiusi.
È vero, chiediamo infine, che ultimamente il Cie si è di nuovo riempito delle retate fatte nei campi rom? Risponde che lui non è tenuto a sapere da dove vengono i reclusi ma che comunque è vero, dei circa 250 reclusi, molti sono i rom.
Andiamo a parlare con alcuni di loro, nati in Italia e che ovviamente non dovrebbero stare in un Cie [Centro identificazione ed espulsione] perché non possono essere espulsi in nessun paese. E con altri, affetti da patologie per le quali dovrebbero stare in ospedale e non in un luogo così disagiato. E con altri ancora che hanno fatto domanda di asilo politico e dunque dovrebbero stare in un Cara [Centro asilo rifugiati] e non in un Cie. Ognuno di loro ha una storia, una famiglia, dei figli. Molti sono stati presi nell’ultimo “censimento” [chiamano così le schedature di massa che si susseguono nei campi] al campo di via di Salone. Questa volta è toccato a loro, la volta precedente il Cie era pieno di quelli di Casilino 900. La volta prossima a chi toccherà?
Chiediamo al vice direttore se è vero che la Croce rossa dovrà lasciare il Cie perché l’appalto sarebbe stato vinto da altri forse il Consorzio Connecting People o forse l’Arciconfranternita della Misericordia? Il vice direttore non conferma né smentisce, si limita a dire che la loro gestione è stata prorogata fino a fine dicembre. Poi si vedrà. Aggiunge, ma solo perché si sappia, che il ministro preferirebbe la Croce rossa…
Ho mandato una lettera con un elenco di piccole e macroscopiche incongruità che ho riscontrato nella mia visita di oggi al Cie al Prefetto. L’ho già fatto molte volte in passato e l’esito è stato sempre lo stesso: nessuno mi ha mai risposto. Dirò le stesse cose mercoledì alle 18 al centro sociale ex Snia nel corso dell’assemblea cittadina alla quale ho deciso di prendere parte.

da Carta

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