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domenica 11 ottobre 2009

LECCE - La Provincia tuteli la salute di tutti i cittadini, anziché gli interessi speculativi e nocivi di pochi!


di Antonio Romano

Lecce (salento) - Lunedì si svolgerà l’ennesimo tavolo tecnico in Provincia con ARPA e ASL, sul caso Copersalento. Le Istituzioni tornino ad essere Istituzioni con la “I” maiuscola! Tornino a tutelare i diritti e la salute della gente, loro compito fondante, e non gli interessi speculativi di pochi “amici”, specie poi, come in questo spiacevole caso, addirittura a danno della vita di migliaia di persone, adulti, anziani e bambini!

(di Coordinamento civico per la tutela della salute e del territorio) - La Provincia di Lecce si preoccupi della bonifica del territorio contaminato dalla diossina, anziché filosofeggiare sofisticamente sui dati dei limiti di emissione di Copersalento, al fine di trovare “fatue” giustificazioni per riaprire quel nocivo impianto! L’ARPA e l’ASL sono state chiare oltre modo: “una riapertura di quell’inceneritore, anche solo sperimentale, comporterebbe livelli di emissione di diossine superiori ai limiti fissati per legge!” Acconsentirne la riapertura, da parte della Provincia, alla luce di tutti gli elementi emersi ad ogni livello, costituirebbe la più nefanda, illegittima e volgare decisione politica imposta, per interessi speculativi, agli abitanti di questa nostra Penisola Salentina!
Lunedì si svolgerà l’ennesimo tavolo tecnico in Provincia con ARPA e ASL, sul caso Copersalento. Migliaia sono ormai le firme raccolte nella petizione per chiedere alla Provincia di non consentire mai più, nell’inquinato dalla diossina, feudo di Maglie e nel suo circondario, alcuna attività di combustione industriale di rifiuti e biomasse, anche perché il territorio ha bisogno per una sua naturale bonifica dalla diossina di circa una decina di anni in cui non avere più alcun altra fonte industriale di diossina, quale è proprio l’attività di termovalorizzazione di rifiuti e biomasse; dieci anni è infatti il tempo di dimezzamento della diossina bioaccumulata nei tessuti, come sancito dagli autorevolissimi studi scientifici della IARC (International Agency For Research On Cancer), l’Agenzia Internazione per la Ricerca sul Cancro. Ciò nonostante, il vertice in Provincia non ha come scopo definire la messa in sicurezza dell’area, e porre le basi per la sua doverosa bonifica, che implica il diniego a qualsiasi attività di combustione industriale in loco, come ogni buon cittadino si aspetterebbe, ma ha invece lo scopo, come tutti gli elementi lasciano vergognosamente configurare, di consentire la riapertura dell’impianto! Riapertura “sperimentale” si dice, un termine escamotage, per far uscire l’azienda, tra le più privilegiate d’Italia, dal pantano di difficoltà giudiziarie e d’immagine in cui è rimasta intrappolata, una volta palesata scientificamente la contaminazione da diossine della catena alimentare e dei terreni e dell’aria, tutt’attorno ad essa, e la sua sovrapproduzione oltre i limiti di legge delle stesse sostanze riscontrate nei suoi fumi d’emissione dall’ARPA.

La Provincia deve impegnarsi per trovare un nuovo lavoro ai lavoratori di Copersalento, finalmente sicuro, dignitoso e socialmente utile, non fonte di nocivi cancerogeni fumi per tutta la popolazione di decine di migliaia di individui, vessata da un incremento di malattie tumorali, alcune persino sconosciute nei decenni passati, come ha ribadito più volte l’oncologo Giuseppe Serravezza, presidente della Lilt (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) di Lecce, ass.one aderente al Coordinamento. I tecnici di ARPA e ASL, nell’ultimo consiglio comunale aperto del 16 sett. a Maglie, hanno ribadito davanti alle centinaia di persone convenute, che l’emergenza sanitaria non si può considerare rientrata, e le ulteriori decine di capi di bestiame fatti uccidere dalla stessa Asl negli ultimi giorni per le alte dosi di diossina nei loro tessuti riscontrate, lo ribadiscono al di là di ogni sofistico immorale tentativo di ribaltare la realtà. Convocare continuamente tavoli tecnici da parte delle istituzioni di ogni livello, quasi quotidiani, al di là di ogni giustificabile sollecitudine, nei quali continuamente si chiede agli organi tecnici preposti, in una sorta di velato terzo grado, se sussista ancora la palese emergenza, vuol dire esercitare una pressione sui tecnici, che ci pare voglia a tutti i costi portarli a negare l’evidenza dei fatti.

da IlPaeseNuovo


Il bene comune sotto la polvere

di Maria Luisa Mastrogiovanni

Fino ad oggi a Maglie la Copersalento ha bruciato la spazzatura della Campania, che arrivava da imprese imputate per traffico illecito di rifiuti pericolosi. Dal 1990 le analisi parlano di aria, acqua, terreno contaminati. Erano contaminati dal 2004 anche latte, formaggio e carne di mucche e pecore oggi abbattute

Esiste da 20 anni una centrale termoelettrica nel Salento, una piccola Cerano capace di buttare nell'aria, in un solo giorno, tanta diossina quanta ne butta l'Ilva di Taranto in quattro mesi.
Questa centrale termoelettrica nell'opinione pubblica è stata da sempre percepita come un sansificio. Un impianto al massimo un po' pernicioso per le puzze e i fumi, ma alla fin fine niente di che.
Ed in effetti la Copersalento lo è stato, un sansificio, per più di 30 anni.
Ma negli ultimi 20 il business vero è stato bruciare rifiuti: la sansa esausta prima, il cdr (combustibile da rifiuto) poi. Negli ultimi 10 anni infine, il business vero è stato percepire incentivi statali perché bruciava rifiuti: incentivi statali che lo Stato prende dalle nostre bollette dell'Enel e gira alla Copersalento (gli incentivi si chiamano Cip6).
Il Salento in questi anni, ha ricevuto, come unico beneficio, una trentina di posti di lavoro. In sintesi: un impatto ambientale devastante e ancora mai completamente quantificato in cambio di 30 sudati stipendi e tre morti sul lavoro.
In più un aggravio di tasse, soldi che tolgono dalle tasche dei cittadini per dare all'azienda.
Tutto avviene secondo legge dello Stato, come in altri impianti simili nel resto d'Italia che bruciano sansa esausta e cdr.
Quello che avviene contro la legge, cioè modifiche non autorizzate o anomale dell'impianto, emissioni di fumi e polveri inquinanti al di sopra del tetto consentito, dovrebbe comportare la revoca dell'autorizzazione a bruciare e produrre energia e, come conseguenza, la perdita dei finanziamenti.
La sansa esausta e il cdr, per l'Europa e anche per la Scienza sono proprio rifiuti, monnezza, non "fonti rinnovabili" come invece dice l'Italia. E per questa anomalia introdotta dalla legge, l'Italia è stata anche sanzionata dall'Europa.
Abbiamo scoperto inoltre che la Copersalento dal 2003 brucia rifiuti provenienti anche dalla Campania, oltre che dal resto d'Italia.
Due delle ditte campane che l'hanno rifornita di cdr per anni, sono state imputate nel processo che ha interessato l'inceneritore di Colleferro, insieme ad una trentina di altre ditte. Che cosa facevano? Succedeva che "taroccassero" il cdr che vendevano a inceneritori compiacenti: in mezzo alla comune monnezza c'erano rifiuti tossici. Falsificavano la "carta d'identità del rifiuto" (codice CER) e i materiali pericolosi venivano accettati dall'inceneritore come banale cdr.
Non solo: una decina di altre ditte che hanno rifornito di cdr la Copersalento dal 2003, sono state imputate a vario titolo per traffico di rifiuti pericolosi o smaltimento non autorizzato di rifiuti.
In quei casi tutto avveniva con il placet dei gestori degli inceneritori.
Non diciamo che questo è avvenuto anche con la Copersalento, diciamo che, siccome sono state imputate in vari procedimenti negli anni, in maniera reiterata, non sia mai che abbiano portato qui quel cdr.
A controllare che le ditte fornitrici avessero tutte le autorizzazioni a posto c'era un consulente, Antonio Fitto, il sindaco di Maglie.
Ricostruire la storia soprattutto attraverso le fonti documentali, di come un sansificio, cioè un impianto che estrae oli per usi industriali dalla sansa, sia diventato un inceneritore, cioè un impianto che la sansa dopo aver estratto l'olio può anche bruciarla, infine sia diventato una centrale termoelettrica, cioè un impianto che brucia la sansa esausta per produrre energia, e per concludere, diventa una centrale termoelettrica che brucia sansa e cdr vendendo l'energia prodotta all'Enel, è stata un'impresa difficile che ha compiuto la collega Martella.
La stessa Procura nel 1988 lamenta il fatto che molta documentazione sia mancante presso gli uffici che invece dovrebbero averla.
In tutto questo evolversi degl'impianti e del sommare autorizzazioni su autorizzazioni per diventare sempre più potente e redditizio, l'impianto ha prodotto inquinamento nell'aria, nell'acqua, nel terreno.
Ci sono centinaia di carteggi che abbiamo passato al setaccio tra tutti gli enti deputati al controllo: Asl, Provincia, Comune, Arpa che parlano di sforamenti di tutti i tipi già dal 1993.
Nel frattempo in Procura si aprivano fascicoli su fascicoli, perché gli sforamenti, almeno quelli degli ultimi 15 anni, sono stati segnalati all'autorità giudiziaria e in almeno un caso (non ce ne risultano altri) è stata emessa sentenza definitiva di condanna.
Ecco dunque la storia dell'unica grande centrale termoelettrica salentina, una storia che intreccia, come sempre accade, interessi economici e politici che si nutrono, in un "sistema" ben oleato, della vita delle persone, nascondendo il "bene comune" sotto uno strato spesso di polvere grassa e nera.

da IlTaccoD'Italia

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