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domenica 30 agosto 2009

Dario Franceschini a Gallipoli motiva la riconferma di Vendola: “Perché governa bene”

C’è una bella differenza tra la difesa d’ufficio del senatore Nicola Latorre, per la ricandidatura alla presidenza della Regione Puglia di Nichi Vendola (“E’ un fatto naturale che il dibattito riparta dall’uscente”), e la valutazione più specifica e tutta politica di Dario Franceschini, che a Gallipoli motiva la riconferma di Vendola: “Perché governa bene” (notare l’uso attento del presente indicativo). Spostare l’ago della discussione sulle considerazioni di merito, relative ai fatti amministrativi dei cinque anni di governo regionale, anziché sulle ipotesi di schieramenti, strategie e tattiche di corto respiro elettorale, non può che far bene a quel cosiddetto “laboratorio Puglia”, che si vorrebbe modello innovativo per i futuri progetti sugli assetti politici nazionali e sponda cruciale per l’auspicato riscatto dell’intero Mezzogiorno.

Un merito certo da attribuire al duo Emiliano-Vendola è la loro capacità di mantenere la vicenda pugliese al centro dell’agenda politica generale. Continuando a gestire il pallino, dovrebbero riuscire ad evitare che le sorti di questa regione possano essere condizionate da giocate politiche fatte altrove. Che per una volta, almeno, la Puglia non diventi merce di scambio, per la salvaguardia di equilibri politici più lontani. Questa volta il punto fermo non potrà che essere quel laboratorio. Provassero altri, ogni tanto, ad essere funzionali a ragioni superiori di alleanza.

Ma il laboratorio non è tale solo se destinato alle alchimie catalizzatrici della difficile emulsione con l’Udc, almeno così fa intendere il segretario del partito più grande del centrosinistra. Dopotutto, proprio in Puglia, oltre all’esperimento Brindisi, è ancora fresca la controversa vicenda barese di Russo Frattasi (buono per attirare voti, ma non per far parte della giunta, a favore del segretario provinciale del partito). Il laboratorio pugliese ha prodotto anche altro, per cui sono in molti a sollecitare la battuta di ogni strada, per la riaffermazione prioritaria del presidente in carica. E non innanzitutto della cosiddetta “intesa”.

E’ chiaro che le vicende congressuali del PD, prima, e le primarie, poi, determineranno la piega del percorso elettorale immediatamente successivo. Ma, in un inevitabile gioco di specchi, le stesse elezioni regionali condizioneranno inevitabilmente i lavori di un congresso già abbastanza delicato e destinato ad essere decisivo sul futuro del Partito Democratico.

La sua evoluzione e la stessa partita delle alleanze dipenderà anche dalla consapevolezza di dover passare tutti alla pratica di un tempo indicativo meno precario. Dalla tendenza spontanea nell’uso nostalgico del passato prossimo o da quello decisamente più ambizioso del futuro. Dato che, per il momento, è inutile sperare nella temerarietà declinata in altro modo: quello di un più coraggioso e corretto uso del congiuntivo.

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